Verso la fine del ‘99, dopo la sentenza di assoluzione nel processo per mafia, Andreotti, inveì in diretta Tv a “Porta a Porta”, nel salotto di
Bruno Vespa, definendo Almerighi
“un pazzo”, un
“falso testimone” che
“ha detto infamie” e che lo avrebbe denunciato perché
“passi che un mafioso pentito dica il falso ... ma che lo faccia un magistrato non è tollerabile”. Ma a cosa si riferiva Andreotti? I fatti contestati risalivano al giugno del ‘97 quando Almerighi, all’epoca presidente della nona sezione penale di Roma, aveva deposto durante il processo per mafia contro Andreotti. In quella occasione il magistrato aveva confermato una confidenza, di dieci anni prima, fra lui e l’ex giudice istruttore di Caltanissetta
Claudio Lo Curto sull’esistenza di presunti rapporti privilegiati tra il senatore a vita e
Corrado Carnevale.
Rapporti di cui avrebbe parlato ad Almerighi anche l’ex capo di gabinetto del ministro della giustizia Virginio Rognoni, Piero Casadei Monti.
A seguito di quegli attacchi indecenti a “Porta a Porta” Almerighi aveva querelato Andreotti. Che immediatamente era passato al contrattacco: l’ex Premier aveva chiesto e ottenuto l’immunità parlamentare, sostenendo di aver fatto quelle dichiarazioni nell’esercizio delle sue funzioni di senatore. Il gup di Perugia aveva proposto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sostenendo che le dichiarazioni del senatore Andreotti erano riferibili a fatti personali e che non avevano alcun collegamento con la funzione parlamentare. Il 4 maggio 2005 la Corte Costituzionale aveva risolto il conflitto annullando la delibera del Senato di insindacabilità delle opinioni espresse da Andreotti sul conto di Almerighi. L’11 maggio del 2006 il gup di Perugia
Claudia Matteini aveva quindi rinviato a giudizio l’ex senatore a vita per diffamazione nei confronti dello stesso Almerighi. Dopo un anno era arrivata la prima sentenza di condanna: pagamento di una multa di duemila euro (pena che era stata interamente condonata a causa dell’indulto), il pm
Sergio Sottani aveva addirittura richiesto sei anni di reclusione. La condanna era stata successivamente confermata in appello e in Cassazione. Andreotti era stato quindi costretto a risarcire Almerighi con 20mila euro.
A distanza di tanti anni quel
“potere che ha ripreso il controllo” di cui parlava il giudice
Ciaccio Montalto in quella sua lettera, appare quanto mai presente e operativo nel nostro Paese. Ecco perché la perdita di magistrati integerrimi come
Mario Almerighi lascia un senso di vuoto. Che può essere colmato solamente da quei magistrati incorruttibili che a tutt’oggi vengono osteggiati dal potere e trattati come “corpi estranei”
da un sistema criminale integrato. Che lo stesso Almerighi aveva in parte individuato.
Addio dottor Almerighi, e grazie da parte di tutta
Antimafia Duemila per quello che ha fatto per il nostro Paese!
Lorenzo Baldo (AMDuemila)
Foto di copertina: il magistrato Mario Almerighi
© ACFB
Foto a destra: Palermo 2002. Il direttore Giorgio Bongiovanni e Mario Almerighi durante la conferenza "Il Potere e la Mafia"
© ACFB
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