Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla.
Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare. Paolo Borsellino
Il procuratore aggiunto siciliano: "Con il conflitto di attribuzioni i magistrati sono più isolati". E sulle intercettazioni: "Se passasse il progetto Alfano sarebbe una grave limitazione degli strumenti al contrasto della criminalità". Il collega Teresi: "Ci sentiamo soli davanti alla mafia". Di Pietro: "Questo governo farà quello che B. non è riuscito a fare". Grillo: "E' un esecutivo tecnico, non sono affari suoi"
“Con il conflitto di attribuzione magistrati isolati”. “Credo che il conflitto di attribuzione sia uno strumento, aldilà delle migliori intenzioni di chi lo attiva, che può dare luogo a polemiche equivoci e fraintendimenti, disorientamenti dell’opinione pubblica – dice Ingroia - che coglie nel significato dello strumento tecnico, lo dice l’etimo stesso della parola ‘conflitto’, un clima conflittuale tra le istituzioni. E questo non credo faccia bene alle istituzioni stesse”. “I conflitti d’attribuzione possono costituire una insidia per il clima generale – sottolinea – Ma questa insidia però non inficia affatto la serenità dei magistrati a prescindere certamente dalle strumentalizzazioni che ci sono state e ci sono. Ci sono state polemiche che hanno preso spunto da ogni iniziativa di conflitto dei poteri, per attaccare la magistratura. Questo certamente inasprisce il clima – ribadisce Ingroia – e crea una situazione di maggiore isolamento della magistratura”.
“Più in generale – sottolinea Ingroia – non posso non osservare che questi anni sono stati teatro di reciproche accuse e invasioni di campo. Io credo però che da parte nostra, della magistratura, non ci siano mai stati sconfinamenti; semmai ci sono stati da parte della politica. Detto questo: mi auguro che al più presto possibile si stabilisca un clima di maggiore collaborazione istituzionale”. La trattativa continua? La trattativa sta continuando? “Non abbiamo dati certi” risponde Ingroia. “La seconda Repubblica è nata sui pilastri eretti sul sangue” delle vittime della mafia, aggiunge Ingroia. “Non potrà mai diventare una democrazia matura – spiega – fino a quando non si riuscirà a sapere la verità su quella stagione. Ci si può vaccinare da un peccato di origine, però confessandolo. Se non ci si confessa, non ci si monda da questo peccato originale”. “Dispiacere per D’Ambrosio”. “Non ho provato nessun senso di colpa per la morte di Loris D’Ambrosio, ma profondo dispiacere sul piano umano, questo sì” ammette Ingroia. “Dispiacere – spiega – per la perdita di un collega che conoscevo da tanti anni e che incrociavo nei corridoi del ministero della Giustizia allorquando era capo di cabinetto, facendo parte di commissioni tecniche, che ho apprezzato e con il quale ho collaborato in anni diversi”. Il magistrato ha poi sottolineato che “quando muore un collega che tu apprezzi, ovviamente sei dispiaciuto. So che non c’è e che non può in alcun modo esserci una relazione tra la sua morte e le nostre indagini. Nell’indagine D’Ambrosio era testimone e sempre come testimone era stato sentito. Nessun addebito gli era stato mosso dalla Procura di Palermo, quindi non vedo per quale motivo dovrei mettere in relazione le due cose”, conclude Ingroia. “Con legge Alfano limitazione degli strumenti antimafia”. E poi quel sibillino “ci saranno novità” di Monti sulla questione della riforma della giustizia che coinvolgerebbe anche le intercettazioni, oggetto di “abusi”, ha detto il capo del governo. Una voglia di “riformare” che viene di tanto in tanto alla politica, specie quando viene toccata da vicino. “Sullo specifico tema delle intercettazioni – ha chiarito Ingroia – ribadisco forte preoccupazione qualora si dovesse rimettere in moto il progetto di legge dell’ex ministro Alfano, in parte approvato dal parlamento, perché comporterebbe una grave limitazione agli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata”.
