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Attentato a Borsellino, si riapre il mistero della 126 PDF Stampa E-mail
Documenti - I mandanti occulti
Scritto da Repubblica-ed.Palermo   
Mercoledì 22 Aprile 2009 13:44
Sarebbe attendibile Gaspare Spatuzza, il boss aspirante collaboratore di giustizia che ha dichiarato di aver rubato l'auto usata per piazzare l'esplosivo che uccise il magistrato in via D'Amelio. La procura di Caltanissetta ha avviato una nuova inchiesta sull'attentato: questo particolare apre alcune crepe sul processo che si è già concluso definitivamente per mandanti ed esecutori della strage

Le dichiarazioni del boss Gaspare Spatuzza, aspirante collaboratore di giustizia, sarebbero state riscontrate in tutti i punti che riguardano la strage di via D´Amelio, in cui venne ucciso il procuratore aggiunto Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. La procura di Caltanissetta da mesi ha avviato una nuova inchiesta sull´attentato. Il dichiarante ha detto di aver rubato lui l´auto che poi sarebbe servita al commando per piazzare l´esplosivo. E questo particolare apre alcune crepe sul processo che si è già concluso definitivamente per mandanti ed esecutori della strage.

Perchè fino adesso ad accusarsi del furto dell´auto erano stati in due, Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino, entrambi collaboratori di giustizia. Adesso Spatuzza ribalta tutto. E dopo un confronto che i pm di Caltanissetta hanno fatto fra Candura e Scarantino, il primo ha ammesso di aver mentito in passato sul furto dell´auto. E per questo motivo Candura è adesso indagato per auto-calunnia e Scarantino per calunnia. Le novità che sono emerse negli ultimi mesi, saranno oggetto di un incontro fra i pm delle procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, che sono coinvolte in indagini a cui ha dato un contributo il dichiarante Spatuzza.

La storia della 126 imbottita di esplosivo è uno dei misteri del processo Borsellino. Nelle immagini, girate dai vigili del fuoco nell´immediatezza, non c´è traccia del blocco motore dell´auto attraverso la quale si sarebbe poi risaliti a Candura e allo stesso Scarantino. La loro versione condusse alla condanna all´ergastolo, poi cancellata in secondo grado, del meccanico che avrebbe avuto in custodia l´auto. A Candura si arrivò indagando su un caso di violenza carnale e dopo le sue prime ammissioni la polizia giunse all´arresto di Scarantino, protagonista di numerosi cambi di rotta tanto da vedersi revocato il programma di protezione. Secondo altri collaboratori di giustizia l´auto, inoltre, non sarebbe stata utilizzata per innescare l´esplosivo. La carica sarebbe stata sistemata in un bidone di calce.


(22 aprile 2009)
 
Repubblica-ed.Palermo

 Foto da Repubblica.it


Vedi anche:


Giovanni Bianconi
Il pentito e le stragi. La nuova verità che agita l'antimafia
in Corriere della sera, 22 aprile 2009




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