Mafia: "10 luglio 1943" domani a Palermo lo 'sbarco' di Cosa Nostra Stampa
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Scritto da Adnkronos   
Martedì 09 Luglio 2013 21:23
di Adnkronos - 9 luglio 2013

Palermo, 9 lug. (Adnkronos) - Domani commemorazione dello sbarco alleato in Sicilia con un convegno a Palazzo delle Aquile, "10 luglio 1943", quando "Sbarcano in Sicilia inglesi, americani e… Cosa Nostra", come recita il sottotitolo dell'incontro. A presiedere i lavori nella Sala delle Lapidi, il sindaco Leoluca Orlando; partecipano Nicola Cipolla, presidente del Cepes; Giuseppe Casarrubea, storico; Umberto Santino, presidente del Centro "Peppino Impastato"; Giusto Catania, assessore Partecipazione e Decentramento Comune di Palermo; Maurizio Calà, segretario Camera del Lavoro Palermo e Ottavio Terranova, dell'Anpi Sicilia.
 
In occasione dell'anniversario, si esaminerà anche "lo sbarco della mafia nell'isola", quando vennero contattati capimafia come Vito La Mantia, descritto dagli alleati come "incolto ma influente, che grazie alle complicità dei suoi seguaci è sfuggito alla purghe del prefetto Mori". E' questo un aspetto meno conosciuto rispetto alle vicende che coinvolsero le truppe inglesi e americane nella spettacolare operazione aeronavale, nome in codice 'Husky', avvenuta tra Licata e Siracusa. La campagna militare degli alleati, che andrà avanti per altri due anni, trasformerà l’Italia in un campo di battaglia tra gli eserciti di mezzo mondo, fino alla Liberazione.
 
"Si tratta di uno dei periodo tra i più drammatici e confusi nella storia italiana del Novecento, specie in Sicilia", spiega all'Adnkronos lo storico Antonio Casarrubea, che dirige a Partinico l'Archivio Casarrubea, dedicato alla memoria di suo padre, dirigente sindacale assassinato nel 1947. I documenti qualificati come 'secret' e 'top secret' di quel periodo ci raccontano nei dettagli le strategie americane e inglesi per infierire su una popolazione stremata dalla fame e dai bombardamenti".

Prima e dopo il momento cruciale dello sbarco c'è una lunga preparazione e un'altrettanto lunga serie di conseguenze. "Ci sono i piani dei servizi segreti alleati, a cominciare dall’Oss e dal Soe, che mirano a creare uno 'stay-behind' e, al contempo, un’alternativa di facciata al regime mussoliniano -prosegue Casarrubea- Si intensificano i contatti con i leader antifascisti socialisti, liberali e monarchici, in patria e all’estero. La diplomazia segreta lavora per provocare il distacco dall’Asse dell’Italia fascista e arrivare a un armistizio con gli anglo-americani".
 
In tutto questo, sottolinea Casarrubea, "trionfano gli accordi sottobanco con le mafie ed emerge il razzismo culturale anglosassone verso gli italiani, un popolo considerato più arabo che europeo. Si disegna, in tal modo, un quadro geopolitico che anticipa le tensioni della Guerra Fredda nel Mediterraneo e che produrrà effetti devastanti sul nostro Paese dei decenni successivi, fino ai giorni nostri".
 
Al convegno di domani verrà presentato "Operazione Husky" il volume di Castelvecchi che Casarrubea ha scritto, insieme al ricercatore Mario José Cereghino, esperto di archivi statunitensi e britannici. I due hanno lavorato per dieci anni ripescando documenti desecretati dagli archivi segreti britannici e statunitensi.

"Sono impressionanti i giudizi emersi dalle carte segrete degli alleati -racconta quindi Cereghino- Non ci lasciano scampo". E sciorina alcuni dei più significativi commenti ripescati dagli archivi segreti di Kew Gardens in Gran Bretagna e College Park negli Usa. "Nel caso si verifichi il collasso dell'Italia, potremmo decidere di occupare la Sicilia. Di conseguenza la nostra propaganda deve mirare a separare l'isola dall'Italia", si legge ad esempio, in un documento segreto del 19 dicembre 1940, che quindi precede di ben tre anni lo sbarco.
 
Oppure questo, del 4 giugno del 1942, che ben descrive come appare il carattere italico agli occhi degli stranieri. "Gli italiani sono dei gran chiacchieroni, si lagnano di tutto e non fanno che disperarsi. Ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, spunta sempre un pretesto per non agire".
 
L'idea della propaganda è ben chiara, penetrante e pervasiva: bisogna, secondo i nostri alleati, "disegnare immagini grottesche di Hitler e Mussolini". E, ancora, "sfruttare le superstizioni locali per diffondere l'ansia tra la gente e creare un clima di depressione e disfatta". Parole che colpiscono e ci feriscono per la loro attualità, per il senso che hanno ancora oggi, a settanta anni di distanza. Ma, purtroppo, ce la siamo voluta.


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