Teresi: “Ci sentiamo soli davanti alla mafia”. Oggi aveva parlato anche un altro procuratore aggiunto di Palermo e segretario distrettuale dell’Anm, Vittorio Teresi. Intervistato da Repubblica aveva detto che i magistrati si sentono soli davanti alla mafia: “Io non so se esiste una strategia politico-istituzionale per fermare la nostra azione ma noi ci sentiamo completamente soli davanti alla mafia. E dico la mafia, perchè qui non ci occupiamo solo della ‘trattativa’”. “Monti deve aver equivocato i fatti – spiega Teresi -. Noi non abbiamo commesso alcun abuso e non vedo alcun profilo di gravità sulle intercettazioni indirette. Nessuno di noi ha parlato di accerchiamento, ma certo viviamo un forte isolamento da quando all’attivazione di procedure istituzionali certamente legittime, su tutta la vicenda è calato un silenzio inquietante da parte delle istituzioni, della politica, della stampa nazionale. In questo paese c’è ancora spazio per la discussione e la critica a queste iniziative (e mi riferisco anche ai procedimenti aperti a carico dei colleghi Scarpinato, Messineo e Di Matteo) o dobbiamo solo aspettare in silenzio il giudizio degli organi preposti?”. Il momento è delicato, spiega, perchè c’è in ballo il cambio ai vertici della magistratura siciliana. “Sia Scarpinato che Messineo sono in corsa per la procura generale di Palermo e, a cascata, la nomina si ripercuoterà sulla guida delle Procure di Palermo e Caltanissetta” e poi “a settembre a Palermo saranno azzerati anche tutti i vertici investigativi dei carabinieri. Verranno trasferiti in quattro e sostituiti con ufficiali senza alcuna esperienza in fatto di mafia”.
Cicchitto: “Mescolano le carte in tavola”. A Teresi aveva risposto il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: “Con tutto il rispetto, anessuno,neanche al dottor Teresi, è consentito di cambiare le carte in tavola. Un conto è la lotta alla mafia che vede mobilitate tutte le forze politiche come testimoniò anche il comportamento del governo Berlusconi e in primo luogo in esso quello dell’allora ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano che firmò – lo ricordiamo anche a chi fa della demagogia sulle scorte – decine e decine di provvedimenti per il 416 bis a decide e decine di mafiosi, un altro conto è il discorso sulle indebite intercettazioni fatte al Presidente della Repubblica. Le due cose sono nettamente distinte e nessuno può fare della demagogia cercando di confonderle”.
Di Pietro: “Monti vuole arrivare dove neanche B. è riuscito”. Al dibattito, all’indomani dell’uscita di Monti, partecipano poi Antonio Di Pietro e Beppe Grillo. “Questo governo, che sta in piedi solo perchè Berlusconi glielo permette, si prepara a fare quel che Berlusconi non era mai riuscito a fare una legge contro le intercettazioni – scrive sul blog il leader dell’Italia dei Valori - Imbavaglierà la stampa, toglierà alla magistratura l’arma principale per combattere la corruzione, terrà i cittadini all’oscuro delle malefatte dei politici. Così saranno tutti contenti: occhio non vede, cuore non duole. Più felici e grati di tutti saranno i corrotti e i mafiosi. Non avranno più niente da temere. Questo scempio si potrà compiere grazie a una pressoché totale complicità da parte della politica e dei mezzi d’informazione”. E per il senatore dell’Idv Stefano Pedica “le parole di Monti, che ha definito ‘gravi’ le intercettazioni di Napolitano sul caso Mancino, sono musica per le orecchie della mafia”.
Grillo: “E’ un governo tecnico, le intercettazioni non sono affari suoi”. Infine Grillo. “La seconda preoccupazione di Rigor Montis” dopo la lotta all’evasione “sono le intercettazioni. Prima obiezione – scrive sul suo sito la guida del Movimento 5 Stelle – non sono affari suoi in quanto rappresenta un governo tecnico. Seconda obiezione: le intercettazioni servono alla magistratura per ascoltare Mancino in dolce colloquio con il Quirinale per il processo di Palermo sulle relazioni Stato mafia (ed è questo forse a turbare Monti), ma anche per combattere la corruzione (e quindi l’evasione fiscale)”.