Nicolò Marino: 'La trattativa continua con Messina Denaro' Stampa
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Scritto da S. P.   
Sabato 12 Gennaio 2013 18:15
L'ex magistrato Marino: il superlatitante protetto dagli accordi di vent'anni fa

'La trattativa tra Stato e mafia non si è interrotta nel '94. Mi sembra di vederne un'altra, che adesso protegge l'ultimo grande latitante di Cosa Nostra, il trapanese Matteo Messina Denaro'. E' l'allarme di Nicolò Marino, che da un mese non è più uno dei magistrati della Procura di Caltanissetta impegnati nelle indagini sulle stragi Falcone e Borsellino, ma l'assessore all'Energia della giunta di Rosario Crocetta. E in questa nuova veste, Marino è già tornato a scontrarsi con i misteri di Messina Denaro, ritenuto il gran regista delle infiltrazioni nel settore dell'energia pulita in Sicilia, dall'eolico al fotovoltaico.
Dice: 'E' davvero incredibile che dopo vent'anni non si riesca ancora a prendere questo erede di Totò Riina, nonostante l'impegno di magistrati e forze dell'ordine. Credo che Matteo Messina Denaro goda di accordi non accettabili nell'ambito delle istituzioni, preché detiene ancora tanti segreti di quella trattativa avviata nella primavera del '92: fu lui ad essere inviato a Roma, con i fratelli Graviano, per uccidere Giovannni Falcone, e poi a marzo venne richiamato all'improvviso da Riina, non è ancora chiaro perché. Fu ancora Messina Denaro - rivela Marino - a ingaggiare l'artificiere della strage di Capaci, Pietro Rampulla, un personaggio vicino alla destra eversiva con cui il boss trapanese aveva già operato durante la faida di Alcamo del 1991'.
Le indagini della procura di Caltanissetta hanno scoperto che Matteo Messina Denaro avrebbe partecipato addirittura alla riunione convocata da Riina nell'ottobre 1991, per avviare la strategia della trattativa attraverso le bombe: 'Lo scopo di Riina era la ricerca di nuovi referenti politici - chiarisce Marino - le stragi del '92-'93 non sono state dunque un'escalation, ma il frutto di un programma ben preciso stabilito nel '91, per creare un clima di terrore. Così, quando Riina fu arrestato, il 15 gennaio 1993, Messina Denaro ed i fratelli Graviano non ebbero dubbi sul da farsi: bisognava portare a termine il progetto. E un altro latitante di rango, Bernardo Provenzano, proseguì la sua latitanza in virtù della trattativa, fra accordi ingiustificabili per una presunta ragion di Stato'.
Su quella stagione di patti risalenti a vent'anni fa, sono intervenuti ieri gli avvocati dell'ex ministro Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza all'udienza preliminare in corso a Palermo. 'Quello di cui è accusato Mancino è un reato infamante che viene contestato a una persona che ha trascorso la sua vita nelle istituzioni con ruoli di altissimo prestigio', dicono gli avvocati Massimo Krogh e Umberto Del Basso De Caro. 'La vita di Mancino è  stata interamente dedicata al Paese, il suo passato è anche il testimone a difesa più solido che egli abbia'. I legali ribadiscono la 'contrarietà' di Mancino 'all'attenuazione del 41 bis' e ad ogni trattativa. Per questo chiedono il suo proscioglimento, o in 'subordine' l'assunzione di nuove prove: le audizioni di Liliana Ferraro, Arnaldo Forlani, Giuliano Amato e Sergio Mattarella. I legali di Mancino prospettano anche una terza soluzione al giudice Morosini: lo stralcio della posizione dell'ex ministro, davanti al tribunale di Palermo, per evitare un processo in compagnia dei capi di Cosa Nostra.

S. P. (La Repubblica, 12 gennaio 2013)






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