“Via D’Amelio mi ha distrutto la vita. E’ una brutta pagina della storia del nostro Paese. Mi chiamò l’ex presidente
Cossiga un mese prima di morire, in quella telefonata mi disse: ‘la storia di via D’Amelio è da colpo di Stato’” Ha anche aggiunto “Mi vergogno di essere italiana”. La dichiarazione è uno stralcio dell'intervista di
Agnese Borsellino, a Left, in edicola il 4 novembre insieme a L’Unità.
Le parole della signora Agnese Borsellino fanno sanguinare una mia ferita mai rimarginata: una ferita aperta con
Calogero Zucchetto e riacutizzatasi con la morte di
Chinnici, Cassarà, Montana, Antiochia, Mondo, Falcone, Borsellino e tutti i ragazzi della scorta. Troppi morti innocenti, troppi onesti servitori di uno Stato imbelle, incapace e in parte colluso con la mafia, che non ha voluto e saputo salvare i propri figli. Le parole della signora Agnese dovrebbero far riflettere questo mondo politico che ha perduto l'onore della rappresentabilità, calpestando sentimenti e aspettative di un intero Popolo che chiede giustizia. Non è solo la signora Agnese che la chiede, siamo tutti noi che urliamo verità. Eppure, le sole risposte che questo mondo politico sa dare, sono espressioni effimere e nello stesso tempo di segno contrario ad una lotta energica verso la criminalità organizzata. E, pur tenendo conto del principio che “ si è innocente sino alla condanna definitiva” non è eticamente congruo, aver parlamentari condannati che siedono in quegli scranni appartenuti ad altri uomini di alto spessore morale; non è politicamente corretto che vengano nominati ministri in odor di mafia. Non sono queste le risposte che uno Stato deve dare ai suoi cittadini. Non sono queste le risposte che la signora Agnese Borsellino attende dalle Istituzioni: sono 19 anni che in silenzio attende giustizia. Silenzio interrotto con una dichiarazione resa nel mese di ottobre del 2009 ed oggi. La signora Agnese chiede soltanto di conoscere chi e per quale motivo un marito e padre non tornò più a casa. E, se a questo si aggiunge il sospetto che Borsellino morì per “mano amica”, ovvero con la complicità di pezzi dello Stato, ha ben donde di “vergognarsi di essere italiana”. Anch'io mi vergogno e dovrebbero vergognarsi tutti gli uomini onesti di questo Paese.
Ho lavorato con Paolo Borsellino e ne ho apprezzato la schiettezza, il vigore e l'amore col quale stava tentando di scoprire mandanti ed esecutori della strage di Capaci. Ma è anche vero che la sofferenza per la perdita di Giovanni Falcone, condivisa da tutti noi incaricati di coadiuvarlo, era segnata nel suo volto e nel nervosismo dei suoi gesti. Aveva fretta, tanta fretta Borsellino di condurre le indagini e in quell'ultimo venerdì della sua vita, sono convinto che se fosse stato possibile avrebbe condotto ad oltranza l'interrogatorio di
Mutolo. Sapeva che il tempo era tiranno.