Genchi e la sentenza di condanna di Alberto Termini (omicidio Giuseppe Rizzo) Stampa
Editoriali - Sentenze
Scritto da Martina Di Gianfelice e Marco Bertelli   
Venerdì 03 Aprile 2009 11:49

La redazione di www.19luglio1992.com inizia con questo articolo la presentazione di alcune sentenze nelle quali il contributo del dott. Gioacchino Genchi in veste di consulente o di perito é stato fondamentale per l´accertamento della veritá processuale. Di fronte alla continua mistificazione sull´operato del dott. Genchi ed ai numeri che vengono diffusi ad arte per delegittimare il suo operato, abbiamo pensato che la miglior risposta sia presentare i fatti.

Vogliamo dare a tutti la possibilità di informarsi e di conoscere davvero il lavoro svolto dal dott. Genchi in vent´anni di attività così da poter capire fino in fondo la correttezza del suo operato. I documenti processuali utili per conoscere i singoli casi presi in esame verrano allegati al testo degli articoli.

 



La sentenza di condanna a carico di Alberto Termini per concorso nell´omicidio di Giuseppe Rizzo


Abbiamo analizzato un processo in cui la consulenza del dott. Gioacchino Genchi è stata determinante per accertare la verità processuale e quindi dare il giusto significato a quella parola che spesso viene strumentalizzata dai palazzi del potere e usata per fini esclusivamente personali: GIUSTIZIA. 

 

Il processo ha visto imputato Alberto Stefano Termini per il reato di omicidio in concorso con Carmelo Castagna (già condannato con sentenza definitiva) del giovane Giuseppe Rizzo, omicidio compiuto la mattina del 22 aprile 2001 nei pressi di Belpasso (Catania). L'omicidio è maturato in seguito ad una lite tra Castagna e Rizzo, in cui quest'ultimo aveva avuto la meglio. Castagna, per vendicarsi dell'offesa subita, ha premeditato insieme al complice Alberto Termini l'omicidio del giovane Rizzo, eseguito sparando colpi di pistola in sella ad una moto di proprietà di Castagna. Il processo ha accertato che mentre Termini guidava il mezzo, Castagna sparava a Rizzo.

 

Alberto Termini è stato condannato dalla Corte di assise di Catania in data 6 luglio 2006 alla pena principale di anni ventuno e mesi sei di reclusione per concorso in omicidio.

 

Avverso questa sentenza proponeva opposizione la difesa del Termini che sottoponeva a censura le argomentazioni utilizzate dal primo giudicante a sostegno della pronuncia di condanna.  La difesa metteva in dubbio la certezza della localizzazione del cellulare in uso al Termini e richiedeva ulteriori approfondimenti istruttori. Le contestazioni della difesa vertevano principalmente sull'impossibilità di accertare tramite il rilevamento dell'utenza telefonica, l'effettiva presenza di Termini nel luogo in cui veniva spazialmente collocata l'utenza stessa. La difesa sosteneva la tesi secondo cui, se al momento del rilevamento il dispositivo telefonico non aveva copertura di rete nel luogo in cui si trovava (presumibilmente Catania), si sarebbe appoggiato alla copertura di rete più vicina (quella del luogo in cui è avvenuto l'omicidio), sostenendo quindi la possibilità per l'imputato di non trovarsi effettivamente sul luogo dell'omicidio (Belpasso) in quel momento, ma in un luogo vicino (Catania) e l'impossibilità da parte dei tecnici di localizzare il dispositivo in mancanza di copertura di rete.

 

In data 8 aprile 2008 la Corte di Appello di Catania ha confermato la sentenza di primo grado a carico di Alberto Termini con la condanna alla pena pricipale di anni ventuno e mesi sei di reclusione.

 

Il dott Gioacchino Genchi, consulente del Procuratore Generale, ha dimostrato l'inconsistenza delle ragioni alla base del ricorso presentato dalla difesa dell´imputato con le spiegazioni chiaramente illustrate nel testo della sentenza di appello:

 

