Faccia di mostro, le accuse a Contrada: 'Si è informato delle indagini sull'ex agente' Stampa
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Scritto da Alessia Candito   
Sabato 21 Ottobre 2017 17:12
di Alessia Candito - 19 ottobre 2017

Bruno Contrada
non era solo "la persona più strettamente legata" a Giovanni Aiello, controverso poliziotto noto alle cronache come “Faccia di mostro”, ma si è anche preoccupato di informarsi sulle indagini che la Dda di Reggio Calabria stava sviluppando su di lui. È per questo che l’ex numero due del Sisde, di recente scagionato dalla Cassazione e reintegrato in polizia, è stato per due volte perquisito la scorsa estate dalla squadra mobile di Reggio Calabria nell’ambito dell’inchiesta che ha svelato la partecipazione della ‘ndrangheta alla stagione stragista degli “attentati continentali”.

I fatti – emerge dal decreto eseguito nel luglio scorso -  risalgono ai primi mesi del 2016. All’epoca, il procuratore aggiunto della Dda reggina, Giuseppe Lombardo, stava ascoltando diverse persone potenzialmente informate su omicidi e attentati degli anni Novanta e sull’eventuale coinvolgimento di Aiello, riconosciuto da pentiti e testimoni come il misterioso killer di Stato che li avrebbe firmati o organizzati. Fra i “soggetti di interesse investigativo” convocati dai magistrati di Reggio c’era anche Guido Paolilli, ex poliziotto molto vicino a Contrada, il cui cammino giudiziario in passato si è incrociato con quello di “Faccia di mostro”.

Fra i primi incaricati delle indagini sull’omicidio dell’agente Nino Agostino e della moglie, Paolilli è stato indagato e poi prosciolto dall’accusa di favoreggiamento nei confronti di Aiello, indicato da alcuni pentiti come autore del delitto. Un’indagine di cui il collaboratore di Contrada è stato probabilmente chiamato a parlare con i magistrati di Reggio Calabria, per poi affrettarsi a riferire il contenuto di quella “chiacchierata” al suo ex capo, particolarmente preoccupato – dicono fonti investigative –  del perdurante interesse nei confronti di Aiello. Tutti elementi da approfondire per gli inquirenti reggini, che all’epoca su “Faccia di mostro” battevano una pista calda.

L’ex agente della Mobile era stato da poco iscritto sul registro degli indagati per aver indotto a mentire l’ex capitano del Noe Saverio Spadaro Tracuzzi, condannato in appello a 10 anni per i suoi rapporti con il clan Lo Giudice. Si tratta della stessa famiglia dei pentiti calabresi Nino Lo Giudice e Consolato Villani, i primi ad aver puntato il dito contro Aiello, accusato di aver avuto un ruolo nell’organizzazione degli attentati che nel ’91 sono costati la vita ai brigadieri Fava e Garofalo. Una scia di sangue che per la Dda rappresenta il contributo della ‘ndrangheta alla strategia della tensione con cui mafie, servizi e settori piduisti della massoneria avrebbero tentato di cambiare il volto all’Italia. Tutte accuse che all’epoca  – i magistrati ne sono convinti – avrebbero preoccupato non poco “Faccia di mostro”, che per questo avrebbe indotto Spadaro Tracuzzi "a rendere dichiarazioni false in ordine ai suoi rapporti con Aiello, nonché in ordine alla posizione ed al ruolo criminale del predetto nel contesto della ‘ndrangheta reggina". Inquirenti e investigatori hanno anche individuato il canale di comunicazione fra i due, una fitta corrispondenza epistolare “dirottata” sull’indirizzo di un vicino di casa di Faccia di Mostro, Vito Teti.

Nel luglio scorso, anche la sua casa è stata perquisita. Ma meno di un mese dopo, mentre gli investigatori stavano ancora analizzando quanto sequestrato nel corso delle diverse attività, Giovanni Aiello è stato stroncato da un malore sulla spiaggia di Montauro. Ma forse i suoi segreti non sono morti con lui. Sul suo corpo è stata effettuata un’autopsia, ma ancora si attendono i risultati degli esami tossicologici e chimici disposti dalle procure di Reggio Calabria e Catanzaro per accertare la causa del decesso. E sulla sua rete si indaga ancora.


Alessia Candito (La Repubblica)




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