"Dopo aver appreso da notizie di agenzia della sua decisione a candidarsi alle prossime europee nella lista dell’Italia dei Valori abbiamo raggiunto il Dott. de Magistris a Fano e lo abbiamo intervistato a margine dell’incontro “Quel fresco profumo di libertà” organizzato dall’associazione “Res-Publica” e al quale hanno partecipato come relatori anche Salvatore Borsellino, Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, questi ultimi due autori del libro La società sparente.
Ad accogliere il Dott. de Magistris una sala gremita (quasi mille persone), che ha ascoltato con estrema attenzione le motivazioni che lo hanno spinto ad accettare la proposta dell’on. Di Pietro. Applaudendo la scelta e comprendendone le ragioni profonde, seguite alla lunga serie di violenti attacchi perpetrati contro di lui e contro le sue indagini e alle immotivate sanzioni disciplinari con le quali si è, a tutti gli effetti, fermato il suo lavoro. E proprio mentre dalle sue inchieste emergeva l’esistenza, in Italia, di una nuova P2, ancora più organizzata e pericolosa della prima proprio perché infiltrata in settori determinanti della magistratura.
Vi proponiamo, in anteprima, la prima clip della nostra intervista nella quale il Dott. De Magistris spiega i motivi della sua scelta. Sicuramente sofferta, visto il vero e proprio “amore”, come lui lo stesso lo definisce, per il lavoro di magistrato che è stato costretto a lasciare. Ma anche, sicuramente, determinata, come determinata è la sua volontà di proseguire nella ricerca della Verità su tutti i misteri che caratterizzano il nostro Paese, a partire dalle stragi del ’92 e del ’93, e su quegli intrecci di potere occulto che, di fatto, continuano a governarlo. Mentre da certa politica partono già i primi, più che prevedibili attacchi, che per decenza, per ora, preferiamo non commentare.
Al dottor De Magistris tutto il sostegno e l’augurio di buon lavoro dalla redazione di ANTIMAFIADuemila "
Durante l´intervista il dott. de Magistris é intervenuto anche sul cosiddetto "caso" Genchi:
AntimafiaDuemila: “Dopo il cosiddetto caso de Magistris é nato il cosiddetto caso Genchi. Anche qui noi abbiamo assistito ad iniziative disciplinari che sono completamente prive di fondamento. Ecco io le vorrei chiedere, il dott. Genchi sembra essere sempre da come emerge dalle notizie un po´ il dominus della situazione. In realtá lui aveva accesso a determinati settori dell´indagine come consulente”.
Luigi de Magistris: “Guardi il dominus delle indagini preliminari é il pubblico ministero.Il dott. Genchi era uno dei miei consulenti e collaboratori, ce ne avevo tantissimi, e conosceva complessivamente una parte delle investigazioni, non tutte, quelle di sua competenza. Non ho mai avuto dubbi sull´onestá intellettuale del dott. Genchi, lo ritengo professionalmente una persona di una capacitá assoluta e sono convinto che potrá in tempi brevi dimostratre l´assoluta estraneitá ai fatti che gli vengono contestati”.
AntimafiaDuemila: “Che cosa c´é di vero nelle accuse mosse contro di lui sui tabulati telefonici che avrebbe acquisito di parlamentari e di uomini dei servizi segreti?”
Luigi de Magistris: “Siccome il dott. Genchi é un uomo di esperienza ed un professionista capace non credo che abbia bisogno né di difensori di ufficio né di difensori di fiducia. Credo che lui sappia dare le spiegazioni che la procura di Roma cerca. Io posso dire che nell´ambito degli incarichi che egli ha svolto su mio mandato non ho mai avuto dubbi né sulle sue capacitá professionali né sulla sua onestá intellettuale. Poi sul resto credo che il dott. Genchi debba difendersi come ho fatto io quando sono stato accusato ingiustamente di alcune cose, lui saprá difendersi quindi saprá spiegare evidentmente le ragioni del suo lavoro”.
