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Palermo, le domande allo Stato PDF Stampa E-mail
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Scritto da Sandra Rizza   
Domenica 19 Maggio 2013 15:45
di Sandra Rizza - 19 maggio 2013

EX CAPI DELLO STATO, ex ministri, parlamentari, alti magistrati, alti funzionari, uomini di governo e delle opposizioni: sono i professionisti del ‘’non ricordo’’, quelli che i pm di Caltanissetta hanno definito i protagonisti della ‘’doppia morale istituzionale’’. Della trattativa non hanno mai sentito parlare e non sanno spiegare neppure come e perché nel novembre del ’93, nel pieno di un attacco stragista, lo Stato revocò 334 provvedimenti di 41 bis ad altrettanti detenuti mafiosi. Ecco, dalla lista dei 172 testi che i pm di Palermo chiedono di sentire nel processo sul dialogo mafia-Stato che si apre il prossimo 27 maggio, i primattori della commedia dell’assurdo che va in scena tra gli stucchi e i saloni di Montecitorio, Palazzo Chigi, via Arenula e il Viminale, mentre le autostrade vengono sventrate a suon di tritolo e le Torri del Cinquecento sbriciolate dalle bombe.




GIORGIO NAPOLITANO
Al capo dello Stato, che probabilmente sarà sentito a Roma nei suoi uffici del Quirinale, i pm vogliono chiedere cosa pensa delle preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio che, nella lettera del 18 giugno 2012, parla del timore ‘’di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi’’, risalenti al periodo tra l’89 e il ’93.











CLAUDIO MARTELLI
All’ex ministro della Giustizia, i pm vogliono chiedere cosa venne a sapere dei contatti tra i carabinieri del Ros e Vito Ciancimino, e come e quando se ne lamentò con Nicola Mancino. Martelli dovrà poi spiegare l’avvicendamento al Viminale tra Vincenzo Scotti e Mancino, questione che lo ha posto in contrasto con l’ex ministro dell’Interno, poi finito tra gli imputati del processo per falsa testimonianza.











PIETRO GRASSO
Dal presidente del Senato, ex procuratore nazionale antimafia, gli inquirenti vogliono conoscere le richieste di Mancino che invocava protezione dalle indagini sulla trattativa. Convocato dal Pg della Cassazione Gianfranco Ciani, il 19 aprile scorso, Grasso precisò in un verbale “di non aver registrato violazioni (nelle indagini siciliane, ndr), tali da poter fondare un intervento di avocazione”. Ciani oggi nega di averlo sollecitato ad avocare le indagini.









VINCENZO SCOTTI
L’ex ministro dell’Interno (poi sostituito da Nicola Mancino) è stato chiamato a spiegare in aula perché nel marzo del ’92, quando ancora era al Viminale, lanciò un allarme sui pericoli di una “destabilizzazione dell’ordinamento democratico”, ma dovrà soprattutto parlare della sua mancata riconferma all’Interno e della sua contestuale nomina al ministero degli Esteri nel governo guidato da Giuliano Amato.










NICOLÒ AMATO
L’ex direttore del Dap, poi sostituito da Capriotti e Di Maggio, dovrà spiegare in aula proprio le vicende connesse alla sua sostituzione. Ma anche le perplessità espresse dal capo della Polizia Vincenzo Parisi, nella nota del 6 marzo ’93, sul regime di carcere duro. Proprio sul punto, dovrà poi chiarire gli scambi avuti con Mancino a proposito della revoca del 41 bis per i detenuti di Secondigliano.












GIUSEPPE GARGANI
L’ex deputato della sinistra Dc (la stessa corrente di Nicola Mancino e di Calogero Mannino) indagato per false dichiarazioni al pm, dovrà illustrare i motivi dell’avvicendamento tra Vincenzo Scotti e Mancino al Viminale, ma anche le confidenze che l’ex ministro Mannino gli fece in un bar di Roma, vicino alla Camera dei deputati, sugli sviluppi dell’indagine di Palermo sulla trattativa tra Stato e mafia.











