''Il più noto ladro d'arte italiano, Vincenzo Pipino, racconta di come Arnaldo La Barbera lo mise in cella con Vincenzo Scarantino'' appena arrestato per la strage di via D'Amelio e oggi riconosciuto come il "falso pentito" delle indagini, per chiedergli di controllarlo e riferire. E lui gli avrebbe poi detto che la macchina non l'aveva rubata lui. Lo riporta un numero speciale di STOP, "I grandi gialli di Stop", in edicola sabato: "Così La Barbera fabbricò il falso pentito di via D'Amelio Vincenzo Scarantino".
Pipino rammenta, in un capitolo di anticipazione della sua autobiografia, in uscita a settembre con Milieu, che il capo della Squadra mobile di Palermo, nel 1992, si rivolse a lui dicendogli: "Mi serve un tuo favore, solo tu puoi farmelo, ed io, in cambio, ti copro su certe tue marachelle (...)". E quando La Barbera chiese al ladro cosa avesse scoperto su Scarantino, Pipino afferma di aver risposto che "l'uomo era completamente innocente (...) ma fu invitato dal poliziotto a non farne parola con nessuno".
"Insisteva tenacemente che la macchina non l'aveva rubata lui - riporta Pipino su Stop - e che non sapeva nulla dell'attentato. (...) Mettiti la coscienza tranquilla e gira la testa da un'altra parte, risposi sicuro della mia intuizione". "Bene! - ribattè La Barbera - però sappi che devi tenere la bocca chiusa con tutti e in qualsiasi occasione".