Alle ore 17.44 di mercoledí 18 marzo l´agenzia di stampa APCOM lanciava la seguente notizia:
Roma, 18 mar. (Apcom) - Luigi De Magistris indagato dalla Procura di Roma per i reati di abuso d'ufficio e interruzione di pubblico servizio, insieme con sette pm di Salerno, tra cui l'ex procuratore Luigi Apicella. Il fascicolo, su cui stanno lavorando gli inquirenti della Capitale, è stato trasmesso a Roma da Catanzaro. I giudici territorialmente competenti sarebbero stati quelli di Napoli ma visto che lo stesso De Magistris è impegnato al tribunale del riesame del capoluogo campano, si è imposto l'invio degli atti nella Capitale. De Magistris che si è candidato con l'Italia dei valori per le prossime elezioni europee, era stato già indagato a Salerno, sulla base delle denunce presentate anche dal procuratore capo di Catanzaro, Mariano Lombardi. Tra gli esposti che erano stati posti all'esame dei giudici salernitani anche quelli di alcuni indagati nell'ambito delle inchieste 'Poseidon' e 'Why not'.
Per un probabile disguido tecnico mancava alla notizia APCOM la riga conclusiva:
La posizione di de Magistris era giá stata archiviata il 3 giugno 2008 dalla Procura della Repubblica di Salerno la quale aveva stabilito che l´allora PM di Catanzaro era totalmente estraneo "ai reati di calunnia, abuso d'ufficio e rivelazione di segreto d'ufficio"che gli erano stati contestati. La procura di Salerno aveva poi preceduto il 2 dicembre 2008 ad una serie di perquisizioni negli uffici giudiziari di Catanzaro in seguito alle denunce presentate dal dott. de Magistris in merito alla sottrazione delle inchieste "Poisedone" e "Why Not" di cui il PM di Catanzaro era allora titolare ed il tribunale del riesame di Salerno aveva riconosciuto il 9 gennaio 2009 la piena legittimitá dell´operato della procura salernitana.
Siamo certi che il probabile problema tecnico che ha portato l´agenzia APCOM a lanciare una notizia incompleta di alcuni elementi fondamentali per capire la realtá dei fatti sia giá stato risolto. Ne approfittiamo per segnalare alla procura di Roma il lavoro giá svolto dai colleghi salernitani e riconosciuto pienamente legittimo dal Tribunale del riesame. Una piú efficace comunicazione tra gli uffici giudiziari potrebbe certamente giovare al buon funzionamento della giustizia ed evitare inutili perdite di tempo.
Con l´accusa rivolta a de Magistris di essere “l'ispiratore, oltre che l'istigatore, delle attività giudiziarie dell'intera procura di Salerno" si sta davvero superando il confine di ogni senso del ridicolo e di ogni decenza.
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demisophisme
|2009-03-19 15:59:07
In cella un prestanome
Tremano i colletti bianchi del riciclaggio
Si pente l´avvocato dei Lo Piccolo
s.p.
"La cosca aveva rapporti con la famiglia Gambino di New York". "Il giubbotto antiproiettile per il padrino lo ebbi da un mio cugino finanziere"
Era finito in carcere a settembre, per associazione mafiosa. Lui, Marcello Trapani, 38 anni, l´avvocato dei boss Lo Piccolo, il brillante procuratore legale di tanti giocatori siciliani, accusato di aver fatto da mediatore, da tramite, per gli affari dei mafiosi più potenti di Palermo. Il giorno dopo le manette, all´interrogatorio davanti al gip Silvana Saguto, era scoppiato in lacrime, non riuscì a dire nulla, se non un´improvvisata (e poco convincente) difesa.
Un mese dopo, Marcello Trapani era già davanti a un pool di magistrati, pronto a confessare tutto. Non aveva altra scelta: la microtelecamera piazzata dai finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria nello studio di Trapani, in via Cavour, diceva già molto. I colloqui fra l´avvocato e Calogero Lo Piccolo, uno dei rampolli del capo di Tommaso Natale, erano chiarissimi. In fondo, già in quei giorni di intercettazioni, Trapani aveva raccontato in diretta il suo ruolo di mediatore dei padrini.
