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Fabio Repici: 'La proposta di destituire Gioacchino Genchi dalla Polizia è scandalosa' PDF Stampa E-mail
Editoriali - In evidenza
Scritto da Fabio Repici   
Martedì 30 Novembre 2010 21:34
Per rispetto delle regole del galateo professionale, forse sarebbe stato il caso di tacere in quest’occasione. Perché chiunque potrebbe dire, o anche soltanto malignamente sussurrare, che io mi pronuncio perché sono il difensore di Gioacchino Genchi. E, quindi, è scontato che ne prenda le difese anche nel dibattito pubblico. Confesso che proprio per questo avrei voluto tacere.
   
Poi ho pensato che la proposta di destituzione di Gioacchino Genchi dalla Polizia di Stato è un’evenienza così scandalosa che tacere sarebbe il peggior tradimento del mio ruolo di cittadino fedele ai principi della nostra Costituzione.
   
Da quando ho conosciuto Genchi, in verità, ho temuto che prima o poi qualcuno gli avrebbe fatto pagare tutto quello che di buono egli ha fatto in giro per i palazzi di giustizia di tutt’Italia nell’interesse dell’accertamento della verità. Anche – se non soprattutto – nei casi in cui la verità era indicibile. La vera colpa di Genchi è, dopo aver afferrato spezzoni di verità come solo lui è stato capace di fare – perché le sue capacità gliele riconoscono prima di tutto i suoi detrattori –, di aver osato pronunciarle, certe verità indicibili. Vedete, se Genchi avesse concorso ad uccidere Aldrovandi oppure avesse calunniato e bestialmente pestato i ragazzi che manifestavano contro il G8 di Genova oppure avesse depistato le indagini sulla strage di Via D’Amelio per impedire di individuarne i mandanti estranei a Cosa Nostra, se Genchi avesse fatto qualcosa del genere domani non comparirebbe davanti al consiglio di disciplina per sentire pronunciare la sua destituzione dalla Polizia. No, in quel caso per Genchi ci sarebbero state solo promozioni. Come è accaduto per uno dei depistatori di via D’Amelio, il dr. Ricciardi, che naturalmente è diventato questore. O come è accaduto per il dr. Gratteri (Francesco, ndr.) e gli altri torturatori di Genova. Né, naturalmente, Genchi ha subito condanne rovinose per reati infamanti: in quel caso lo avrebbero fatto, ad honorem, comandante del R.o.s. dei Carabinieri.
   
Invece no: Genchi non solo non ha ricevuto promozioni ma, poiché su Via D’Amelio è stato proprio l’operato di Genchi a spalancare gli scenari che andavano tenuti seppelliti nell’oscurità, ora lo Stato gli presenta il conto. L’anticipo gli era stato preannunciato niente meno che dal più grosso puttaniere d’Italia, Silvio Berlusconi, il quale, trovandosi un giorno libero da impegni con Patrizia D’Addario o con Ruby Rubacuori, disse che Genchi era “il più grande scandalo della storia della Repubblica”. Lo disse proprio lui, Berlusconi. E così per sovrapprezzo Genchi si trovò indagato da un magistrato al di sotto di ogni sospetto come Achille Toro e dal corpo investigativo più deviato della seconda Repubblica, per l’appunto il R.o.s. di Mori, Ganzer, Obinu, De Caprio, ecc..
   
E poiché non c’era nulla da contestare a Genchi, il Ministero dell’Interno ha trovato che egli deve essere cacciato dalla Polizia di Stato perché ha oltraggiato l’onore di Silvio Berlusconi, con l’aggravante di averlo fatto al congresso di un partito pericolosamente legalitario come Italia dei Valori. Vi chiederete: come si fa a oltraggiare l’onore di uno che l’ambasciata statunitense in Italia – non propriamente un circolo talebano – considera un puttaniere psicopatico? Il ministro Maroni lo avrebbe potuto spiegare quando ha imposto la sua presenza nel programma di Fazio e Saviano ma lì ha preferito turlupinare gli italiani per difendere l’immagine del suo piccolo partito razzista e secessionista.
   
Quello che si vuole è, in realtà, la morte civile di Genchi e, insieme a questa, l’insegnamento a qualunque magistrato o investigatore che, a cercare verità troppo scomode per il potere, si finisce male.
   
Solo che così è la cifra morale della nostra Repubblica a finire sotto i tacchi, in un clima cupo come nemmeno il Contesto di Sciascia. L’eventuale destituzione di Genchi suonerebbe come la certificazione che per un pericoloso incensurato come lui non c’è spazio nelle istituzioni. Fosse stato un pregiudicato, come Roberto Maroni, lo avrebbero fatto Ministro dell’Interno.
   
Per questo domani sapremo se la nostra Costituzione è ancora in vigore o se viviamo in uno Stato criminale che ha bandito, definitivamente, il principio di legalità. Il passo successivo sarebbero Marcello Dell’Utri e Salvatore Cuffaro senatori della Repubblica.
   
Ah, mi avvisano che quei due sono davvero senatori. Ecco un’altra colpa di Genchi, allora. È anche grazie a lui che quei due, come tanti altri banditi di Stato, sono stati condannati.


Fabio Repici (30 novembre 2010)









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