Omicidio Caccia, la Procura di Milano chiede il processo immediato Stampa
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Scritto da Aaron Pettinari   
Mercoledì 18 Maggio 2016 21:53
di Aaron Pettinari - 18 maggio 2016

La procura di Milano ha chiesto il processo con rito immediato per Rocco Schirripa, ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, ucciso sotto casa il 26 giugno 1983 in un agguato di 'ndrangheta. L'istanza, formulata dai pm Marcello Tatangelo e Ilda Boccassini, verrà valutata nelle prossime ore dal gip Stefania Pepe.
Schirripa è stato arrestato dalla squadra mobile di Torino lo scorso 22 dicembre nella sua abitazione nel quartiere Parella, dove faceva il panettiere in borgata Parella.
Scavando nel suo passato gli investigatori hanno trovato collegamenti di parentela con la famiglia di Domenico Belfiore, considerato il mandante dell’omicidio che è maturato nell’ambiente della ‘Ndrangheta e che è già stato condannato all'ergastolo nel 1993 come mandante.
Belfiore, da alcuni mesi uscito di prigione per motivi di salute, era stato incastrato dalle registrazioni eseguite di nascosto dal pentito Francesco Miano nell'infermeria del carcere.
Ed anche grazie ad alcune intercettazioni ambientali in casa di Belfiore si sono ottenuti ulteiorri elementi sull'omicidio. Lo stesso Belfiore, che per decenni non aveva mai parlato di quell'omicidio, non sapendo di essere intercettato, pur utilizzando diverse precauzioni, in balcone alludeva all'episodio: “Quelli di là sotto lo sapevano quasi tutti" alludendo - annota il gip Stefania Pepe - agli esponenti di vertice della 'ndrangheta che (...) erano stati informati”, nel 1983, della decisione di uccidere il procuratore.


Storia di un omicidio

Che fu la 'Ndrangheta ad uccidere il procuratore Caccia, magistrato ritenuto incorruttibile dagli stessi boss, oggi è noto ma non fu facile arrivare a quel frammento di verità. Caccia nelle sue indagini si era occupato di terorrismo ma anche di criminalità organizzata (dai sequestri di persona agli omicidi passando per le infiltrazioni mafiose nel casinò di Saint Vincent). Ed erano state queste le prime piste su cui si indagò. Il primo filone, quello rosso, era stato aperto dopo una telefonata che rivendicava il delitto alle Brigate Rosse ma si rivelò poi falso. Poco tempo dopo, grazie anche alle inchieste sul clan dei Cursoti, emerse un primo pezzo di verità che indirizzo le indagini verso la 'Ndrangheta e le famiglie trapiantate in Piemonte.
Adesso, a quasi trentatré anni di distanza, finalmente, si potrebbe fare un nuovo passo avanti verso la verità su quanto avvenuto.
Secondo i pm milanesi, Schirripa era alla guida dell'auto che avvicinò il procuratore sotto casa, poco prima dell'esecuzione. L'uomo, secondo le indagini, avrebbe poi inflitto a Caccia il colpo di grazia con un proiettile alla testa. Dalle intercettazioni, scrive il giudice nell'ordinanza, “emergono inoltre plurimi elementi che fanno ritenere verosimile che la seconda persona che sparò al procuratore sia stato lo stesso Domenico Belfiore”. Quanto, infine, a Placido Barresi, cognato di Belfiore coinvolto nell'inchiesta sull'omicidio Caccia ma alla fine assolto per insufficienza di prove, “dagli atti del processo emerge senza alcun dubbio che il predetto era a conoscenza non solo della decisione di uccidere il procuratore, ma anche (nonostante fosse detenuto il giorno dell'agguato) di ogni dettaglio sull'omicidio, inclusa l'identità degli esecutori materiali”.

Le nuove indagini
Quasi tre anni fa, nel trentennale dell'omicidio, un appello dei figli del procuratore ucciso sollecitava gli inquirenti a riaprire il fascicolo “congelato” nei cassetti della procura milanese, competente per legge sui reati riguardanti i magistrati torinesi.
Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dal sostituto procuratore Marcello Tatangelo, sono ripartite dall'esposto presentato nei mesi scorsi da Fabio Repici, legale della famiglia Caccia, in cui si propone di guardare oltre le 'ndrine, evidenziando gli interessi di Cosa Nostra per i casinò del nord Italia e i rapporti con i servizi segreti ed anche denunciando i depistaggi che si sono susseguiti, oltre alle inerzie nelle indagini da parte di alcuni magistrati torinesi e milanesi. Se su questi aspetti si continua ad indagare intanto la Procura, però, vuole mettere un punto fermo su un capitolo importante.


Aaron Pettinari  (AMDuemila)


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