LILIANA FERRARO
L’ex direttrice dell’Ufficio Affari penali dovrà raccontare cosa le dissero gli ufficiali del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno sui loro incontri con don Vito. Dovrà poi riferire il colloquio avuto con Borsellino all’aeroporto di Roma il 28 giugno 1992, quando lo informò dell’esistenza di una “iniziativa investigativa” del Ros, sentendosi rispondere: “Ci penso io”. Dovrà infine spiegare le modalità che portarono Di Maggio, che non aveva i titoli, al ruolo di vicedirettore del Dap.











GIANFRANCO CIANI
Al pg della Cassazione, i pm vogliono chiedere quali furono le richieste di Nicola Mancino (che già era stato vicepresidente del Csm) riguardo alle indagini palermitane sulla trattativa: la loro eventuale avocazione o il coordinamento investigativo. Ciani nega di aver chiesto l’avocazione, ma convocò il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso per parlare del coordinamento delle indagini tra Palermo e Caltanissetta.












CARLO AZEGLIO CIAMPI
L’ex capo dello Stato dovrà ricostruire in aula le drammatiche sequenze della notte tra il 27 e il 28 luglio ’93 quando, contemporaneamente agli attentati di Roma e Milano, si verificò a Palazzo Chigi il black out delle linee elettriche e telefoniche. Anni dopo Ciampi ha rivelato che quella notte l’allora presidente del Consiglio dei ministri pensò che il Paese fosse “a un passo dal colpo di Stato”.













GIOVANNI CONSO
L’ex Guardasigilli, indagato per false dichiarazioni al pm, dovrà raccontare come si arrivò alla nomina di Adalberto Capriotti e Francesco Di Maggio ai vertici del Dap, e sulle “cause e la paternità” delle 334 mancate proroghe dei provvedimenti di 41 bis per altrettanti mafiosi, che finora il giurista, già presidente dell’Accademia dei Lincei, ha sostenuto di aver deciso “in assoluta solitudine”.











LUCIANO VIOLANTE
L’ex presidente della commissione Antimafia dovrà riferire in aula sui suoi rapporti con il colonnello del Ros Mario Mori e sulle richieste di quest’ultimo per fissargli un incontro con l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, da lui sempre rifiutato. I pm gli chiederanno anche quali furono i suoi scambi con Nicola Mancino e con altri esponenti del governo nel 1993 sul tema del 41 bis.












VITALIANO ESPOSITO
Al predecessore di Gianfranco Ciani alla procura generale della Cassazione, saranno rivolte le medesime domande: e cioè quali erano state le richieste di Nicola Mancino rispetto alle indagini di Palermo. L’ex ministro e presidente del Senato lo chiamava al telefono (apostrofandolo con un amichevole “guagliò”) per parlare delle indagini sulla trattativa e della possibilità di una loro avocazione.













GIULIANO AMATO
All’ex presidente del Consiglio (lo fu per un breve periodo, dal 28 giugno 1992 al 28 aprile 1993), i pubblici ministeri di Palermo vogliono chiedere quali furono i criteri adottati nella costituzione del suo governo per la nomina di Nicola Mancino al Viminale al posto di Vincenzo Scotti, e di quella successiva del Guardasigilli Giovanni Conso al posto di Claudio Martelli nel febbraio del 1993.













GIANNI DE GENNARO
Il prefetto dovrà parlare della nota della Dia indirizzata il 10 agosto ’93 al ministro Mancino sulla presenza di uno scenario criminale così potente da costringere lo Stato a scendere a patti non solo con Cosa Nostra, ma anche con “altre forze criminali” che dimostrano “una dimestichezza con le dinamiche del terrorismo e della comunicazione”. Oggi De Gennaro non ricorda quasi nulla.











ADALBERTO CAPRIOTTI
All’ex capo del Dap, indagato per false dichiarazioni al pm, i pm vogliono chiedere come si arrivò alla sua nomina e a quella del suo vice Francesco Di Maggio. Ma soprattutto della nota indirizzata all’allora ministro Guardasigilli Giovanni Conso il 26 giugno 1993, nella quale gli consigliava vivamente di non prorogare i provvedimenti di 41 bis. Capriotti non ha saputo spiegare il perché di quella nota.



di Sandra Rizza (Il Fatto Quotidiano del 19/05/2013)








 

















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