di Miriam Cuccu - 5 agosto 2016
Nino Agostino era un poliziotto. Solo un mese prima aveva sposato
Ida Castelluccio, che quel 5 agosto di 27 anni fa, quando fu uccisa insieme al marito, era incinta di cinque mesi. Un gruppo di sicari in motocicletta, giunti davanti all'abitazione dei genitori di Agostino, dove i coniugi si trovavano, cominciarono a sparare. Agostino venne colpito da vari proiettili, mentre la Castelluccio venne raggiunta da un solo colpo, mentre provava ad avvicinarsi al marito. Quel giorno Agostino non era in servizio, né portava armi addosso. Una vicenda sulla quale inizialmente fu apposta l'etichetta della
“pista passionale”. In realtà, però, Agostino stava indagando sul fallito attentato all'Addaura, quello nel quale il 21 giugno 1989 sarebbe dovuto rimanere ucciso il giudice
Giovanni Falcone, sennonché alcuni agenti di scorta riuscirono a sventarlo nel ritrovare su una spiaggia un borsone contenente cinquantotto candelotti di tritolo.
I misteri sul duplice assassinio si infittiscono nel momento in cui emerge l'intercettazione ambientale dell'ex poliziotto
Guido Paolilli, datata 21 febbraio 2008 ed effettuata nella sua casa di Montesilvano (Pe). Mentre in televisione andava in onda un servizio della trasmissione “La Vita in diretta” durante la quale
Vincenzo Agostino, padre dell'agente ucciso, parlava del biglietto trovato nel portafoglio del figlio - dove era scritto
“se mi succede qualcosa guardate nell'armadio di casa” - contemporaneamente il figlio di Paolilli (intercettato) domandava al padre:
'Cosa c'era in quell'armadio?'. 'Una freca di carte che proprio io ho pigliato e poi ho stracciato', gli aveva risposto senza tergiversare. La posizione di Paolilli, però, è stata archiviata. Nel
decreto di archiviazione del Gip viene evidenziato come lo stesso Paolilli
“non ha offerto interpretazioni alternative” su quella
“gravissima affermazione” ed anzi,
“con dichiarazioni palesemente irricevibili”, ha negato davanti ai pm, nonostante l'evidenza dei fatti, di aver mai pronunciato quelle parole.
Ma c'è un'altra ombra che grava sull'omicidio Agostino-Castelluccio: quella di
“faccia da mostro”, il personaggio che secondo Vincenzo, padre dell'agente, si è presentato nella sua abitazione per chiedere del figlio.
“Mio figlio era in viaggio di nozze - è il ricordo di Agostino -
a casa si presenta una persona che spinge il cancello come fosse casa sua e mi chiede se mio figlio è in casa. Poiché io ho due figli maschi chiedo chi cerca. E questa persona dice 'il poliziotto'”. Quando Agostino chiede a questo soggetto chi fosse a rispondere è un altro uomo, più distante.
“Mi dice che sono colleghi - prosegue nel racconto -
Per me era l'uomo più brutto che esiste al mondo e li per li lo definì un mostro”. È di alcuni mesi fa il riconoscimento di
“faccia da mostro” in un confronto all'americana nel quale
Vincenzo Agostino l'ha indicato in
Giovanni Aiello, ex poliziotto attualmente indagato da quattro diverse procure (Palermo, Caltanissetta, Reggio Calabria e Catania). Diversi pentiti lo indicano come quel soggetto che
“frequentava Fondo Pipitone” (feudo della famiglia Galatolo, ndr) e che era
“a disposizione della mafia anche per compiere omicidi”. Ed è proprio per l'omicidio dell'agente Agostino che oggi lo stesso Aiello è indagato a Palermo assieme ai boss
Gaetano Scotto e
Antonino Madonia.
“Non ho esitato un solo istante” era stato il commento di Agostino subito dopo il riconoscimento.
“Ho fatto togliere il vetro. - aveva aggiunto -
L'ho visto immediatamente che era lui perché io quel volto, anche a 27 anni di distanza, non lo posso dimenticare. E non lo posso dimenticare non tanto per il lato destro che non si può davvero guardare. Ma per quella guancia sinistra. Non ho avuto dubbi e non mi sono lasciato prendere dall'emozione nell'indicarlo”. Ad aprile
il gip Maria Pino ha concesso altri sei mesi per indagare sull'omicidio Agostino-Castelluccio ai pm
Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e
Roberto Tartaglia. E questo, anche a seguito di importanti avvenimenti oltre al riconoscimento da parte di
Vincenzo Agostino, come gli esami dei pentiti
Vito Lo Forte e
Vito Galatolo. “Nino Madonia, Gaetano Scotto e Giovanni Aiello parteciparono all'omicidio dell'Agente Agostino e della moglie. - è stata
la dichiarazione di Lo Forte -
Il ruolo di Aiello fu quello di prelevare con una macchina 'pulita' Madonia e Scotto, che avevano eseguito l'omicidio, e di aiutarli a bruciare la motocicletta usata nell'attentato”. Lo Forte ha anche aggiunto di aver saputo che il delitto era stato compiuto
“per fare un favore ad importanti funzionari della Polizia”. Anche su questo aspetto, molto probabilmente, si concentreranno le ulteriori indagini dei pm.
Miriam Cuccu (AMDuemila)