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Mafia: due ergastoli per strage Capaci, 12 anni a Spatuzza PDF Stampa E-mail
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Scritto da Redazione La Repubblica   
Mercoledì 19 Novembre 2014 23:15
di Redazione La Repubblica - 19 novembre 2014

Si è concluso con quattro condanne, due delle quali all'ergastolo, il processo celebrato con il rito abbreviato per la strage di Capaci, in cui morì il giudice Giovanni Falcone. Il gup David Salvucci ha inflitto l'ergastolo ai boss Giuseppe Barranca e Cristofaro Cannella; 30 anni di carcere a Cosimo D'Amato, mentre il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza è stato condannato a 12 anni di carcere. Il gup ha così accolto in parte le richieste dell'accusa che aveva sollecitato la condanna all'ergastolo per i tre boss palermitani e 12 anni per Spatuzza che con le sue rivelazioni ha permesso di aprire un nuovo filone d'indagini sulle stragi del '92. Disposto il risarcimento dei danni alle parti civili.

"Il castello accusatorio ha retto fino alla fine. Anche se le sentenze non si commentano, siamo soddisfatti". E' quanto hanno affermato i sostituti procuratori, Stefano Luciani, Lia Sava e Onelio Dodero, dopo la sentenza emessa dal Gup del Tribunale di Caltanissetta, David Salvucci per la strage di Capaci, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. Il procuratore Sergio Lari, a capo del pool che ha condotto le indagini sulle stragi di Capaci e via D'Amelio, ha sempre sostenuto che "con la strage di Capaci, nel '92, iniziò l'attacco di Cosa nostra allo Stato". La nuova inchiesta sulla strage di Capaci si è basata sulle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza. "In questi 22 anni - ha aggiunto Lari - abbiamo fatto grossi passi avanti. Abbiamo dimostrato durante la fase delle indagini il ruolo predominante ricoperto dai Graviano nella strage di Capaci e che fino al 2008 non era ancora emerso".

Conclusasi la fase dell'abbreviato con due ergastoli, una condanna a 30 anni e a 12 per Gaspare Spatuzza, il quale ha beneficiato della speciale attenuante prevista per i pentiti che apportino un contributo rilevante alle indagini, procede il suo iter il processo con rito ordinario aperto il 23 maggio 2014, nel giorno del ventiduesimo anniversario della strage di Capaci, a carico di altri cinque boss: Salvino Madonia, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo, Vittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello. Dal 24 al 29 novembre la Corte d'Assise di Caltanissetta sarà impegnata in trasferta al carcere di Rebibbia a Roma, per ascoltare, nell'ambito del nuovo processo per la strage di Capaci, la deposizione di alcuni collaboratori di giustizia. Lunedì 24 novembre, verrà sentito Giovanni Brusca; il 25 Gioacchino La Barbera e Mario Santo Di Matteo; il 26 Calogero Ganci, Fabio Tranchina, Salvatore Grigoli e Pietro Romeo; il 27 spazio alla difesa per il controesame. Venerdì 28 verranno chiamati a deporre alcuni collaboratori di giustizia della 'ndrangheta: Consolato Villani, Paolo Ianno' e Giuseppe Lombardo. Infine, sabato 29 novembre Antonino Fiume, anche lui collaboratore della 'ndrangheta e controesame di Giovan Battista Ferrante.

Spatuzza gia' nell'aprile del 2013 consentì di assestare un duro colpo a Cosa nostra: otto in quell'occasione gli arrestati, tra boss e gregari della cosca di Brancaccio, accusati di essere parte del commando che procurò e preparò l'esplosivo per Capaci. Per gli investigatori era stato squarciato "il velo d'ombra nel quale erano rimasti alcuni personaggi, mai prima d'ora sfiorati dalle inchieste sull'eccidio", ricostruendo "in maniera compiuta la fase deliberativa, preparatoria ed esecutiva della strage", dando un nome al gruppo che procurò i 200 chili di tritolo prelevato in mare. Lari spiegava che "le nuove indagini sulla strage di Capaci hanno consentito di rinvenire ulteriori responsabilità nel mandamento dei Graviano. Non vi sono mandanti esterni e l'inchiesta con questo nuovo esito chiude il cerchio attorno a mandanti ed esecutori materiali". La strage di Capaci "venne decisa nella riunione del dicembre del 1991, quando Cosa nostra si riunì durante la commissione regionale per gli auguri di Natale. In quell'occasione Totò Riina sentenziò la stagione stragista". Riina disse a Brusca: "Abbiamo tanto di quell'esplosivo che possiamo fare guerra allo Stato". La decisione della mafia di uccidere Giovanni Falcone non rappresentò solo l'intenzione di eliminare un pericoloso nemico dell'organizzazione, ma si inserì all'interno del progetto di un vasto attacco e di una drammatica offensiva alle istituzioni e allo Stato di cui furono parte le stragi di Capaci e via D'Amelio e quelle del '93.


Redazione La Repubblica





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