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Pm Di Matteo: "Da Riina non semplici minacce ma volontà di uccidere" (VIDEO) PDF Stampa E-mail
Video - Interviste
Scritto da Rainews24   
Venerdì 24 Gennaio 2014 16:33

di Rainews24 - 23 gennaio 2013

PalermoNell'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo prosegue il processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Davanti alla Corte d'Assise, presieduta dal giudice Alfredo Montalto, sale sul banco dei testimoni il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera. Intanto il pubblico ministero Nino Di Matteo, magistrato del pool che sostiene l'accusa nel processo, in un'intervista rilasciata al collega della sede Rai di Palermo, Davide Camarrone, commenta le intercettazioni in cui il boss Totò Riina parla dell'intenzione di ucciderlo. "Non credo si possano definire delle semplici minacce - dice Di Matteo - ma sono delle intenzioni omicidiarie prospettate a un altro detenuto probabilmente perché in qualche modo vengano portate all'esterno per essere eseguite". E il pm aggiunge: "Io credo che Riina comandi ancora, ha ancora un gran potere

 

Il potere del boss e la paura che non deve prevalere
"La preoccupazione e la paura non devono avere il sopravvento sulla volontà e sulla capacità di portare avanti il nostro lavoro" dice nell'intervista. "Nel momento in cui non ci sentissimo di farlo - continua il magistrato - sarebbe dignitoso da parte nostra cambiare tipo di incarico". Il magistrato non nega la sua preoccupazione per il potere del capo dei capi: "Fino a qualche anno fa risultanze precise investigative facevano emergere che i capi in libertà di Cosa Nostra non volevano prendere o non potevano rendere determinate decisioni se non acquisendo l'avallo e il consenso di colui che ritenevano il vero capo, cioè Salvatore Riina. Questa è la situazione che quanto meno fa sospettare che ancora oggi certamente Riina possa tentare di esercitare un ruolo di comando".

La solidarietà
Nell'intervista Di Matteo parla anche del clima in cui si è trovato a vivere negli ultimi mesi: "Credo che registrare la vicinanza di tanti semplici cittadini sia un motivo ulteriore di conforto e che questa solidarietà possa anche sopperire rispetto a qualche silenzio e perplessità di fondo e a qualche malignità di chi ha perfino messo in dubbio quello che è stato oggetto delle intercettazioni". In ogni caso, ha detto il pm, "Non mi sento solo, ho la solidarietaà di molticolleghi. Soprattutto, pur essendo legittima la paura, non rimpiango
di aver scelto questo lavoro".

I sospetti
"C'è sempre chi parla di minacce inventate - ha aggiunto il pm - storie che fanno parte di quella mentalità mafiosa che tende a delegittimare i magistrati". E conclude: "Quello che io ritengo, quello che penso, quello che sospetto in questo momento ovviamente non ha alcun valore se non verrà dimostrato, e quindi me lo tengo per me".



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