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Home Home Comunicati Richiesta di replica ex art.8 l. 47/48 alla lettera dell’avvocato Fabio Repici
Richiesta di replica ex art.8 l. 47/48 alla lettera dell’avvocato Fabio Repici PDF Stampa E-mail
Editoriali - Comunicati
Scritto da Nuccio Anselmo - Fabio Repici   
Giovedì 16 Ottobre 2008 21:40
Pubblico, per diritto di replica, la mail ricevuta dal giornalista Nuccio Anselmo. Il giornalista in questione ripete più volte la frase 'sfido chiunque a dimostrare il contrario'. Poichè ritengo che la controreplica pervenutami poco più tardi dall' avvocato Franco Repici dimostri proprio il contrario pubblico anche questa. In quanto al fatto che, come scrive il giornalista Anselmo, egli non abbia dimostrato 'imbarazzo' durante queste telefonate non è comunque una cosa che deponga a suo favore: forse sarebbe stato meglio per lui se almeno un po' di 'imbarazzo' per quello che faceva, o era costretto a fare per salvaguardare il posto di lavoro, lo avesse provato

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Caro Direttore,
non è di solito mio costume replicare ai comunicati internettiani che mi riguardano, anche senza la citazione del mio nome ma con chiari riferimenti alla mia persona, che si spandono poi a macchia d’olio copia incollando da un sito, o blog, all’altro.
In questa occasione però, nonostante faccia (o tenti di fare) ormai da parecchi anni il cronista di giudiziaria (ecco il riferimento preciso che ingloba la valenza riconoscitiva) per la “Gazzetta del Sud”, per carità con scarsi risultati, è necessario ristabilire la verità su alcune affermazioni del legale in questione che riguardano la mia persona.
La vicenda è quella relativa al caso, o “scontro”, o “diatriba”, o come lo si voglia definire, tra il legale e l’Anm di Messina, e s’incentra sul comunicato diffuso ovunque dal legale per riferire tra l’altro del suo interloquire telefonico nel pomeriggio di sabato scorso con il sottoscritto. Ebbene, è profondamente falso e destituito da ogni fondamento, sfido chiunque a dimostrare il contrario, che io abbia “supplicato” alcuno, o abbia manifestato “imbarazzo” di qualsiasi tipo nel corso delle telefonate intercorse con il legale, e non so francamente da dove egli abbia “pescato”, probabilmente nella sua galoppante fantasia scrivente, i contorni di questo presunto “inginocchiamento telefonico”. Le suppliche le riservo a ben altri soggetti, sul banco di una chiesa.
Altro passaggio: non è affatto vero, e sfido chiunque a dimostrare il
contrario, che il 10 ottobre io abbia dichiarato di “preferire di pubblicare solo la notizia dell’assemblea dei magistrati”, ma ho invece affermato che una “replica preventiva” ad un articolo ancora non pubblicato, non mi sembrava una prassi corretta sul piano deontologico, mentre era a mio modesto avviso più corretto ospitare la replica l’indomani, l’11, quando l’articolo era stato pubblicato. Io non“preferisco” nulla, ci sono delle regole, per quanto mi riguarda, nel giornalismo, che vanno rispettate.
Possedendo esclusivamente capi di abbigliamento comprati a saldo nel mio armadio, e non altro, da sempre nel mio lavoro l’unico parametro che mi ha guidato è stato quello della correttezza verso il lettore, il mio padrone, con la necessità insopprimibile di scrivere tutto quello di cui sono venuto a conoscenza, seguendo, come il legale in questione ben conosce, molti dei processi di mafia degli ultimi anni udienza dopo udienza, testimonianza dopo testimonianza, sentenza dopo sentenza. Per esempio i processi Campagna e Alfano che, sfido chiunque a dimostrare il contrario, ho la pretesa di aver raccontato con rigore e correttezza. Quindi è per questi motivi che non consento e non consentirò mai di adombrare alcunché, comprese “suppliche” e “imbarazzi”, sull’unica cosa cui tengo nel mio “sporco” mestiere: la correttezza.
Tanto dovevo per chi ha la sfortuna di conoscermi, e per chi, altra categoria di sfortunati, ha la ventura di leggere quello che scrivo.
Con ossequi
Nuccio Anselmo

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Ho sincera comprensione per Nuccio Anselmo. Egli dice che i lettori sono i suoi soli padroni. Ciò gli fa onore ma non toglie che c’è anche un direttore che, putacaso, è anche il padrone del giornale acquistato dai suoi lettori. Quindi Nuccio non me ne vorrà se ho doppia comprensione per lui e per la sua scomodissima posizione.
E però Nuccio ha scritto una piccatissima e lunga smentita alla ricostruzione da me fatta della censura decisa dalla Gazzetta del Sud sulla mia replica al proclama di aggressione nei miei confronti venuto fuori dall’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati convocata con l’inusitato manifesto affisso ai muri di Palazzo Piacentini pur in assenza di autorizzazione (come riferitomi oggi dal presidente della Corte di appello).
Quella di Nuccio Anselmo, tuttavia, è una finta smentita. Egli ci tiene a negare di non avermi mai “supplicato” di giungere ad una “mediazione” con il suo direttore. Aggiunge che da cronista ha raccontato correttamente i processi relativi all’omicidio Campagna ed all’omicidio Alfano. Quest’ultimo punto risponde a verità e Nuccio sa (ma ha taciuto ai suoi padroni: i lettori, intendo) che io gliene diedi atto per iscritto. Sulla “supplica” (o l’assenza di “supplica”) si rischia un contrasto di interpretazioni e quella autentica non può che essere sua. Ma, al netto delle valutazioni soggettive, rimangono i nudi fatti. Che sono questi.
Nuccio sabato era a riposo e io ho mandato il mio comunicato al direttore Calarco. Intorno alle 16 dal cellulare di Nuccio giunsero 12 telefonate al mio. Suoneria e vibracall erano disattivate e io non risposi. Accortomi della tempesta di chiamate telefonai a Nuccio. Egli (che pure era a riposo) mi chiese di telefonare a Calarco per la famosa “mediazione”. Telefonai a Calarco e dissi che non accettavo “mediazioni”. Riposta la cornetta, Nuccio mi richiamò almeno altre tre o quattro volte per tentare di “mediare”. Al mio rifiuto di cancellare i riferimenti al dott. Cassata pur essendo mantenuti quelli ad altri tre magistrati (per i quali evidentemente Calarco era disinteressato) seguì la completa censura. Mi auguro che Nuccio non voglia smentire i fatti. Altrimenti non rimane che ricorrere ai tabulati telefonici.
Fabio Repici   

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