Trattativa Stato-mafia: il processo resta a Palermo |
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Scritto da Simone Ferrali | |||||||||
Giovedì 04 Luglio 2013 22:01 | |||||||||
di Simone Ferrali - 4 luglio 2013
Il processo sulla Trattativa Stato-Mafia resta a Palermo. La Corte d’assise, presieduta dal giudice Alfredo Montalto, ha rigettato tutte le eccezioni sollevate dalla maggior parte dei legali degli imputati. Nell’udienza di ieri, tenutasi presso l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone, Montalto ha impiegato quasi cinquanta minuti di tempo per leggere l’ordinanza con la quale la Corte ha raso al suolo le richieste degli avvocati difensori. Respinta la richiesta di immediato proscioglimento sollevata dall’avvocato Milio, difensore di Mori e Subranni; solita sorte toccata all’eccezione di ne bis in idem di Anania, legale di Riina e Bagarella; rigettate anche le richieste di nullità del decreto di rinvio a giudizio per abnormità del provvedimento. La fuga dal processo non è riuscita, così come quella da Palermo: vale la pena soffermarsi sulla decisione della Corte sulle eccezioni di incompetenza funzionale, territoriale e per materia, sollevate dai legali degli imputati che volevano scappare da Palermo (e dalla Corte d’assise). Per Montalto, non sussistono i presupposti perché venga accettata l’eccezione di incompetenza funzionale sollevata dai legali di Nicola Mancino, Massimo Krogh e Umberto Del Basso De Caro, per far giudicare il loro assistito dal Tribunale dei ministri. Il presidente della Corte è stato chiarissimo su questo punto: “Nicola Mancino” è “imputato del reato di falsa testimonianza, in relazione alle dichiarazioni rese in Palermo, nel processo a carico degli imputati Mori e Obinu, in data 24-2-2012, quindi ben dopo la cessazione della carica di ministro. […]. L’eccezione di incompetenza funzionale deve essere perciò respinta […]”. In pratica, l’ex ministro dell’Interno è imputato per un reato compiuto quando ormai era un normale cittadino, perciò non potrà essere giudicato da un Tribunale ministeriale. Come avevamo sostenuto al termine della scorsa udienza, in giurisprudenza non esiste il principio del “Lei non sa chi ero io!”.
Simone Ferrali
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