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Processo Caccia, ispettore: 'Ecco come è stato incastrato il killer' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Francesca Mondin   
Domenica 06 Novembre 2016 12:31
di Francesca Mondin - 3 novembre 2016

Virus informatico per ascoltare le conversazioni del boss e lettere anonime false usate come esche, così gli inquirenti incastrarono Rocco Schirripa, unico imputato al nuovo processo per l'omicidio del procuratore capo di Torino Bruno Caccia, ucciso ben 33 anni fa da killer legati alla ’ndrangheta. A raccontarlo è stato l’ispettore Massimo Cristiano, tra i primi teste dell'accusa che ieri a processo ha ricostruito la parte “tecnica” delle indagini.

Schirripa, arrestato lo scorso 22 dicembre nella sua abitazione nel quartiere Parella dove faceva il panettiere, è accusato di essere l'esecutore materiale dell'omicidio avvenuto la sera del 26 giugno del 1983. Per ben 32 anni l'uomo ha potuto girare liberamente indisturbato senza che il suo nome finisse tra i possibili esecutori dell'omicidio. Finché, dopo la richiesta di apertura delle indagini da parte della famiglia Caccia, grazie ad alcuni escamotage investigativi gli uomini della squadra mobile torinese hanno raccolto alcune prove contro di lui.
Per sollecitare gli affiliati alla cosca Belfiore a parlare dell'omicidio di 33 anni fa gli inquirenti inviarono alcune lettere anonime con all'interno alcuni ritagli di quotidiani dell'epoca con dietro scritto: “Omicidio Caccia: se parlo andate tutti alle Vallette. Esecutori: Domenico Belfiore - Rocco Barca Schirripa. Mandanti: Placido Barresi, Giuseppe Belfiore, Sasà Belfiore”.
Un trucco che fece uscire il nome Schirripa dal silenzio. Nei dialoghi con Placido Barresi, il boss Domenico Belfiore, condannato all’ergastolo come mandante e scarcerato nel giugno 2015 per motivi di salute, appariva preoccupato per la presenza del nome del panettiere tanto che si attivò per capire chi poteva averne parlato. L'ispettore Massimo Cristiano ieri ha raccontato come il virus informatico inoculato nel tablet di Belfiore “È stato l’unico modo utile per ottenere risultati. Con i sistemi tradizionali di indagine, non saremmo mai arrivati ad alcun risultato, visto lo spessore dei personaggi”.
Il fratello di Domenico, Giuseppe Belfiore, ha invece ricordato il periodo in cui arrivò la lettera anonima utilizzata come “trappola” dagli investigatori. Lettera che invece l’ex narcos Rocco Piscioneri, gravemente malato, ha affermato di non aver mai visto, diversamente da quanto sembrano dire le intercettazioni.
Nella prossima udienza, fissata per il 9 novembre, sarà ascoltato il boss Domenico Belfiore che per gravi motivi di salute sta scontando ai domiciliari la condanna in via definitiva come mandante.

Respinti i testimoni della difesa della famiglia Caccia
Come spesso accade negli omicidi eccellenti non fu immediata la connessione con la 'ndrangheta nell'assassinio di Bruno Caccia. Furono aperti differenti filoni e non si può dire, a distanza di 33 anni, di essere giunti ad una verità completa. Il legale della famiglia Caccia Fabio Repici infatti, nel richiedere la riapertura del processo, aveva incentivato i magistrati ad andare oltre le 'ndrine, evidenziando gli interessi di Cosa Nostra per i casinò del nord Italia e i rapporti con i servizi segreti e denunciando i depistaggi che si sono susseguiti, oltre alle inerzie nelle indagini da parte di alcuni magistrati torinesi e milanesi.
Per i famigliari del procuratore di Torino assassinato nell '83 il processo odierno è l'occasione per comprendere in profondità le vicende che all'epoca portarono a quell'omicidio e giungere ad una verità non più parziale. Ora questa possibilità sembra allontanarsi dopo che la Corte ha deciso di respingere gran parte delle richieste dell'avvocato Repici. 
Nella lista testimoni presentate dal difensore c'erano anche numerosi esponenti dei servizi di sicurezza dello Stato in azione all'epoca, oltre agli inquirenti che seguirono le indagini successivamente. La Corte invece sembra volersi concentrare sulle questioni emerse più recentemente dal momento che ha deciso che saranno ascoltati solo i testimoni di epoca più recente e che riguardano le ultime indagini compiute su Caccia.


Francesca Mondin (AntimafiaDuemila)







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