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Lettera da Via d'Amelio - Sulle orme di Paolo PDF Stampa E-mail
Editoriali - Lettere da Via D'amelio
Scritto da Alessandra Creanza   
Mercoledì 01 Agosto 2012 12:52
Caro Giudice Paolo,

mi sono ritrovata spesso con la penna tra le dita e un foglio bianco appoggiato sulla scrivania, nel tentativo di scriverle quello che provo, le mie emozioni, i miei pensieri. Ho iniziato con il “Caro Giudice Paolo” e l’attimo successivo ho accartocciato il foglio non sapendo come, da dove iniziare a scrivere o semplicemente perchè gelosa di esternare a terzi quello che in cuor mio provo per Lei. Oggi tento di riscriverle nella speranza che, almeno questa volta, riesca ad esternare il profondo sentimento che nutro nei suoi confronti e di riuscire a dirle parte di quello ho dentro.

Le ho parlato spesso, anche ad alta voce, guardando il quadro che ho appeso nella mia stanza in cui è raffigurato lei e il suo collega e amico, Giovanni Falcone. Dinanzi a quel quadro ho pianto, mi sono soffermata a pensare. Talvolta mi sono domandata con insistenza: “Perché?” “Perché?”, nel tentativo di trovare una risposta. Giudice Paolo, io non l’ho mai conosciuta, quando con una bomba hanno fermato il suo corpo, ma non le sue idee, in via D’Amelio in quel maledetto 19 Luglio 1992, avevo poco più di 7 mesi ed ero lontana da lei migliaia di chilometri, essendo io nata a San Pietroburgo (Russia). Talvolta ho pensato anche: “Chissà, se fossi stata grande all’epoca e fossi nata a Palermo in qualche modo avrei cercato di starle vicino, così come cerco di stare vicino ai Magistrati che con professionalità e intrepido coraggio lavorano per ricercare la Verità sulla Trattativa Stato-Mafia e sulla sua stessa morte”. 
Avrei voluto conoscerla, stringerle la mano, dirle di persona che le voglio bene e invece non posso farlo, se non in questa sede, perché dei vili hanno tolto a me, e a molti altri, la possibilità di farlo di persona. Spesso guardo i video sulla strage, quella nella quale lei ed i suoi Angeli ha perso la vita e inevitabilmente scoppio in un pianto straziante che scaturisce dalla rabbia di non poterle parlare, ascoltarla, guardarla negli occhi e imparare da lei tutto quello di cui era a conoscenza, di non poter osservare quel suo sorriso che trasmetteva serenità, speranza, gioia. La stessa rabbia che però non mi rassegna, che mi spinge ad andare avanti e lottare per quei valori in cui Lei stesso credeva e a cui è rimasto fedele fino all’ultimo suo respiro. Tanti sono stati i momenti di sconforto, le delusioni, ma ho cercato sempre di seguire il suo esempio e talvolta mi sono rimproverata dicendomi che la stavo deludendo, che non era quello che lei si aspettava da me. Così mi sono rimessa in cammino convinta, quale sono, che solo con la volontà, il coraggio e la caparbietà riuscirò a realizzare i miei sogni, riuscirò a vincere le mie, seppur ancor piccole, battaglie.

Quest’anno anche io, come in molti, ero a Palermo nelle giornate 17/18 e 19 Luglio. Il 17 luglio ho giocato insieme ai miei compagni e amici del movimento Agende Rosse “contro” i Magistrati. Mi ero ripromessa, forse scioccamente, di segnare, per Lei, per gli stessi Magistrati con cui mi stavo “scontrando”, ma senza riuscirvi, nonostante l’impegno. Sono uscita dal campo delusa, delusa per il fatto di non aver mantenuto fede alla parola data, e le confido che ero anche un po’ su di giri: i suoi colleghi erano stati un po’ troppo fallosi! Ad ogni modo, al di là del risultato (11 a 2 per i Magistrati), voglio che sappia che ho giocato per lei e per i suoi colleghi che oggi nonostante le delegittimazioni, attacchi mirati continuano a ricercare la verità sui fatti più inquietanti della nostra Repubblica.

