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Galatolo: 'Il tritolo in un bidone'. Si scava con i metal detector PDF Stampa E-mail
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Scritto da Pietro Giammona   
Martedì 18 Novembre 2014 17:00

Galatolo: ”il tritolo in un bidone”<br>si scava con i metal detector

di Pietro Giammona - 18 novembre 2014

Da 48 ore gli uomini della Dia sono a caccia dell’esplosivo che sarebbe nascosto nella zona di Monreale. Ma le ricerche con i geo-radar e i cani antiesplosivo finora non hanno condotto a nulla. Il neopentito: ”I mandanti sono gli stessi di via D’Amelio”

 
Gli uomini della Dia sono a caccia di un bidone che secondo le dichiarazioni del neopentito Vito Galatolo conterrebbe il tritolo per il pm Nino Di Matteo, e che potrebbe essere stato interrato o nascosto in una delle borgate palermitane, molto probabilmente nella zona dell’Acquapark di Monreale.

Nelle ultime ore, gli investigatori stanno passando a setaccio numerosi terreni e fondi agricoli di proprietà di uomini d’onore: le ricerche si sono concentrate in particolare nel territorio di Monreale dove possiede un fondo Vincenzo Graziano, uomo d’onore di Resuttana, arrestato insieme a Galatolo nel giugno scorso, nell’operazione Apocalisse, ma finora non è stato trovato nulla.  Nell’ultimo week end gli uomini della Dia hanno passato  ai raggi x terreni e case di campagna, muovendosi con i metal detector, con i cani anti-esplosivo e i geo-radar. La procura di Palermo ha ordinato una perquisizione anche in provincia di Udine dove ha vissuto un favoreggiatore dei Galatolo. Ma anche lì le ricerche si sono rivelate infruttuose. L’ipotesi è  che da giugno ad oggi l’esplosivo sia stato trasferito e nascosto in un luogo più sicuro. Si indaga, nel frattempo, per ricostruire le fasi preparatorie dell’attentato a Di Matteo di cui ha parlato Galatolo.

Dalle carte del blitz Apocalisse, che ha condotto all’arresto di Galatolo, emergono infatti i numerosi incontri tra il boss dell‘Acquasanta e Girolamo Biondino, fratello di Salvatore Biondino, l’ex autista di Totò Riina, ritenuto il capo della famiglia di San Lorenzo, avvenuti proprio alla fine del 2012, nel periodo cioè che il neopentito  ha indicato come quello della preparazione del piano di morte nei confronti di Di Matteo. In quei mesi, Galatolo risiedeva a Mestre, aveva il divieto di dimora a Palermo, ma poteva tornare nel capoluogo siciliano per seguire i suoi processi. E’ stato proprio durante le sue trasferte palermitane che il boss avrebbe incontrato più volte Biondino e altri picciotti del clan di San Lorenzo. E’ in quel contesto che i clan di Palermo pianificano l’attentato a Di Matteo?

Gli inquirenti sono alla ricerca di riscontri per verificare tutte le fasi organizzative del piano di morte, ma anche per individuarne la matrice, dal momento che Galatolo ha detto che ”anche entità esterne a Cosa nostra” erano interessate ad eliminare Di Matteo.  Secondo “u picciriddu”, così è chiamato il nuovo collaboratore della famiglia dell’Acquasanta, infine, a volere la morte di Di Matteo ”sarebbero gli stessi che hanno decretato la morte di Paolo Borsellino”. Un elemento che l’intelligence antimafia non ha esitato a definire ”interessante”, dal momento che anche la strage di via D’Amelio, per i depistaggi e le ”anomalie” riscontrate nelle indagini, rimanda ad interessi oscuri.

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