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Palermo, la Zisa si ferma per il funerale del boss PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Martedì 18 Marzo 2014 18:54
di Salvo Palazzolo - 18 marzo 2014

Un applauso fragoroso annuncia l’uscita del feretro dal condominio di via Corradino di Svevia. Ad accoglierlo c’è il gonfalone della santissima confraternita delle anime sante di piazza Ingastone, che si fa strada fra due ali di folla. Dietro, avanzano padrini vecchi e nuovi, scarcerati da poco e da tanto. Ci sono tutti per l’ultimo saluto a Giuseppe Di Giacomo, ucciso mercoledì da un commando di sicari che ha eseguito la condanna in modo plateale, in pieno pomeriggio, davanti casa della vittima predestinata. Anche Di Giacomo era ritenuto un padrino, «era il reggente di Porta Nuova» sostiene l’ultimo pentito, Sergio Flamia. Evidentemente, qualcuno non lo riconosceva più come tale.
 
Giuseppe Di Giacomo era stato probabilmente «posato», ma al suo funerale ci sono tutti quelli che devono esserci. Dai più giovani che si sono già fatti qualche anno di carcere ai vecchi della famiglia, quelli cresciuti alla scuola del più autorevole dei capi mandamento di Porta Nuova, Pippo Calò, il cassiere di Totò Riina. Quando il feretro si ferma davanti al luogo del delitto, i giovani e i vecchi di Cosa nostra sono tutti lì. E applaudono. Assieme al popolo della Zisa, che segue in religioso silenzio il corteo. I commercianti, intanto, abbassano le saracinesche in segno di lutto. Solo un ambulante tunisino non ha capito che quella non è la festa del quartiere e viene invitato gentilmente a portare altrove la sua mercanzia.

Ma, in fondo, il giovane ambulante non si è sbagliato di molto. Perché per una mattina il quartiere della Zisa si ferma come se ci fosse la processione del patrono, mentre la bara di Giuseppe Di Giacomo viene portata a spalla per le strade principali. Il corteo è aperto dai confrati delle Anime sante, seguono una decina di giovani e meno giovani davanti al feretro. Dietro, i familiari e gli altri seicento arrivati a dare l’ultimo saluto al defunto. Tra corone di fiori e occhi gonfi di lacrime.

È un corteo silenzioso quello che ferma autobus, macchine, ambulanze, passanti. Il servizio d’ordine è assicurato da un giovanotto con la divisa giallo fiammante di “Amia Essemme”, che dirige il traffico alla perfezione per lasciare che il corteo non abbia intoppi. Di tutto il resto si occupa la ditta di onoranze funebri D’Ambrogio, gestita dalla famiglia dell’ultimo potente capo mandamento di Porta Nuova, Alessandro, arrestato dai carabinieri l’estate scorsa.
Fra le 10 e le 11, in via Eugenio l’Emiro, non si può restare con la saracinesca alzata. Quello che sta passando ha tutta l’aria di essere il funerale di uomo di rispetto. E per una mattina, tanti altri uomini di rispetto della zona sfilano orgogliosi per queste vie di Palermo, mentre due ragazzotti dall’aria tutto sommato simpatica avvertono i commercianti più sbadati che sta passando il corteo. Un commerciante non se lo fa neanche dire, e comincia a disperarsi: si porta le mani ai capelli, tira fuori dalla tasca un fazzoletto bianco. Ma non ci sono lacrime sul suo volto. Neanche una.

Eppure, continua a disperarsi. Fino a quando il corteo passa e lui smette di colpo. Un bambino gli dice: «A me non piacciono queste campane della chiesa, falle smettere, ti prego falle smettere ». Il commerciante afferra il bambino e scompare dentro al negozio.

Il corteo lascia via Eugenio l’Emiro e gira per vicolo Zisa. Una signora si fa il segno della croce. «Nessuno se l’aspettava — sussurra — quando spunta un tumore, lo sai che la morte arriverà prima o poi. Ma così, no». Dopo altri applausi, il feretro imbocca via Stefano De Perche, la strada dedicata all’ex arcivescovo di Palermo e cancelliere di Sicilia. Poi, via Re Tancredi. Quasi arrivati alla chiesa della Madonna di Lourdes, in piazza Ingastone, il popolo della Zisa scandisce in coro. «Giuse- ppe — Giu-se-ppe. Giu-seppe ». Il feretro entra in chiesa, per la messa. E fuori inizia un’altra processione, verso un’auto che è appena arrivata: accanto all’autista, c’è un vecchietto in lacrime. Tutti vanno a salutarlo, con un bacio sulla guancia. E alcuni baci sono più lunghi degli altri, accompagnati da parole sussurrate all’orecchio. Il vecchietto annuisce, senza più lacrime.

Intanto, continuano a suonare a morte le campane della Madonna di Lourdes. E mentre i familiari danno l’ultimo saluto al loro Giuseppe, i boss giovani e vecchi si ritrovano a parlare in piazza Ingastone. Qualcuno ride, qualcuno scherza, qualcuno si compiace di stare in mezzo alla strada e di bloccare ancora per un po’ il traffico. Erano anni che così tanti uomini di Cosa nostra non sfilavano per le vie di Palermo. Anche i commercianti di piazza Ingastone li hanno ossequiati. Più di tutti gli altri. Per tutto il tempo della santa messa con benedizione solenne finale.


Salvo Palazzolo (repubblica.it, 18 marzo 2014)





 


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