A lezione di antimafia alla scuola media Pietro Zangheri Stampa
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Scritto da Michele Dori   
Martedì 16 Aprile 2013 18:14

di Michele Dori - 16 aprile 2013

FORLÌ. “C'è un momento nella vita in cui un uomo deve scegliere da che parte stare. Io ho scelto di stare con lo Stato, con la giustizia”. È con queste parole che ha esordito ieri l'ex poliziotto antimafia, ora in pensione, Pippo Giordano, nel suo discorso alla classe 3° A della scuola media Pietro Zangheri di Forlì.

Tre ore per parlare di mafia e di antimafia. Per ricordare che lui, in quella Sicilia che gli ha dato i natali, avrebbe anche potuto stare dalla parte sbagliata. Che conosceva la famiglia del mafioso Michele Greco fin dall'infanzia. Ma che in gioventù fece la scelta più coraggiosa: entrare in polizia, diventare un uomo dello Stato. Un uomo d'onore. Nel senso vero del termine. Non nel significato distorto che Cosa Nostra ha costruito nel tempo attorno alla parola “onore”.

Pippo Giordano racconta la sua storia e per due ore la classe 3° A lo ascolta in silenzio. Quando racconta dei tanti colleghi uccisi da Cosa Nostra. Dei metodi brutali con cui la mafia si libera dei personaggi scomodi o dei familiari dei cosiddetti “pentiti”.


I tre ragazzi in prima fila prendono appunti. Le loro matite scorrono veloci sui fogli. Niente di meno ci si aspetta dalla prima fila di una classe. Gli altri ascoltano. Non vola una mosca. Non un telefonino che squilla, neanche un colpo di tosse. Nessuna distrazione. La lunga lista dei nomi dei magistrati, dei poliziotti e dei giornalisti uccisi dalla mafia scorre rapida, mentre la voce calda di Pippo Giordano si colora di una vena di emozione. Un po' è il ricordo di una carriera lunga, che lo ha portato anche in America a collaborare con l'Fbi. E un po' è anche il ricordo di volti e nomi che, alla maggior parte della gente risultano simboli, ma che per Pippo Giordano sono amici. Di Giovanni Falcone, le persone ricorderanno sempre le frasi chiave, la foto, in un'atmosfera conviviale, con Paolo Borsellino. Ma Pippo Giordano ricorda anche la quotidianità, le indagini, la paura dopo l'uccisione di Ninni Cassarà.

Alla fine del racconto, partono le domande. Una sfilza di domande. A scuola, si sa, c'è sempre un momento di imbarazzo con l'ospite che viene da fuori. Al momento delle domande, c'è un silenzio imbarazzante. Questa volta no. Pippo Giordano è costretto a dare priorità a questo o a quel ragazzo. In due ore, sono quasi una ventina le domande che arrivano al suo indirizzo. E stupisce anche il livello delle domande: sebbene Giordano avesse cercato di parlare in maniera semplice nella sua esposizione, le domande sono spesso molto “tecniche”: come è ramificata la mafia? Come è strutturata la mafia? Ci sono dei riti per entrare? Che tipo di conoscenze bisogna avere per entrare nell'antimafia? Ci sono rapporti di affari o di conoscenza tra le varie organizzazioni criminali italiane?

Pippo Giordano risponde a tutti. La lezione finisce e qualcuno si avvicina all'ex poliziotto per fare qualche domanda ulteriore. Giordano risponde, stringe qualche mano. Tanti complimenti. Poi si avvia verso l'uscita. I fantasmi del passato, dei tanti colleghi che non ci sono più, affollano ora la sua mente, sollecitata dalle domande dei ragazzi. Un dolore forte gli attraversa il viso. Ma è un lavoro che andava fatto. Perchè la lotta alla mafia non si fa solo per le strade e nelle aule di tribunale. Si fa anche a scuola, nella cultua. Sono cose che un uomo dello Stato sa che deve fare.

 
 

Michele Dori (forli24ore.it)







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