Mafia: Scarantino racconta il depistaggio su Borsellino in un libro Stampa
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Scritto da Adnkronos   
Martedì 15 Luglio 2014 22:29

di Adnkronos - 15 luglio 2014

Roma, 15 lug. - (Adnkronos) - Verità processuali e verità storiche ancora lontane, malgrado i 22 anni passati dalla strage di via D'Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. E' l'amaro bilancio di "Dalla parte sbagliata", volume d'inchiesta che esce in questi giorni nelle librerie italiane per Castelvecchi editore, in concomitanza con la ricorrenza dell'eccidio del 19 luglio. Depistaggi, pentiti taroccati, investigatori infedeli, servizi segreti hanno inquinato la scena del delitto e i vari processi che si sono susseguiti, fino ad arrivare all'odierno Borsellino Quater, dopo tre processi e nove gradi di giudizio.

Clamoroso errore giudiziario o vile depistaggio che sia, la storia delle indagini è da riscrivere: ne sono convinte Rosalba Di Gregorio e Dina Lauricella, che scelgono di farlo guardando i fatti "dall'altra parte". I due punti di osservazione 'speciale' assunti dalle autrici sono, infatti, quelli di Vincenzo Scarantino, il pentito più anomalo che i tribunali italiani abbiano mai visto, e dell’avvocatessa Di Gregorio, legale di numerosi boss di Cosa Nostra, tra cui Bernardo Provenzano, Michele Greco e Vittorio Mangano, lo 'stalliere' di Arcore.

Di Gregorio, interviene insieme all'avvocato Marasà in difesa di una decina di imputati fin dal primo maxiprocesso contro la mafia di Palermo. Oggi, in quello che è una sorta di 'diario di bordo' spiega questi vent’anni di processi Borsellino. "Se Scarantino è stato solo una pedina del depistaggio e se la Procura di Catania si appresta a revisionare il processo -sostiene- significa che di questa strage si è capito e si sa davvero poco".
Dina Lauricella, giornalista palermitana che vive a Roma da 14 anni e da sette lavora per la trasmissione tv "Servizio pubblico", è riuscita invece a stanare Scarantino dal suo nascondiglio e l'ha intervistato. Ora 'riavvolge il nastro' del registratore per aiutare "non solo a dare un volto a chi ha ucciso il magistrato, ma anche, e soprattutto, scoprire chi ha dato l’ordine e perché".
"Stare dalla parte giusta significa riconoscere gli errori, cercare umilmente la verità e volerla con coraggio -sostiene Lucia Borsellino, figlia del giudice assassinato- significa rinunciare anche a false e più comode ricostruzioni della storia edificate ad arte, che alludono a effimeri successi e allontanano dalla verità, rendendone più arduo e faticoso il raggiungimento. Potrò non vederla la verità ma ne pretendo la ricerca, per dare un senso alla vita di chi è morto per questo".
Per la prima volta, dopo 22 anni, Lucia Borsellino nel giugno scorso ha mosso accuse nei confronti di chi in quegli anni indagò sulla morte del padre: "Io vi posso dire solo una cosa e portare qui una testimonianza che sarebbe divenuta verità processuale, se solo fosse stata depositata agli atti dalla Procura di Caltanissetta, quando vent’anni fa con mio fratello andammo a consegnare l’unica agenda rimasta a casa, quella grigia dell’Enel, l’unico documento in cui si evince che mio padre avesse incontrato l’onorevole Mancino e qualcun altro".


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