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Quel fresco profumo di libertà PDF Stampa E-mail
Editoriali - In evidenza
Scritto da Giovanni Mancuso   
Giovedì 16 Settembre 2010 08:59

Quel fresco profumo di libertà
(quando anche la musica non ne può più)


In principio fu la pancia di Cuffaro

La scintilla scoppiò un caldo sabato di maggio del 2006.

Il Conservatorio di Palermo, non certo famoso per la pulizia dei suoi locali, era stato improvvisamente tirato a lucido. Quando raggiungo la nuova porta d'uscita (chiusa quella poco trionfale di Via Squarcialupo) una folla eccitata sta adorando una pancia che per un attimo, nel tripudio della calca, mi si struscia contro.

Un tocco fatale.

L'immagine di Cuffaro, divinità baciante, e della sua corte di adoratori inchinati mi si fissa nell'immaginazione come una sorta di punto di non ritorno.

Dal quel momento le mie letture su Cosa Nostra e sui rapporti tra mafia e politica sono naturalmente confluite nella scrittura musicale. Confidavo, ad un livello più alto, che ci fosse la possibilità di una qualche relazione tra la “matematica” di questi sistemi criminali e di potere e le strategie complesse della composizione.

Difronte ad una vera emergenza mafiosa in Italia, difronte ad un sistema che come una geometria frattale si presenta identico dalle più piccole dinamiche sociali fino alle reti più grandi, era impossibile non far entrare quelle voci nel mio lavoro.

Di qualcuno di questi lavori racconterò.

“Signor Giudice, se io le dico certe cose lei sarà ammazzato e io sarò preso per pazzo”

L'emblematica frase che Buscetta rivolse a Falcone mi sembrava il paradigma di una rete collaudata nel quale il livello più alto del sistema criminale di patti e ricatti tanto più poteva godere dell'impunità quanto più inaudite fossero le sue responsabilità.

Ma la maschera al quale dedicare il brano non poteva che essere lui: il vasa-vasa pacioccone e devoto per il quale il pubblico ministero aveva appena chiesto otto anni per favoreggiamento alla mafia.

Il pezzo presentava un risvolto teatrale affidato ad una misteriosa “giuria popolare” che si sarebbe svelata solo durante l'esecuzione.

Un piccolo coro tragico di persone comuni, cittadini, ragazzini durante il concerto alle Sale Apollinee del Teatro La Fenice si unisce all'ensemble strumentale per declamare, cantare e urlare un testo collage nel quale risuonano le parole di Rosaria Schifani e di Letizia Battaglia lanciate con violenza contro un muro di “normalità” che filtra qualsiasi sconcerto e indignazione e attutisce il desiderio di verità.

Mancino, ricorda!

Ho l'impressione che molte “menti raffinatissime” in Italia si mordano le mani per non aver ancora a disposizione una sorta di cancellino temporale che, dal computo dei giorni e delle ore, potesse spazzare via qualche data o perlomeno qualche ora il cui contenuto ancora giace con un punto interrogativo sul calendario.

Uno di questi è quel famoso 1° luglio 1992 annotato nell'agenda grigia di Paolo Borsellino (quella rimasta) con “ore 19,00 Mancino”.

L'incontro viene da alcuni ritenuto come il momento in cui venne prospettata a Borsellino una trattativa con Cosa Nostra.

Mettendosi di traverso a questa trattativa il giudice avrebbe così firmato la propria condanna a morte.

Agli interrogativi circa un incontro con Borsellino, Nicola Mancino ha sempre risposto smentendo o dichiarando di non poter ricordare.

Un legittimo dubbio però mi spinge a tentare strade alternative spingendo verso forme d'arte e di ricerca alcuni aspetti della musicoterapia.

Così, per l'occasione improbabile di un festival di musica antica dedicato alla viola da gamba, preparo una “musicoterapia ipnotico-regressiva” quale ultimo e disperato tentativo di riportare il sen. Mancino alla memoria dei fatti di quella data oscura.

L'esperimento viene poi riproposto altre tre volte – una trascrizione per diverso organico e una seconda seduta di terapia aggiornata – purtroppo senza esiti positivi.

Chi ha paura di Salvatore Borsellino?

L'occasione per affrontare il nodo cruciale della recente storia italiana, la strage di Via D'Amelio, arriva dalla Biennale Musica di Venezia il cui direttore artistico mi commissiona un brano per voce ed ensemble. L'idea iniziale era quella di recuperare il materiale di una mia opera ispirata a Zappa- “Obra Maestra”, la cui prima esecuzione era stata funestata da una serie innumerevole di manomissioni operate dal regista. L'incalzare però delle notizie circa la riapertura delle indagini sulla strage del 1992, la comparsa di Spatuzza, il crollo definitivo di Scarantino e in definitiva l'urgenza di un motivo così forte mi fecero dirottare completamente verso un testo di Salvatore Borsellino che era un affresco inquietante e lacerante dell'episodio e che lanciava, con una chiarezza che all'epoca scandalizzava forse ancor più, l'ipotesi di una strage di stato.

Accolta la nuova ipotesi di lavoro da parte della Biennale mi affretto a consegnare il testo di Salvatore (“Lampi nel Buio”) e il titolo: “July 19th or How to establish a second Republic founded on the blood of a State Massacre”.

Il lungo testo sarebbe stato musicato interamente, come una sorta di orazione civile o come un racconto radiofonico, nella traduzione inglese (realizzata con rara sensibilità da Christina Pacella) per superare idealmente le barriere di una patria sorda e rivolgermi al pubblico internazionale del festival.

Forse dimenticato per mesi in un cassetto, il brano, nell'avvicininarsi il giorno dell'esecuzione, comincia ad irritare qualcuno.

