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Venezia toglie la solidarietà a Di Matteo PDF Stampa E-mail
Editoriali - Lettere Aperte
Scritto da Gianluigi Placella   
Domenica 28 Dicembre 2014 10:04
di Gianluigi Placella - 27 dicembre 2014

Da più di un anno, di fronte alle minacce subite da Antonino Di Matteo ed altri magistrati siciliani, né le tre più alte cariche dello Stato, né il Presidente del Consiglio, hanno trovato il tempo e l’occasione per esprimere loro, vicinanza e solidarietà; sentimenti che, peraltro, non lesinano nei confronti di altri italiani, che siano civili, religiosi o militari. Da oltre un anno e mezzo, al contrario, i veneziani, quei sentimenti di partecipazione li hanno dimostrati per mezzo di uno striscione che, attraverso una delibera votata all’unanimità dai loro legittimi rappresentanti in consiglio comunale, hanno voluto sul palazzo del Comune e che è rimasto bene in vista sul Canal Grande, quasi ininterrottamente, da aprile 2013 fino all’insediamento del commissario governativo. Dal momento del suo insediamento, quello striscione fu rimosso per ordine del commissario Zappalorto che, da allora, dimostra di ignorare quella volontà e di contravvenire al dettato consiliare, dato che si rifiuta di riesporre un segnale così condiviso di civiltà, umanità e civismo. Singolare coincidenza di sintonia coi vertici dello Stato o, invece, ossequio a etiche incomprensibilmente differenti o ad indicazioni superiori? In entrambi i casi si offende il diritto e l’autonomia deliberativa dei veneziani e della sua rappresentanza istituzionale, assimilando la comunità democratica a compagine di sudditi obbedienti ad imperscrutabili e indicibili ragioni del principe di turno. Queste contestazione, come responsabile del movimento delle Agende Rosse, ho rappresentato al Commissario, in un acceso confronto, avvenuto il 22 dicembre 2014, nel suo ufficio di Ca’ Farsetti, alla presenza del Prefetto di Venezia, del direttore generale del Comune, di giornalisti e cameramen. Le sue argomentazioni, in risposta, sollevano dubbi sulla sua reale partecipazione a questi drammi che, se è facile manifestare in privato, viene sconfessata dalle prese di posizione ufficiali. Tra tutte, la più lampante e contraddittoria, sostenuta alla presenza di tanti significativi e qualificati testimoni, consiste nel suo affermare che, come commissario prefettizio, non può esporre altro che le bandiere ufficiali; eppure dimentica che, a me personalmente, aveva proposto, in alternativa allo striscione con Di Matteo, l'esposizione di un innocuo striscione con le foto dei magistrati morti Falcone e Borsellino. Vuol forse dire che sta aspettando che nuovi magistrati muoiano perché ne possa esporre le foto? O che Di Matteo meriterà parole di solidarietà solo se si decide a morire? Queste domande non possono restare senza risposta, non solo perché, per effetto della sua nomina governativa, si rende responsabile del coinvolgimento dello Stato nelle sue reticenze, ma anche per i doveri nei confronti della comunità cittadina che, seppure non da quella eletto, rappresenta; una comunità che, con un ordine del giorno del consiglio di municipalità di Venezia-Murano-Burano, l’11 dicembre scorso, ha reiterato la richiesta al Commissario di esporre lo striscione.

Gianluigi Placella Agende Rosse Venezia - Gruppo Eddie Walter Cosina

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