“Nella parte introduttiva della sua relazione il consulente del procuratore generale ha spiegato che “i vecchi dispositivi di contabilizzazione del traffico telefonico della SIP, costituiti da contatori elettromeccanici degli scatti, sono stati nel tempo sostituiti con dei moderni sistemi elettronici che, nell’esecuzione del processo di calcolo, finalizzato all’addebito all’utente del costo delle conversazioni, finiscono col monitorare permanentemente l’utilizzazione di tutti i servizi della rete telefonica, registrando l’identificativo numerico dell’utenza chiamante, di quella chiamata, la data, l’ora e la durata delle conversazioni, oltre ad altri elementi riguardanti il traffico radiomobile, quali l’identificativo seriale IMEI del terminale radiomobile utilizzato ed il suo posizionamento geografico, rilevato dalla Stazione Radio Base di radiazione della chiamata”. I dati rilevabili dall’acquisizione e dall’elaborazione del traffico telefonico possono quindi fornire un riscontro oggettivo ad elementi indiziari aliunde acquisiti ovvero a dichiarazioni rese da testimoni o imputati. “L’acquisizione, l’elaborazione e l’analisi dei dati di traffico telefonico – come quella dei tracciati intercettivi – costituisce - prosegue il consulente – una fra le attività di indagine più importanti per l’accertamento e il riscontro degli elementi intrinseci al fatto ed alle condotte dei vari soggetti, in relazione ai contatti (le conversazioni telefoniche), agli spostamenti (localizzazioni) ed alle altre informazioni desumibili dall’elaborazione analitica e relazionale del traffico telefonico eseguito dalle utenze, delle quali si assume e si dimostra l’utilizzazione da parte dei soggetti coinvolti nelle indagini”.

Il consulente ha ricordato poi che la rete telefonica GSM è il primo sistema internazionale che ha impiegato delle Smart Card (Subscriber Identity Module SIM) come dispositivi di sicurezza per l’autenticazione dell’abbonamento e dell’abbonato. La Sim card contiene un codice per identificare l’utente e può memorizzare nomi, numeri telefonici, SMS ed una lista degli operatori GSM preferenziali dell’abbonato. Inoltre, “ogni qualvolta non è più presente il segnale della rete a cui ci si è registrati, il sistema GSM provvede, in modo automatico, a chiedere l’accesso alla prima delle reti indicate in questa lista (c.d. Roaming); se la registrazione ha esito negativo, provvede a rieseguire la stessa operazione con la successiva, e così via. Questo, in poche parole, è quanto accade alla nostra Sim GSM ogni qualvolta ci rechiamo all’estero. Per talune SIM GSM di reti italiane minori (vedi Wind ed H3G), questo può ancora accadere con il roaming nazionale sulle altre reti Tim e Vodafone ”.

 

Ha precisato ancora il consulente che qualora un apparecchio, al momento del contatto, vada in roaming, ovvero agganci una cella vicina per comunicare, questo aggancio viene registrato. Dunque, dalla registrazione risulta se l’aggancio è diretto ovvero se avviene in roaming. Ha quindi spiegato che il codice IMEI (che identifica in modo univoco il terminale telefonico a tecnologia GSM, quindi l’apparecchio) consente la localizzazione del cellulare anche se in esso viene inserita una diversa sim card (che identifica il numero telefonico). Con opportuni procedimenti di acquisizione e di elaborazione dei dati di traffico è dunque possibile individuare il numero telefonico e l’intestatario sia dell’utenza chiamante che dell’utenza chiamata, la data, l’ora e la durata della conversazione, il posizionamento dell’apparato radiomobile secondo la dislocazione topografica della Stazione Radio Base (o BTS) di rilevamento ed inoltro della chiamata nonché il codice IMEI del telefono cellulare rilevato dalla rete che ha eseguito e registrato la transazione telefonica dell’utenza (SIM). “E’ altresì possibile individuare tutte le SIM (anche se attivate in modo anonimo e/o con generalità false) installate in un dato apparato (IMEI) e/o tutti gli apparati utilizzati con una data SIM. Tale raffronto consentirà di attribuire, quanto meno in via generica ed astratta, la riconducibilità in uso di una determinata utenza (SIM) e/o di un dato apparato (IMEI) ad un determinato soggetto, fermo restando la necessità di dimostrare la reale disponibilità in capo al medesimo soggetto – tanto della SIM che dell’IMEI – nel frangente specifico nel quale se ne assume la concreta utilizzazione”.

Il consulente ha poi chiarito la differenza fra i cosiddetti dati di traffico diretti e quelli indiretti. “I dati di traffico di una determinata utenza si definiscono “diretti”, in quanto registrati ed estratti dal sistema informativo dell’azienda telefonica nella quale l’utenza telefonica, o la SIM GSM - nel caso di cellulari – è stata attivata ed ha operato. Nel caso dell’utenza 03294XXXXXX, di Alberto Stefano Paolo Termini, trattandosi di una SIM GSM Wind, i dati di traffico “diretti” sono quelli correttamente registrati ed acquisiti presso la Wind.