Il 18 Luglio, pur essendo molto stanca, mi sono svegliata presto, intorno alle 6.00. Alle 8.00 uscì dal b&b nel quale alloggiavo, e mi recai al Palazzo di Giustizia, dove si sarebbe tenuto di lì a poco il Presidio delle Agende Rosse. Non potevo mancare, dovevo far sentire, come avrei voluto fare con lei, la mia vicinanza ai suoi colleghi Di Matteo, Sava, Del Bene, Ingroia. Arrivate le 11.00 entrai all’interno del Palazzo per seguire il processo a Dell’Utri. Sono entrata nell’aula con la mia Agenda Rossa e con la maglietta di “Cittadinanza per la Magistratura”. Mi sentivo un po’ in imbarazzo (l’abbigliamento forse non era consono al luogo ove mi trovavo), ma volevo lanciare un messaggio specifico, non so bene se a Dell’Utri, ai Magistrati o ad entrambi. A dell’Utri il messaggio era che io, così come i miei amici del Movimento Agende Rosse siamo presenti, sempre accanto ai nostri Magistrati e ai Magistrati per far sentire loro che appunto non sono e non si devono mai sentire soli. Il processo finì tardi, sarei dovuta andare in via D’Amelio alle ore 15.00 ed erano già le 16.00 passate. Un suo collega e, credo di poterlo dire, mio amico mi diede un passaggio in via D’Amelio. Speravo di trovare qualcuno pur sapendo che i mie amici delle Agende Rosse fossero già al Castello Ultveggio. Dopo esser scesa dalla macchina e dopo aver salutato il mio amico, mi diressi verso il Monte Pellegrino. Non sapevo se salire o no al Castello, dato che un mio amico delle Agende Rosse, Vito, mi avvisò che stavano per scendere, e visto anche che avevo i muscoli indolenziti dalla partita della sera del giorno precedente, ma non potevo mancare al rito della scalata sul Monte Pellegrino, che già avevo scalato lo stesso giorno dell’anno precedente. Ho sfilato dalla mia borsa l’Agenda Rossa, ho pensato a lei, Giudice Paolo, e ho cominciato a camminare lungo il sentiero che porta al Castello. Mi sono fermata spesso ad osservare la sua e direi ormai anche mia, amata Palermo. Pensavo a quanto fosse bella, ma anche a quante persone oneste erano morte per vie della Città. Arrivata quasi a destinazione, incrociai i miei amici delle Agende Rosse che scendevano e mi accodai a loro. Tornati ai piedi del Monte Pellegrino prendemmo il pullman cittadino e tornammo al B&B. Dopo una breve pausa (il tempo di cambiarmi) insieme ad altri 3 amici ci recammo in direzione del Corteo, che era già partito. Il corteo era a circa 1km dalla Facoltà di Giurisprudenza dove alle 20.30 si sarebbe tenuta la Conferenza organizzata da AntimafiaDuemila. Mi fermai, ero davvero stanca e i dolori ai muscoli delle gambe erano diventati più accentuati; i miei amici si diressero verso il corteo. Ho pensato nuovamente a lei e se era vero, com’è vero, che sono una “guerriera” dovevo dirigermi anche io verso il corteo e accodarmi alle Agende Rosse. L’ho fatto, mi sono incamminata verso il corteo e ho proseguito insieme loro nuovamente verso la Facoltà. Ho urlato con quanto fiato avevo in gola e con tutta la rabbia che avevo dentro “Fuori la mafia dallo Stato”, “Paolo, vive e lotta insieme a noi. Le sue idee non moriranno mai!”, “Fuori l’Agenda di Paolo Borsellino” quasi non sentivo più la voce delle persone che mi circondavano. Volevo fare sentire a tutta Palermo, tutta l’Italia quello che sentivo dentro, quello che spero si avveri al più presto. Arrivati alla Facoltà dopo qualche minuto, mi sedetti ad ascoltare i relatori del Convegno. C’erano il Dott. Antonio Ingroia, Nino di Matteo, Roberto Scarpinato, alcuni giornalisti di AntimafiaDuemila e suo fratello, Salvatore. Ho ascoltato con interesse le varie relazioni quando era arrivato il momento di Salvatore. Ascoltavo le sue parole e, come sempre m’accade quando parla suo fratello, mi salì un nodo in gola finché non scesero dai miei occhi lungo sul mio viso lacrime nel sentire pronunciare il suo nome e soprattutto quanto lei credeva in noi giovani. Terminata la conferenza tornai al b&b per riposare, sapevo che il giorno dopo sarebbe stata la giornata che avrebbe segnato - 20 anni - dal giorno della sua morte. 20 lunghi anni trascorsi tra mezze verità.

