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Salvatore Borsellino a Genova: 'Mattarella sostenga di più chi continua la battaglia di Paolo' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Alberto Maria Vedova   
Domenica 06 Novembre 2016 12:12
di Alberto Maria Vedova - 28 ottobre 2016

Genova - «Dal presidente Mattarella mi aspetterei qualcosa di concreto e parole di conforto e di incoraggiamento per i magistrati che continuano la battaglia di Paolo, come Nino Di Matteo che a Palermo è sottoposto a minacce di morte quotidiane e che purtroppo da parte delle istituzioni non riceve messaggio di solidarietà». Lo ha detto Salvatore Borsellino, fondatore del movimento Agende Rosse e fratello del magistrato Paolo ucciso dalla mafia, a margine di un incontro con circa mille studenti radunatisi al Teatro della Corte di Genova per partecipare a una iniziativa sulla legalità. «Io ho sollecitato le nostre istituzioni a portare messaggi di solidarietà nei confronti di Di Matteo ma risposte sono arrivate solo dal presidente del Senato Pietro Grasso».

«Da questi giovani vengo a prendere la speranza e vengo a prendere la forza per continuare la mia lotta per la verità, per la giustizia, una lotta che farò fino all’ultimo giorno della mia vita. Per la giustizia e per quel fresco profumo di libertà di cui parlava mio fratello Paolo», ha detto Salvatore Borsellino durante l’incontro con gli studenti.

«Ci sono stati lunghi anni dopo il '92 nei quali ho smesso completamente di parlare - spiega Borsellino - e l’ho fatto quando avevo perso la speranza. Mio fratello sperava nei giovani per sconfiggere la mafia. Io non sono Paolo, ci ho messo del tempo a capirlo e quando ho capito cos’era la sua speranza ho ricominciato a parlare».

L’incontro è stato incentrato sulle parole legalità, sicurezza e giustizia. «Bisogna insegnare ai ragazzi che le regole e il loro rispetto difendono soprattutto chi è più debole - ha spiegato il procuratore generale di Genova, Valeria Fazio - e servono a garantire l’uguaglianza delle opportunità per tutti».

Il sindaco di Genova, Marco Doria, ha ricordato come «la legalità non è solo un problema di lotta alla mafia e alla criminalità organizzata ma è il rispetto delle istituzioni. La comunità può fare argine alla mafia usando tre leve: l’azione coordinata e intelligente delle forze di polizia e della magistratura; una grande cultura della legalità; l’azione per rimuovere tutte quelle condizioni sociali che favoriscono le azioni e la presenza della criminalità».

Durante l’incontro c’è stata anche la lettura dell’elenco delle vittime della mafia nel 1992, l’anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio con l’esecuzione del “Silenzio”.



Alberto Maria Vedova (Il Secolo XIX)













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