 

Non sono stati invece acquisiti nel corso delle indagini preliminari , né nel giudizio di primo grado, i dati di traffico “indiretti” della stessa SIM GSM 03294XXXXXX, di Alberto Stefano Paolo Termini.

 

Per dati di traffico “indiretti” si intendono le risultanze riguardanti delle transazioni telefoniche che comunque riguardano l’utenza considerata, registrate nei sistemi informativi delle altre compagnie telefoniche, presso le quali sono state attivate ed hanno operato le utenze telefoniche (fisse e cellulari) che in qualche modo hanno interloquito con quella considerata, con delle chiamate in entrata e/o in uscita, con degli squilli, degli scambi di SMS e/o con altre connessioni di vario tipo, che non a caso abbiamo definito, in forma generica: transazioni telefoniche”. Nel processo in oggetto – ha rilevato il consulente – non erano stati acquisiti i tabulati di traffico “indiretti” dell’utenza cellulare dell’imputato né di alcuna delle altre utenze  considerate nel corso delle indagini, con conseguenze dannose, di rilevanza probatoria, ai fini dell’accertamento della verità. “All’epoca dell’omicidio, infatti, le SIM GSM della Wind operavano in roaming nazionale sulle reti della Tim e della Omnitel, tutte le volte che si trovavano in un’area in cui c’era carenza di segnale sulla rete Wind. Il roaming nazionale era dettato dal fatto che la Wind, avendo da poco intrapreso i servizi di rete GSM su tutto il territorio nazionale, non aveva ancora coperto – come non ha ancora coperto – la totalità del territorio urbanizzato e dei percorsi viari transitabili, al pari delle altre maggiori compagnie telefoniche (vedi la Tim e la Omnitel) che già operavano nel settore della telefonia dai primi anni 90”.

Nel corso delle indagini preliminari e nel processo di primo grado non sono stati presi in considerazione i contatti telefonici e le localizzazioni della SIM GSM Wind 03294XXXXXX di Alberto Stefano Paolo Termini allorquando per ottantatre volte è andato in roaming nazionale sulla rete Tim e ventitre volte sulla rete Omnitel. Il dato è rilevante in quanto riguarda il principale punto controverso in base al quale è stata disposta la riapertura dell’istruzione dibattimentale. Si fa riferimento alla possibilità  - prospettata dalla difesa - che il cellulare del Termini, posizionato in luogo diverso dal centro urbano di Belpasso (e quindi dal luogo dell’omicidio) abbia potuto interessare di riflesso la cella della BTS Wind di Belpasso per carenza di sufficiente copertura della rete, nel luogo in cui si trovava. A ciò si aggiungerebbe – sempre secondo la prospettazione difensiva - la possibilità di anomalie della rete GSM che, comunque, hanno rilevato l’impegno di quella BTS, come codificato e registrato nei sistemi informativi della Wind.

Il consulente ha chiarito che, proprio con riguardo alle caratteristiche della rete Wind dell’epoca, non può mettersi in dubbio la oggettività del dato di rilevazione della BTS, per come registrato nei sistemi informativi della Wind, asseverato nella nota informativa del 15 gennaio 2004 e confermato attraverso la deposizione giurata di un suo autorevole rappresentante, il teste Davide Mazzitelli.

Anche con l’ausilio dei grafici allegati alla relazione di consulenza, il dottor Genchi ha evidenziato che la cella della BTS Wind di via IX Traversa 51/b di “Belpasso Sud”, orientata a 180° - impegnata dal cellulare con la SIM GSM 03294XXXXXX di Alberto Stefano Paolo Termini, alle 11:30:47 del giorno dell’omicidio, quando ha risposto alla chiamata del cellulare di Domenica Micci (03398XXXXXX) – nessuna inferenza poteva avere ed ha avuto con una possibile localizzazione dell’imputato a Catania, e ancor più nei pressi di casa”. Ha spiegato infatti che a Catania esisteva in quell’epoca una più che sufficiente copertura della rete Wind, tanto che, per tutto il periodo di utilizzazione di quella SIM, mai l’imputato era andato in roaming su Catania.




