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Agende Rosse in piazza a Roma, Salvatore Borsellino: 'Da Napolitano macigno sulla verità' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Paola Forcina   
Martedì 18 Dicembre 2012 23:47

Il movimento delle Agende Rosse sbarca a Roma in sostegno alla Procura di Palermo. Dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale sul conflitto di attribuzioni sollevato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nei confronti della procura di Palermo, “si deve scegliere da che parte stare” ha detto Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, durante la manifestazione del 15 dicembre a Piazza Farnese, organizzata per ribadire la piena e totale legittimità dell’azione della Procura di Palermo.

BORSELLINO: “DA NAPOLITANO MACIGNO SULLA VERITA’” Salvatore, fratello del magistrato assassinato assieme a cinque uomini della scorta quel terribile 19 luglio 1992  da anni si batte per l’accertamento della verità su quella strage. “Dal Presidente della Repubblica ci saremmo aspettati un invito ai magistrati ad andare avanti nella strada verso la verità e non un macigno come il conflitto d’attribuzione sollevato contro la Procura di Palermo” ha affermato con amarezza Borsellino.

I PARTECIPANTI All’evento sono intervenuti, oltre a Salvatore Borsellino, tra gli altri, Marco Travaglio, Vauro, Sabina Guzzanti, Antonio Padellaro, Sonia Alfano, Manuel Agnelli, Fiorella Mannoia ( in video), Moni Ovadia, Benny Calasanzio Borsellino. Tra tutte, due domande hanno scandito la manifestazione: perché non sono state pubblicate le intercettazioni tra il Presidente Napolitano e Mancino? Dov’è finita l’agenda rossa di Paolo Borsellino?


VAURO: “LA STORIA HA BISOGNO DI VERITA’” “Qualcuno riguardo alla Trattativa Stato-mafia ha detto che non sono più i magistrati a dover cercare la verità, ma gli storici. – ha affermato Vauro- Ma la storia ha bisogno di verità. La storia è tempo e senza verità il tempo è fermo, finchè la verità, motore della storia, non tracimerà, e ci farà conoscere chi siamo. Io voglio sapere chi sono, io voglio sapere se sono complice o non solo complice. Non sappiamo cosa si sono detti in quelle intercettazioni, ma sappiamo che quando si distruggono le parole si crea il silenzio. C’è una definizione precisa di silenzio: omertà. Il silenzio è omertà.”

TRAVAGLIO: “QUANTO SAPEVA LO STATO DELLA TRATTATIVA?” Dopo Vauro sono intervenuti Sabina Guzzanti, Antonio Padellaro, Sonia Alfano, Marco Travaglio. Quest’ultimo ha affermato che “Tutto quello che dovevamo sapere della Trattativa Stato-mafia lo sappiamo, ci mancano i pezzi che riguardano il livello di consapevolezza di questa trattativa da parte dei pezzi dello Stato di allora, ci manca sapere chi sapeva che cosa, quanti lo sapevano e chi ha ordinato che cosa. Dal maxi-processo la mafia, che non era abituata a vedere condannati i suoi capi, iniziò la sua vendetta colpendo i politici che avevano beneficiato dei suoi voti. Dopo il primo, Salvo Lima, la politica si attivò per trovare un accomodamento con Cosa Nostra: si salva la pelle ai politici e vengono sacrificati i magistrati.

“SENTENZA SU NAPOLITANO ASSURDA” Lo scopo del processo – ha continuato il vicedirettore de “Il Fatto Quotidiano” – è mettere un timbro in nome della Repubblica Italiana e del popolo su una verità che già conosciamo e che prescinde dalla condanna di Tizio o di Caio. La sentenza della Consulta dice che ha ragione il Presidente della Repubblica a chiedere la distruzione delle telefonate intercettate tra lui e Nicola Mancino, ma non c’è scritto da nessuna parte che si possano distruggere. È una sentenza assurda.”

SALVATORE BORSELLINO: “RIDATECI ALMENO LA VERITA’” L’interrogativo che fa più male è, perché dopo vent’anni dalla strage di Via D’Amelio, ancora non si è fatta luce? La frase più significativa dell’incontro di oggi è stata proprio quella di Salvatore Borsellino: “Mio fratello non me lo può ridare nessuno, ma la verità ce la devono dare”.



Di Paola Forcina  (
roma24h.it, 16 dicembre 2012)


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