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Lino Aldrovandi: 'Chiedo allo Stato fermezza contro impunità e corporativismo' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Lino Aldrovandi   
Domenica 22 Settembre 2013 12:22
di Lino Aldrovandi - 22 settembre 2013

Ieri sera verso le 22 e 30 ho detto due cose… Le posto per rendere partecipe anche chi era a casa . Un abbraccio a tutti.
Buona sera a tutti, e grazie di essere qui presenti a questo piccolo e meraviglioso e toccante momento di cultura. La cultura come insieme di valori per Federico. La cultura per non arrenderci alle ingiustizie di un mondo sempre più allo sbando e disattento soprattutto verso i più deboli, la cultura per farci riflettere, la cultura contro l’indifferenza, la cultura per ricostruire, la cultura del rifiuto della violenza di chi uccide i nostri figli senza una ragione, la cultura per evitare che le versioni ufficiali scrivano un'altra storia che uccida ancora ed ancora, la cultura come una carezza a chi è in un’altra stanza e che vorremmo fosse qui, la cultura perché non accada mai più. Non voglio dilungarmi troppo per non togliere il momento magico della musica creato dagli artisti presenti e di tanti altri che avrebbero voluto esserci qui questa sera, a cui va’ comunque il mio sentito ringraziamento. Non posso però non ricordare in questo luogo, dove Federico esalò il suo ultimo respiro guardando il cielo per l’ultima volta, nonostante la sua implorazione di aiuto e di richiesta di smettere in quell’azione assurda, che quei 4 agenti, Pontani, Forlani, Pollastri e Segatto, in quell’alba di morte, di quel 25 settembre 2005 furono autori di una “violenza ingiustificata prima” e “di dissimulazione del vero poi” che gettò discredito per il Corpo di Polizia cui ancora essi appartengono, tanto da far negare al compimento della condanna gli arresti domiciliari dal tribunale di sorveglianza che confermò invece il carcere con queste valutazioni: “mancanza di comprensione della gravità della condotta”, “cultura della violenza, tanto più grave ed inescusabile, in quanto perpetrata da parte di appartenenti alla Polizia di Stato”. Queste non sono parole mie, ovvero di parte, ma di giudici di questo Stato che dovrebbero fare riflettere.
3 anni e 6 mesi la pena loro comminata, ridotta di tre anni per via dell’indulto. 6 mesi trascorsi in carcere per due di loro e sempre per lo stesso tempo, gli arresti domiciliari per gli altri due, di una pena lieve “figlia infelice e malata” dell’indagine iniziale che vide condannare altri poliziotti per omissioni e depistaggi. Dopo le condanne dei Tribunali sarà la volta delle commissioni disciplinari della polizia pronunciarsi sul futuro lavorativo di questi agenti. Le voci non ufficiali dicono che tali commissioni avrebbero già deciso per 6 mesi di sospensione con reintegrazione degli stessi nelle file del corpo di polizia, a partire da gennaio 2014. Andremo fino in fondo finchè non avremo ottenuto la conclusione di quella piccola quasi impercettibile giustizia, così come spero che siano lasciati in pace i tanti cittadini querelati assurdamente e senza ragione, solamente per esserci stati accanto. Ti ricorderemo ogni anno Federico, attraverso la cultura della non violenza, attraverso la cultura della civiltà e del rispetto. Ma nessuno, dico nessuno dovrà mai più permettersi di offenderti. Allo Stato chiedo quindi fermezza contro l’impunità e il corporativismo a volte fastidioso e dilagante, nell’interesse anche delle stesse forze dell’ordine, che devono trovare la forza di isolare ed allontanare i responsabili di simili atti di una lunga serie e che troppe volte si fa finta di non vedere. Queste azioni, diciamo sbagliate, ogni volta che si verificano non fanno altro e non faranno altro, se non punite, che gettare discredito sulle istituzioni e allontanare la fiducia dei cittadini. La Polizia per questo non può tollerare che certi individui tornino a fare il mestiere di poliziotto come se niente fosse successo, perchè sarebbe come continuare a bastonare, soffocare, torturare, uccidere quei valori sui quali la stessa polizia, quella con la P maiuscola, si poggia, e a cui va’ la mia comprensione e solidarietà. Queste “schegge impazzite”, così come definite da un Procuratore Generale della repubblica Italiana durante la sua arringa in Cassazione che vide la condanna definitiva di queste persone, andrebbero licenziate senza se e senza ma, per far si che il datore di lavoro di questi pregiudicati non rischi di diventare complice di una morte assurda, violenta e ingiustificata di un ragazzino di 18 anni, che non aveva commesso nulla di male quella maledetta domenica mattina.
Concludo dicendovi che le lacrime versate e spero mai più, siano sorrisi e amore per altri figli affinchè la luce di quaggiù di tanti cuori, uniti nell’amore per la vita, sia un qualcosa che questa sera illumini e scaldi il cielo per un futuro migliore per tutti.

Lino Aldrovandi










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