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Intercettazioni Mancino-Napolitano, il Partito del Quirinale le spara sempre più grosse PDF Stampa E-mail
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Scritto da Simone Ferrali   
Sabato 18 Agosto 2012 15:42

18 agosto 2012. In tutti gli Stati democratici del mondo si stanno facendo delle risate pazzesche: sono venuti a sapere che i pubblici ministeri siciliani sono finiti nel mirino del Partito del Quirinale, per il semplice motivo di aver rispettato la Legge. I nostri stranieri, per divertirsi ancora un po', si sono messi a leggere e ad ascoltare le dichiarazioni dei componenti del PdQ: politici, politologi, giuristi a tempo perso e giornalisti (si fa per dire!), che da quando hanno scoperto che Nicola Mancino è stato intercettato (si badi bene: l'intercettato è Mancino) mentre parlava telefonicamente con Re Giorgio (al secolo Napolitano), hanno iniziato a difendere il Colle, Sragionando più del solito, figuratevi, e sostenendo pubblicamente tesi che una persona normale si vergognerebbe di pensare anche solo in privato. Altre grosse risate grasse...

 

Ma il divertimento straniero lascia subito spazio alla compassione...la compassione per gli avvocati delle cause perse, i lorsignori, i quali hanno il coraggio di affermare che “Il Quirinale è uno dei pochi presidi di questa democrazia” e “Napolitano non viene difeso a sufficienza”, perché “Si mira a far trionfare populismo e antipolitica (come se c'entrasse qualcosa, ndr)”; infine “Attaccare Napolitano significa danneggiare il nostro Paese”. Poi, come non dimenticare che “Il problema è il Colle di 20 anni fa, con Scalfaro”. E se la Costituzione viene calpestata da colui che ne è garante chissenefrega, è sempre meglio “evitare manovre attorno alla presidenza della Repubblica”. Della serie noi siamo noi, e voi non siete nulla, visto che il signor Mancino non ha evitato “manovre attorno alla presidenza della Repubblica”.


Questo è il famoso primato della politica, che distrugge il primato della Legge, e conseguentemente uccide la Democrazia.

 

Sembra quasi che i componenti del PdQ stiano giocando allo scemo, più scemo: quando pensi che un corazziere abbia toccato il fondo con una sua dichiarazione, TACCCC, ne arriva un altro che riesce a dire una sparata ancora più grossa. E via giù di insulti e accuse nei confronti dei pm, rei (secondo i lorsignori) di essere golpisti, eversori, toghe rosse, toghe nere, incapaci e di parte; tra poco verranno accusati anche di essere collusi con il Mossad, Al Queeda, la Cia e, perché no, con Cosa Nostra.

 

Dopo aver taciuto (addolorato) per due mesi sull'argomento, si è risvegliato anche il presidente del Consiglio. Intervistato dal settimanale Tempi (giornale di Comunione e Liberazione), Mario Monti ha preso le difese del Capo dello Stato, dicendo che il Caso Napolitano-Mancino “è grave”; poi, riguardo alle intercettazioni telefoniche in generale, ha aggiunto: “è evidente a tutti che nel fenomeno delle intercettazioni telefoniche si sono verificati e si verificano abusi. Sarà anche un bravo economista, ma non ha mai aperto il Codice Penale in vita sua. Infatti, non si capisce quali siano gli abusi, e chi siano i famosi tutti, ai quali sono evidenti.

 

Ma rimaniamo su ciò che ha detto sul Caso Napolitano-Mancino. Abbiamo già spiegato mille volte che i pm palermitani non hanno commesso nessun reato. L'unica cosa veramente grave è il conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato davanti alla Corte Costituzionale. Quindi a questo punto le opzioni sono due: o i lorsignori sono duri di comprendonio, oppure fanno finta di non capire. Tertium non datur. Ignorando la seconda ipotesi, facciamo finta di credere alla prima e regaliamogli, per l'ennesima volta, una lezione di Diritto Penale:
1- i pm hanno intercettato Mancino e non Napolitano. La voce del presidente della Repubblica è stata registrata indirettamente, quindi non reggono le
arringhe difensive basate sull'articolo 90 della Costituzione e sulla legge 219/89;
2- i pm, anche volendo, non possono stralciare le intercettazioni: devono attendere l'autorizzazione del Gip, che viene data dopo aver fatto ascoltare le registrazioni anche alla difesa. Se un pubblico ministero decidesse di stralciare un'intercettazione di sua iniziativa, il processo potrebbe essere annullato e il magistrato requirente incorrerebbe in provvedimenti disciplinari;
3- non esiste una legge che imponga la distruzione di un'intercettazione (indiretta) contenente la voce del presidente della Repubblica. Questo però l'ha capito pure il Partito del Quirinale, che infatti richiama lo
spirito della legge.
Della serie “
per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”.

 


Simone Ferrali





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