La Corte di Appello ha elencato quindi altri motivi per i quali la consulenza del dott. Genchi é stata fondamentale al fine di accertare le responsabilitá penali dell´imputato:

 

1)  Il consulente ha accertato che nel periodo tra il 1 marzo 2001 ed il 3 giugno 2002 non era stato registrato alcun contatto nè in entrata, nè in uscita tra l´imputato Termini Alberto e Salvatore Castagna, fratello di Carmelo. Il consulente smentiva dunque il Termini il quale aveva affermato di non avere avuto rapporti telefonici con Carmelo Castagna, già ritenuto dalla Cassazione uno dei responsabili dell'omicidio di Giusepe Rizzo, bensì frequenti contatti con il di lui fratello, Salvatore.


2) Dall'incrocio dei tabulati telefonici il dott. Genchi ha fatto emergere come il Termini in quei giorni (compresa la mattina dell´omicidio) fosse frequentemente in contatto telefonico proprio con Carmelo Castagna:

“Il consulente ha localizzato due BTS, collocate l’una in prossimità dell’abitazione del Termini, l’altra nei pressi di quella di Castagna. Questo dato consente di affermare che ogni qual volta Termini o Castagna chiamano dalla propria abitazione o da una zona vicina, l’aggancio è diretto, l’apparecchio non ha necessità di andare in roaming. La registrazione coglie la localizzazione sia del telefono chiamante, sia di quello chiamato. La mattina dell’omicidio, come sopra già ricordato, sono state rilevate due telefonate intercorse fra Alberto Termini e Carmelo Castagna, l’una alle 10.27.31, l’altra alle 12.10. La prima telefonata era stata rilevata dalle due BTS collocate in prossimità delle case di Castagna e di Termini. Entrambi si trovavano quindi a Catania, nelle rispettive abitazioni o nei pressi. Il contatto successivo tra i due, quello delle 12.10, aveva trovato nuovamente i due interlocutori a Catania, sempre nei pressi delle rispettive abitazioni. La telefonata delle undici e trenta del 22 aprile 2001 proveniente dall’utenza di Micci Domenica ed in entrata al cellulare in uso al Termini aveva impegnato il Settore 21334 della BTS Wind “Belpasso Sud”, installata nella via IX Traversa  51/b di Belpasso. L’apparecchio ricevente si doveva trovare, dunque, in un’area compatibile con il raggio di azione di quella cella, in prossimità del luogo dell’omicidio. La registrazione era stata diretta sulla BTS della Wind. Se, infatti, l’apparecchio si fosse trovato ad una distanza maggiore e fosse andato in roaming, questo dato sarebbe stato evidenziato dalla registrazione.

L’esame di questi dati rivela la perfetta compatibilità spazio-temporale tra lo spostamento del cellulare di Termini da Catania a Belpasso e poi nuovamente a Catania e la telefonata della Micci, che chiama da Catania e raggiunge l’utenza di Termini a Belpasso alle undici e trenta. L’omicidio è stato commesso proprio a Belpasso, tra le undici e venti e le undici e trenta, da due individui, uno dei quali è Carmelo Castagna. I dati obiettivi si intersecano con quelli di natura logica”.


 


3)
Gli accertamenti operati dal consulente del pubblico ministero hanno permesso di stabilire un contatto diretto fra l´omicidio del Rizzo e l´antefatto della domenica precedente ovvero la lite tra alcuni ragazzi di Catania (tra cui Castagna ed un certo Vitale) ed altri di Belpasso (Rizzo e Scuderi):

 

"Si rammenti che una settimana prima dell’omicidio, il giorno di Pasqua, intorno a mezzogiorno, nello stesso luogo, la Villa comunale, c’era stato un diverbio fra alcuni ragazzi di Catania (tra cui Castagna ed un certo Vitale) ed altri di Belpasso (Rizzo e Scuderi). La lite verbale si era presto trasformata in zuffa e Castagna aveva avuto la peggio. Il gruppetto dei giovani catanesi aveva poi fatto ritorno in città. Alle 12.36.24 del 15 aprile vi era stato un contatto telefonico fra il Vitale (a Belpasso) e Termini (a Catania). Successivi contatti telefonici vi erano stati fra le tredici e trenta e le tredici e quarantotto che localizzavano il cellulare di Castagna lungo il tragitto Belpasso-Catania. Quella stessa sera, alle 19.52.15, il cellulare di Termini aveva un contatto con un’utenza intestata a Campisi Angela. Questa veniva localizzata a Catania, Termini a Belpasso sud. Le telefonate tra i due si erano susseguite fino alle 20.45 e la localizzazione consentiva di seguire il percorso dell’apparecchio del Termini da Belpasso a Catania.

