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Le stragi dello Stato-mafia PDF Stampa E-mail
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Scritto da Francesca Panfili   
Domenica 09 Aprile 2017 11:58
di Francesca Panfili - 8 aprile 2017

Una sala gremita ha partecipato alla conferenza che si è svolta ieri a Gubbio dal titolo "Le stragi dello Stato mafia" ed ha accolto calorosamente Salvatore Borsellino e gli ospiti della serata, il direttore della rivista Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni e il caporedattore Aaron Pettinari, moderatore dell'incontro. La conferenza è stata organizzata dal Movimento Agende Rosse di Gubbio con la collaborazione dell'Istituto Cassata Gattapone.
Sul tavolo dei relatori era presente uno striscione dedicato al pm Nino Di Matteo, bersaglio di numerose minacce di morte da parte dei vertici della cupola mafiosa mentre sullo sfondo della splendida cornice antica della Biblioteca, i quadri del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo coloravano la sala.
La trattativa Stato-mafia e la ricerca dei mandanti occulti che hanno orchestrato e commissionato le stragi del ’92, sono stati i temi fondanti della serata.
Dopo venticinque anni dalle stragi di Capaci e Via D’Amelio, ha ancora senso parlare di mafia e ricercare la verità sulla morte di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Una verità ancora negata rispetto ai pezzi dello Stato che hanno trattato con la mafia e commissionato l’uccisione dei due giudici. Non si tratta di storie vecchie, come certa informazione asservita al potere vuole farci credere, ma di vicende fondamentali per capire la storia presente e futura del nostro paese.
Da quel lontano 1992 si sono susseguiti numerosi processi che hanno portato a condanna molti boss della cupola di Cosa Nostra e sono emersi testimoni chiave di quegli anni, divenuti nel tempo collaboratori di giustizia. Oggi, alla vigilia della conclusione del processo Borsellino quater, che probabilmente si concluderà il prossimo 19 aprile, la verità sulle stragi e sui loro depistaggi di Stato, ancora non è emersa. Una verità incompleta e mancata, come è accaduto per altre stragi eccellenti che hanno macchiato di sangue la storia del nostro paese, da Portella della Ginestra alla strage di Bologna.
In questi anni, come più volte è accaduto, sono stati gli stessi familiari vittime di mafia, come Salvatore Borsellino, a chiedere a gran voce la verità su quel patto scellerato posto in essere dallo Stato con la mafia. E per questa richiesta di giustizia hanno subito numerosi attacchi da parte di esponenti politici legati a quei tristi fatti di storia e da parte di una certa stampa asservita agli stessi poteri che hanno ordito e commissionato l’assassinio dei loro familiari. Stampa che più che informare, non perde mai tempo a diffamare, calunniare e infangare chi ha fatto della lotta alla mafia un caposaldo della propria esistenza e della riscossa civile del nostro paese.
Se prima parlare di trattativa Stato-mafia era una semplice supposizione degli addetti ai lavori, oggi “la trattativa è oggetto di un processo ed è stato provato che pezzi dello Stato Italiano avviarono una trattativa con Cosa Nostra per creare stragi e terrore” ha dichiarato il direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni. Ed è forte l’attenzione che la società civile deve mantenere nei confronti di magistrati come Nino Di Matteo, Pm che da anni indaga sulla trattativa, minacciato di morte dalla cupola di Cosa Nostra, per il quale sono pronti a Palermo 200 kg di tritolo. “Un attentato tutt’ora in corso” afferma Bongiovanni contro uno dei pochi magistrati che in Italia ha compreso che “la mafia non è un’organizzazione criminale separata dalle altre ma soprattutto Cosa Nostra e la 'Ndrangheta sono un’unica organizzazione criminale al servizio di un unico sistema criminale” ha continuato il direttore di Antimafia Duemila. Chi in Italia arriva a scoprire i poteri occulti che depistano, collaborano, trattano ed operano con la mafia, subisce gli ostacoli, la delegittimazione, l’isolamento e la morte civile o fisica come accaduto a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino.
 “Paolo è stato ucciso prima che rivelasse all’opinione pubblica la trattativa che aveva scoperto” ha dichiarato suo fratello Salvatore. “Lui aveva una fede infinita nello Stato... Penso a quanta tristezza abbia invaso l’anima di Paolo quando si è reso conto che la mano che lo avrebbe ucciso sarebbe venuta da quello stesso Stato al quale aveva prestato giuramento” ha continuato Borsellino, dichiarando che non sarà presente in aula per la sentenza del Borsellino quater. Riferendosi alla distruzione delle intercettazioni che riguardavano l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il cui oggetto era il processo sulla trattativa, Salvatore si è detto indignato per la protezione assicurata ai vertici delle istituzioni e ai colletti bianchi implicati nella strage di Via D’Amelio. “Paolo è stato ucciso con un piano di emergenza a soli cinquantasette giorni dalla morte di Falcone perché altrimenti avrebbe rivelato la trattativa e avrebbe testimoniato al processo sulla strage di Capaci” ha affermato il fratello del giudice. Nonostante questo, il sogno di Paolo Borsellino e la riscossa civile da lui sperata, continua ancora oggi attraverso le iniziative dei cittadini che hanno deciso di resistere al sistema mafioso che attanaglia i vertici del nostro Stato, chiedendo verità sulle stragi e difendendo i magistrati onesti che indagano e scardinano con le loro inchieste chi copre, difende e ordina alla mafia.



Francesca Panfili (AMDuemila)










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