Il giovane urologo siciliano, in servizio all’ospedale Belcolle di Viterbo, fu trovato morto nella sua casa in zona Grotticella, a Viterbo, il 12 febbraio 2004. Aveva 35 anni.
A causarne la morte, l’effetto combinato di tre sostanze: alcolici, eroina e Diazepam (il principio attivo contenuto nel sedativo Tranquirit). Sul suo braccio i segni di due iniezioni.
La madre, il padre e il fratello di Attilio sono convinti che dietro la morte del giovane medico ci sia la mano della mafia. Attilio, infatti, potrebbe aver assistito all’intervento alla prostata al quale fu sottoposto
Bernardo Provenzano, nella clinica di Marsiglia.
Il “capo dei capi”, uccidendo il giovane urologo, avrebbe potuto liberarsi dell’unico testimone italiano del “viaggio della speranza” che il boss compì in Francia nell’ottobre 2003. A rinsaldare la tesi dei Manca, l’improvvisa trasferta in Francia di Attilio, che sarebbe avvenuta proprio nell’autunno 2003.
Il pm Renzo Petroselli ha chiesto per tre volte l’archiviazione del caso, incontrando sempre la dura opposizione della famiglia Manca.
Alla terza richiesta, il gip ha archiviato la posizione di quattro indagati su dieci, ordinando il prosieguo delle indagini per gli altri sei: Monica Mileti, Ugo Manca, Angelo Porcino, Salvatore Fugazzotto, Lorenzo Mondello e Andrea Pirri.
L’inchiesta doveva proseguire non sul filone della mafia, ma su quello della droga, per accertare chi avesse ceduto l’eroina letale ad Attilio.
La Procura, nell’ottobre 2012, ha chiesto l’archiviazione per i cinque uomini e il rinvio a giudizio della donna, ritenuta la presunta pusher. Le accuse sono acquisto e illecita cessione di droga al medico e omicidio colposo, causato dalla dose iniettata.
A questa tesi, la famiglia Manca non ha mai creduto. La madre Angela e il fratello Gianluca hanno più volte espresso forti dubbi e critiche sulle modalità di conduzione delle indagini: dalle siringhe trovate in casa di Attilio, fatte analizzare dopo otto anni, alle telefonate sparite dai tabulati telefonici; dall’impronta del cugino Ugo Manca, nel bagno dell’abitazione viterbese, al buco sul braccio sinistro di Attilio che, però, era un mancino puro e non avrebbe potuto iniettarsi da solo l’eroina mortale.
Tutti “buchi neri” delle indagini dietro i quali, secondo i familiari, si nasconde la verità sulla morte del medico.
Redazione TusciaWeb.it