Questo dato ha consentito anzitutto di collegare oggettivamente il cellulare di Termini con la lite che aveva costituito l’antefatto dell’omicidio, ma ha permesso anche di valutare appieno il dato testimoniale costituito dalle dichiarazioni rese da Vitale Alessandro, Laudani Roberto e Chisari Alfio nel processo a carico di Castagna ed acquisite agli atti sull’accordo delle parti. Il Vitale, dopo aver parlato della lite che il 15 aprile 2001 aveva coinvolto Dario Scuderi e Giuseppe Rizzo da una parte e due ragazzi sconosciuti dall’altra, aveva sentito che uno dei due, allontanandosi, aveva proferito una minaccia: “Ti sparo in testa”. Nel corso della settimana successiva aveva saputo che quella stessa sera era venuto qualcuno a Belpasso a cercare Rizzo e Scuderi senza riuscire a rintracciarli. Anche Roberto Laudani aveva parlato della lite verificatasi il giorno di Pasqua, domenica 15 aprile, ed aveva riferito che Scuderi e Rizzo avevano avuto la meglio. Mentre si trovava avanti alla porta del bar aveva sentito uno dei due ragazzi forestieri (dei quali il più malconcio era quello che aveva litigato con Rizzo) che allontanandosi pronunziava delle minacce “tipo ti ammazzo, una cosa di qua e basta”. Ricordava altresì che i forestieri, prima di allontanarsi, avevano dato appuntamento a Rizzo e Scuderi per la sera stessa per continuare la lite. E quella sera erano arrivati cinque o sei ragazzi non di Belpasso che si aggiravano all’interno della Villa comunale alla ricerca delle persone con cui era avvenuto il litigio quella mattina. Ancora più puntuali erano state le dichiarazioni di Chisari Alfio, banconista presso il bar Garden, sito nella piazza della Villa Comunale di Belpasso. Il giovane aveva riferito anch’egli della rissa della mattina del 15 aprile. Aveva poi aggiunto che quella stessa sera, intorno alle diciannove e trenta, si erano presentati tre giovani sconosciuti che gli avevano chiesto se avesse visto due ragazzi con lo scooter giallo. Riteneva che costoro cercassero proprio Scuderi e Rizza, i quali avevano appunto un motociclo di quel colore. Alla sua risposta negativa gli sconosciuti si erano allontanati.

Orbene, dalla ricostruzione delle dichiarazioni di questi tre testi si ricava che la minaccia, proferita da uno dei giovani la mattina del litigio, aveva avuto un seguito. La stessa sera era tornato a Belpasso un gruppetto più nutrito, pronto a riprendere la lite ed a vendicarsi platealmente della umiliazione subita quella mattina.

E quella sera, intorno alle venti, come si ricava dall’esame dei tabulati, il cellulare del Termini (che quello stesso giorno aveva avuto contatti con Vitale e con Castagna) era stato localizzato proprio a Belpasso. L’apparecchio non resta in zona. Si sposta verso Catania. Sembra logico ipotizzare che il Rizzo non si sia fatto trovare e che il proposito di vendetta, non attuato nell’immediato, sia stato procrastinato alla domenica successiva, in un luogo e in un orario in cui era presumibile la possibilità di un nuovo incontro. Questo nuovo dato, rilevato attraverso gli accertamenti operati dal consulente del pubblico ministero, crea un contatto diretto fra l’omicidio e l’antefatto della domenica precedente e collega il cellulare di Termini alla causale del delitto".



 

4)  Infine il Procuratore Generale ha valorizzato attraverso il lavoro del dott. Genchi la molteplicità di contatti, in uscita, dell´apparecchio cellulare al centro della consulenza con familiari ed amici del Termini, permettendo di ricondurre l´uso dell´apparecchio in esame al Termini stesso:

"Resta il problema della riconducibilità dell’apparecchio alla persona dell’imputato. Il Procuratore Generale ha valorizzato la molteplicità di contatti, in uscita, operati attraverso questo apparecchio cellulare con familiari ed amici del Termini. Ha ricordato in particolare come siano stati accertati oltre trecento contatti con l’utenza cellulare intestata a Campisi Angela. Il numero elevato di chiamate evidenzia che l’apparecchio chiamante è usato abitualmente da una stessa persona. Il dato oggettivo delle numerose chiamate contrasta con il prestito dell’apparecchio, prestito peraltro escluso dal Termini quando non aveva ancora capito il significato gravemente indiziante di un’affermazione del genere. Solo in appello viene a dire che lo prestava “qualche volta, sempre”, frase contraddittoria e sostanzialmente priva di significato, frase che si rivela un tentativo estremo di difendere una posizione indifendibile. 