Mi svegliai presto anche il giorno 19 il tempo di un cornetto con caffè-latte, di lavarmi e vestirmi ed ero al Palazzo di Giustizia. Ero in anticipo, alle 11.00 nell’aula magna dedicata a Lei, Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, si sarebbe tenuta la sua commemorazione organizzata dall’ANM. Alle 11.00 in punto entrai nell’aula e mi sedetti. Iniziai a vedere cose che non mi sarei mai immaginata di vedere: politici entrare nell’aula neanche se stessero entrando in un Bar e giornalisti in massa armati di microfoni, registratori, telecamere, macchine fotografiche pronti per tempestare di domande qualunque “rappresentate delle istituzioni” entrasse nell’aula. Era un caos allucinante dentro l’aula, ero impietrita nel guardare quello scempio nel giorno della sua commemorazione. Qualche minuto dopo chiusi gli occhi per un istante e la vidi. Riaprì gli occhi e pensai che non potevo stare lì e continuare a guardare quello che stava accadendo. Avrei voluto lanciare un urlo per richiamare tutti i presenti nell’aula: giornalisti, magistrati, politici, agenti delle forze dell’ordine per ricordare loro che eravamo lì per lei, solo per Lei e non per fare sfilate, rilasciare interviste e chiacchierare del più e del meno su cosa avessero fatto il giorno precedente. Non l’ho fatto, non ho lanciato l’urlo, ero arrabbiata, molto. Scoppiai a piangere, mi alzai e uscii dall’aula. Scesi al piano terra e mi avvicinai alle statue, site nel corridoio, che raffiguravano lei in piedi vicino a Giovanni Falcone seduto sulla panchina. Guardai la statua che ritraeva la sua figura e dissi: “Mi dispiace, forse sto sbagliando ad andarmene, ma io sono venuta per lei e coloro che stanno dentro quell’aula, salvo alcuni, non mi sembra la pensino tanto…”. Ho continuato a pensare a lei guardando la statua ancora per qualche attimo prima di ricordarmi che in via D’Amelio c’erano i miei amici e compagni del Movimento delle Agende Rosse. Presi il pullman cittadino e li raggiunsi. Dopo una breve pausa pranzo, brevissima dal momento che non mangiai quasi nulla, raggiunsi gli altri avvicinandomi il più possibile al palco sito in fondo via D’Amelio. La via iniziò a riempirsi di gente, iniziarono a venire i Magistrati che sarebbero dovuti intervenire dal palco leggendo una lettera a lei indirizzata. Iniziarono a venire anche qualche politico cui io e altri voltai loro le spalle come segno di protesta e di quasi disprezzo nei confronti di chi in tanti anni non ha fatto altro che andare contro la magistratura, che hanno fatto dell’essere omertosi il loro cavallo di battaglia, di chi qualche ora prima e anche in quel momento era lì magari solo per farsi riprendere da qualche giornalista armato di telecamera. Alle 15.30, forse poco più, iniziarono a leggere le loro lettere, a lei indirizzate, i suoi colleghi e amici. Tutte lettere forti, sentite, vere come solo possono essere le parole di chi l’ha conosciuta e condiviso i suoi stessi ideali e valori. Dopo il minuto di silenzio alle 16.58 seguirono sul palco gli interventi dei suoi familiari e di quelli di Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina. Poi fu la volta dell’orchestra Sinfonica Infantile “Falcone e Borsellino” e a seguire Marco Travaglio e Daniele Silvestri.

Il giorno 20 tornai a casa con rammarico: lasciare Palermo, i miei Magistrati, i miei amici e compagni delle Agende Rosse mi rende sempre triste. Non reputo importanti le 3 giornate a Palermo perché si ricorda lei e i suoi Angeli, io vi ho bene impressi nella mia mente e siete con me sempre, in ogni attimo del mio vivere quotidiano e non solo il 17/18 e 19 Luglio. Sono importanti perché sono gli unici giorni in cui io e i miei amici possiamo incontrarci per stringerci attorno ai nostri magistrati e chiedere verità e giustizia sotto un unico grido e in un’unica voce. I giorni successivi alle 3 giornate a Palermo sono stati per me quasi traumatici. La notizia che il Dott. Ingroia sarebbe andato in Guatemala mi ha lasciata di stucco. Non me l’aspettavo. Ero arrabbiata, poi ho cercato di comprendere pur non condividendo la sua scelta. Lei mi ha insegnato ad amare, ma anche a saper comprendere. Poi è arrivato l’attacco frontale al Dott. Scarpinato e non ci ho visto più. Son uscita fuori di senno. Mi sono calmata solo quando ho parlato con lei. Ho pensato a cosa lei avrebbe fatto al posto mio. Ho capito cosa dovevo fare: andare avanti, non mollare e continuare a battermi per quello in cui credo, certa che lei avrebbe fatto lo stesso.

Giudice Paolo, tante sono ancora le cose che vorrei scriverle, ma mi rendo conto che non basterebbero solo queste 3 pagine. L’averle scritto le mie emozioni, sensazioni e pensieri delle 3 giornate a Palermo vogliono essere un modo per descrivere quello che faccio e sento anche dove vivo e in ogni luogo in cui mi trovi. Qualsiasi cosa io faccia Lei e tutti coloro che hanno dato la loro vita per amore dei loro simili, che hanno reso le nostre coscienze più sveglie e i nostri cuori più sensibili, è sempre nei miei pensieri. Voi siete le orme che seguo e che continuerò a seguire, sempre qualsiasi cosa accada.

Con profondo affetto.


Alessandra Creanza



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