Dal 23 ottobre, è lui che parla direttamente ai sostituti procuratori Francesco Del Bene, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi e Marcello Viola, in una struttura protetta per i collaboratori di giustizia. Trapani parla degli investimenti dei Lo Piccolo, soprattutto al Nord Italia: 8 milioni di euro furono trasferiti a Chioggia, in Veneto, per la realizzazione di un complesso residenziale. Trapani parla dei contatti dei capimafia di Tommaso Natale, rimasti in libertà fino al 5 novembre 2007, con gli insospettabili della città bene. Parla soprattutto dell´ombra pesante dei Lo Piccolo sulla Palermo calcio. Parla del potere dei mafiosi che nel 2006 raggiunse l´apice: «Seppi da Calogero che avevano anche rapporti con la famiglia Gambino di New York».
Ieri mattina, è scattato il primo arresto. I finanzieri guidati dal tenente colonnello Massimo Sobrà hanno notificato un ordine di arresto a Pietro Mansueto, 48 anni, ritenuto uno dei prestanome dei Lo Piccolo. È accusato di trasferimento fraudolento di valori, con l´aggravante di aver favorito Cosa nostra. Secondo le rivelazioni di Marcello Trapani, Mansueto avrebbe gestito per conto dei mafiosi di Tommaso Natale alcune proprietà immobiliari. L´ordinanza di arresto ricostruisce in particolare la gestione di una palazzina in via Tommaso Natale 89, ieri finita sotto sequestro: ufficialmente, era di Mansueto, ex dipendente di Mc Donald´s, in realtà sarebbe stata dei Lo Piccolo, questo sostiene l´accusa. Quando un commerciante chiese a Mansueto di potere realizzare in quell´immobile un mercatone della carne, Mansueto si rivolse a Trapani, che poi girò l´istanza ai boss. L´autorizzazione arrivò tramite la moglie di Salvatore Lo Piccolo, Rosalia Di Trapani. Ma dopo accade qualcosa di strano: fu messo dell´attak nelle saracinesche del "Mercatone della carne" di Gioacchino Conigliaro. «Chiesi alla signora Di Trapani - prosegue il neo collaboratore - mi disse: è stato Penna bianca, non ti preoccupare. Il riferimento, chiarissimo, era a Lino Spatola». Da questo momento in poi, nel verbale c´è un omissis. Forse, l´avvocato Trapani seppe anche qualcosa sull´assassinio del vecchio boss di Tommaso Natale che tanto dava fastidio ai Lo Piccolo.
Trapani svela poi il mistero di quel giubbotto antiproiettile che la telecamera nascosta nel suo studio vide passare nelle mani di Calogero Lo Piccolo. Il legale l´aveva avuto da un cugino finanziere, Salvatore Cataldo.
Il grosso delle dichiarazioni di Trapani, che è assistito dall´avvocato Carlo Fabbri, resta ancora top secret, al vaglio del coordinatore del pool San Lorenzo, il procuratore aggiunto Antonio Ingroia. L´arresto di Mansueto sarebbe solo il primo passo di una maxi inchiesta sul tesoro di Cosa nostra, che il legale palermitano aveva iniziato a gestire dopo l´arresto di Salvatore e Sandro Lo Piccolo (novembre 2007), per evitare ai padrini la scure dei sequestri.
Quando Trapani parlava con Calogero Lo Piccolo, nel suo studio, sussurrava. Quando si arrivava ai temi più delicati, l´avvocato e il rampollo del boss smettevano di parlare e si scambiavano dei pizzini. Quei biglietti finivano poi nel cestino. I finanzieri sono andati a recuperarli nel cassonetto di fronte allo studio di Trapani, dopo che la signora delle pulizie aveva finito il suo turno e puntuale aveva portato via l´immondizia.