 

Un altro dato è stato evidenziato oralmente dal consulente. Il 22 aprile 2001 Carmelo Castagna ha chiamato altre due volte un’altra sim, intestata anch’essa ad Alberto Termini, alla 14.45 ed alle 21.47. E su quest’altra sim, dal 3 marzo al 22 aprile 2001, Termini ha avuto ben venti contatti telefonici con Castagna. Tali contatti evidenziano lo strumentale mendacio dell’imputato allorché dichiara di non intrattenere alcun rapporto con Carmelo Castagna e di essere stato invece amico del defunto Salvatore (con il quale, invece, non è stato accertato alcun contatto telefonico)".

 

 

La Corte di Appello di Catania ha dunque incrociato gli elementi emersi dalla consulenza del dott. Genchi con le altri fonti di prova concludendo che “le indagini tecniche del consulente del Procuratore Generale hanno fornito il dato certo che l’apparecchio era localizzato a Belpasso all’ora del delitto. Le intercettazioni ambientali hanno evidenziato che il Termini, parlando con i congiunti, ha pacificamente ammesso che a quell’ora egli era a Belpasso e che il cellulare era nella sua disponibilità. Ha ammesso anche di avere parlato con Castagna, la mattina del 22 aprile prima e dopo".
La corte ha pertanto respinto il ricorso presentato dalla difesa, confermando la sentenza della Corte di Assise di
Catania e condannando l'imputato Alberto Termini alla pena di anni ventuno e mesi sei di reclusione (con l'aggravante della premeditazione), senza eventuali sconti di pena, grazie alla sussistenza delle prove raccolte a suo carico.




L´avvocato difensore del Termini ricorreva in Corte di Cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Catania.  La suprema corte giudicava in data 25 novembre 2008 tale ricorso manifestamente infondato e confermava in via definitiva la sentenza emmessa dalla Corte di appello di Catania a carico di Termini Alberto. Nel dispositivo del giudizio di legittimità emesso dalla suprema corte vengono ampiamente riprese le motivazioni alla base del giudizio espresso dalla Corte di Appello dove viene fatto ampio riferimento alla consulenza del dott. Genchi:

In seguito alla rinnovazione della istruzione dibattimentale e, segnatamente, all'esame del consulente tecnico del Pubblico Ministero, è stata incontrovertibilmente accertata la localizzazione, al momento dell'omicidio, della scheda della utenza cellulare dell'imputato (3294xxxxxx) nella zona del teatro del delitto; alla ridetta utenza pervenne, infatti, alle ore 11.30 del 22 aprile 2001 la telefonata di Micci Domenica (zia dell'imputato); la transazione impegnò la cella del gestore Wind di Belpasso Sud, allocata in corrispondenza del civico 51/B della via IX Traversa.
La localizzazione della scheda implica quella del giudicabile; Termini, infatti, nel corso dell'interrogatorio del 29 marzo 2004, quando ancora ignorava la emergenza investigativa in questione, escluse di aver mai prestato a terzi il proprio telefono cellulare e precisò che l'eventuale ed eccezionale uso momentaneo dell'apparecchio da parte di altra persona era, comunque, sempre avvenuto in sua presenza. Inoltre (a prescindere dal disappunto manifestato, nel corso delle conversazioni intercettate, da Termini e dai familiari per la telefonata della zia rilevatrice della presenza del giudicabile a Belpasso e del rilievo che nessuno degli interlocutori "pose in dubbio la veridicità" della circostanza) l'imputato, nella successiva conversazione delle ore 21.12 del 30 marzo 2004, commentando con i congiunti lo sviluppo delle indagini, replica alla ipotesi dell'interlocutore che esso Termini potesse trovarsi, al momento della telefonata, in un posto diverso dall'apparecchio:
"No! Ju... ju era dda e 'nu telefunu mi chiamau a mia".

   



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