E così, attraverso una serie di tentativi di “abbassare i toni” e di disinnescare l'attualità del progetto, nel timore di querele o ritorsioni, la Biennale cerca inutilmente di smarcarsi e di far firmare agli autori o addirittura al solo autore del testo una “manleva” che li rassicuri.

Una censura totale sarebbe un clamoroso autogol quindi, all'insaputa di autori ed esecutori, meglio sostituire nei programmi di sala il lungo titolo con un assurdo “19 Luglio” e impedire la stampa del testo.

Gran parte del pubblico non capirà le parole cantate dall'ottimo interprete Romain Bishoff.

Ma è il finale che sembra emblematico di un'autocensura che in Italia rassicura sempre il potente: ad un minuto dall'entrare in scena arriva “l'ordine di non far salire sul palco Salvatore Borsellino”.

Terminata l'esecuzione chiamo sul palco Salvatore. Lui alza l'agenda rossa, il simbolo della ricerca di verità e giustizia, e comincia a raccontare il testo sottratto al pubblico: “...quando un compositore si ispira alla primavera, tutti hanno coscienza dei fiori, della natura che rinasce; quando un compositore parla di via d'Amelio pochi hanno coscienza degli odori, del rumore, della violenza di una strage...”

Cinque lunghissimi minuti a raccontare di Paolo Borsellino, di Emanuela Loi, di Eddie Walter Cosina, di Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Agostino Catalano e della perversa strategia di depistaggio del più grande dei misteri italiani.

Mentre un nervoso e iterato tossire dal fondo della sala segnalava l'irritata indisponenza del potere.


(Giovanni Mancuso, Peace Reporter - Settembre 2010)




Quel fresco profumo di libertà
(quando anche la musica non ne può più)


Un progetto di Giovanni Mancuso
Ensemble Laboratorio Novamusica

X Festival Luigi Nono - Trieste 12 Dicembre 2009

 
 

 

QUEL FRESCO PROFUMO DI LIBERTA'
(quando anche la musica non ne può più)


12 dicembre 2009, Trieste. Può un brano musicale concepito come una inedita seduta di musicoterapia ipnotico-regressiva riportare il sen. Mancino alla guarigione da oblio selettivo?

Immaginare il sen. Dell'Utri come cantore di dieci serenate dedicate ad altrettanti esponenti di Cosa Nostra può rappresentare un ultimo disperato tentativo di far conoscere una innominabile sentenza di primo grado?

E' possibile comporre un surreale dirottamento musicale da Oh che bel castello verso quel ben più macabro castello che sovrasta Via d'Amelio?

Si possono trasformare alchemicamente le due parole “Forza Italia” sostituendo l'orrido “ORZ” con la ben più nobile “ARS”?

Perchè quel popolo inferocito che urlava la sua rabbia ai funerali di Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano è stato disperso dall'ipnosi catodica di quei manovratori che ancora oggi non solo trattano con la mafia ma ne ostentano cinicamente l'opulenza sfrenata?

Perchè ad un festival internazionale di musica contemporanea italiano si nega al pubblico un testo di Salvatore Borsellino utilizzato per una composizione musicale?

Perchè il direttore di quello stesso festival nasconde il titolo di quella composizione e cerca in tutti i modi di impedire a Salvatore di salire sul palco?

Perchè la musica che si dice “contemporanea” non dovrebbe parlare della contemporaneità?

E infine, perchè quel puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità, quindi complicità non ci spinge tutti a manifestare il nostro diritto alla dignità, al respiro della libertà nei posti di lavoro, nelle piazze o nelle sale da concerto?

Ricordate come esordì Paolo Borsellino la sera del 25 giugno 1992 al dibattito organizzato da Micromega a Palermo?
“Io sono venuto questa sera soprattutto per ascoltare.”

Sabato sera lo vorrò immaginare in sala, seduto ad ascoltare, con quello sguardo lungo e infinito, una musica serena che ancora non possiamo scrivere.


Giovanni Mancuso (dal BLOG 'laboratorionovamusica')
(note di sala del concerto del 12 dicembre 2009)


Ringrazio di cuore Pierpaolo Zurlo,
organizzatore coraggioso di questo concerto
e gli straordinari musicisti del Laboratorio Novamusica.



 
 

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gianluigi placella   |2010-09-16 20:13:22
Perché dove non arrivano le parole, possa arrivare la musica a portarci il
bisogno e il piacere della libertà.

Grazie, Giovanni, della tua strada.
Christina P   |2010-09-17 10:05:40
Caro Giovanni, la tua musica e' la liberta' che scaturisce dalle chiavi di un
pianoforte; a differenza dell'uomo, seppur bianche e nere riescono a produrre
un'armonia tanto intensa quanto" pericolosa". Mettono a nudo sentimenti
e pensiero. La musica comunica verita', le note non sanno mentire e nessuno puo'
metterle in dubbio. La musica ha il potere di unire e sappiamo bene che un
popolo unito e' un popolo consapevole, forte che alza la testa davanti alle
ingiustizie per pretendere i suoi sacrosanti diritti. In questa Italia tutto
cio' che unisce va fermato perche' ci vogliono isolati, soli in balia di una
catastrofe sociale ed economica che divora l'individuo lasciandolo in un baratro
di disperazione dove la reazione determina la rovina della propria esistenza. Un
ricatto subdolo che miete vittime ancora inconsapevoli, che si consolano davanti
alla tv dei loro carnefici. Grazie Giovanni per la tua passione ed il tuo
talento. Spero tanto che le note del tuo pianoforte arrivino ad aprire la porta
di questa gabbia che tiene imprigionata la capacita' di pensare e agire.

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