Paolo Borsellino e l'agenda rossa Stampa
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Scritto da Redazione 19luglio1992.com   
Venerdì 11 Settembre 2009 11:13

Riportiamo l'introduzione del testo "Paolo Borsellino e l'agenda rossa" che è stato preparato e curato dalla redazione del nostro sito www.19luglio1992.com in occasione delle manifestazioni per il 17° anniversario (19 luglio 2009) della strage di via D'Amelio e per la manifestazione "Agenda rossa" in programma a Roma per il 26 settembre 2009. Il testo completo compare in allegato a questo post in formato PDF (A5) ed è scaricabile liberamente.

L'edizione aggiornata del testo 'Paolo Borsellino e l'Agenda Rossa' è stata presentata il 19 luglio 2014 a Palermo (in appendice la nuova introduzione).

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Paolo Borsellino

 

 

Introduzione


Il 19 luglio 1992 un’autobomba fatta brillare in via Mariano D’Amelio a Palermo alle ore 16.58 e venti secondi causò la morte del Magistrato Paolo Borsellino e dei cinque Agenti della Polizia di Stato Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina ed Agostino Catalano. Nonostante la magistratura abbia ottenuto fondamentali risultati nell’accertamento della matrice mafiosa della strage e nell’individuazione dei responsabili interni all’associazione criminale Cosa Nostra, pesanti zone d’ombra permangono sulle entità esterne all’organizzazione mafiosa che con questa hanno interagito nella deliberazione ed esecuzione del piano stragista. L’accelerazione imposta alla fase esecutiva della strage matura infatti dall’incontro delle esigenze di Cosa Nostra e di quei soggetti esterni all’organizzazione “in qualche modo interessati a condizionare i moventi e i ragionamenti dei malavitosi e\o in certe circostanze a svolgere una vera e propria opera di induzione al delitto” (sentenza d’appello Borsellino bis, cap. V).

Un documento che potrebbe fornire indicazioni determinanti per dare un volto ai mandanti esterni della strage è l’agenda rossa di Paolo Borsellino sulla quale il Magistrato era solito appuntare riflessioni e contenuti dei suoi colloqui investigativi, soprattutto negli ultimi mesi che precedettero la strage. Borsellino ripose l’agenda nella sua borsa di cuoio poco prima di recarsi dalla madre in via D’Amelio il 19 luglio 1992, come testimoniato dai figli e dalla moglie del Magistrato. Da quel momento dell’agenda si sono perse le tracce: nella borsa del Magistrato trovata intatta dopo l’esplosione sono stati rinvenuti alcuni oggetti personali ma non l’agenda.
In quel diario sono contenuti appunti sugli incontri ed i colloqui che Borsellino ebbe con collaboratori di giustizia e con rappresentanti delle Istituzioni. Si tratta di elementi determinanti per mettere a fuoco le complicità di pezzi dello stato con Cosa Nostra. Chi si è appropriato dell’agenda può oggi utilizzarla come potente strumento di ricatto proprio nei confronti di coloro che, citati nel diario, sono scesi a patti con l’organizzazione criminale.

È stato infatti accertato con la sentenza definitiva Borsellino bis che una dei fattori esterni a Cosa Nostra che interferirono con i processi decisionali della strage di via D’Amelio fu la trattativa avviata dopo la strage di Capaci del 23 maggio 1992 da alcuni rappresentanti delle Istituzioni con i vertici di Cosa Nostra. La cosiddetta Seconda Repubblica nasce sulla base di un dialogo a colpi di bombe tra l’organizzazione mafiosa ed appartenenti al mondo politico ed imprenditoriale. Questa scellerata trattativa da un lato ha assicurato ai suoi protagonisti fulminee carriere all’interno del rimaneggiato quadro politico e degli apparati di sicurezza, dall’altro ha permesso a Cosa Nostra di limitare gli effetti dell’incisiva azione repressiva della parte sana delle Istituzioni nei primi anni novanta e di consolidare il rapporto di consustanzialità con la borghesia imprenditoriale mafiosa. “La Seconda Repubblica affonda i suoi pilastri nel sangue”, ha detto il Procuratore Aggiunto della Repubblica di Palermo Antonio Ingroia, e l’agenda rossa di Paolo Borsellino ne costituisce la “scatola nera”, secondo la definizione del giornalista Marco Travaglio.

Il documento che vi apprestate a leggere in queste pagine vuole dare un contributo a raggiungere quattro obiettivi. In primo luogo diffondere alcuni degli interventi pubblici di Paolo Borsellino che rimangono di stringente attualità, soprattutto per quanto riguarda le responsabilità interne alla magistratura nell’isolare e delegittimare chi come Giovanni Falcone tenta di rendere viva la Costituzione e rispettare l’uguaglianza di tutti di fronte alla Legge. In secondo luogo aiutare a ricostruire i fatti attinenti alla vita di Paolo Borsellino per il periodo compreso fra la strage di Capaci (23 maggio 1992) e quella di via D’Amelio (19 luglio 1992) per cercare di capire fino in fondo il contesto nel quale è maturata l’improvvisa accelerazione del piano esecutivo dell’eccidio del 19 luglio. Vogliamo inoltre fornire al lettore una ricostruzione delle tappe dell’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta sulla sottrazione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino ed un’analisi critica delle motivazioni delle sentenze con le quali il colonnello dei Carabinieri Giovanni Arcangioli, già indagato per il reato di furto dell’agenda rossa con l’aggravante di aver favorito l’associazione mafiosa, è stato definitivamente prosciolto “per non aver commesso il fatto”. Infine vorremmo contribuire a far conoscere le motivazioni della sentenza Borsellino bis emessa dalla Corte di Assise di appello di Caltanissetta presieduta da Francesco Caruso il 18 marzo 2002 e confermata integralmente dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione il 3 luglio 2003. Questa sentenza è un documento fondamentale perché da un lato racchiude alcuni dei risultati più rilevanti raggiunti dalla magistratura nell’accertamento delle responsabilità penali degli autori e mandanti interni a Cosa Nostra della strage di via D’Amelio, dall’altro apre uno squarcio sulle piste investigative che rimandano ai mandanti esterni all’organizzazione mafiosa. Si tratta di elementi investigativi che sono stati raccolti soprattutto grazie al lavoro degli ufficiali di Polizia Gioacchino Genchi ed Arnaldo La Barbera i quali sono stati fortemente ostacolati da individui all’epoca appartenenti all’amministrazione del Ministero degli Interni proprio a causa della loro attività di polizia giudiziaria. Nel capitolo terzo della citata sentenza si legge: Era doveroso riportare il contenuto di questa importante e inquietante testimonianza (del dr. Gioacchino Genchi ndr), tenuto conto dell’impostazione di alcuni motivi d’appello e delle correlate richieste istruttorie. Attraverso essa abbiamo appreso che i vuoti di conoscenza che tuttora permangono nella ricostruzione dell’intera operazione che portò alla strage di via D’Amelio, possono essere imputati anche a carenze investigative non casuali. Addirittura questo limite sembra possa avere condizionato l’intera investigazione sui grandi delitti del 1992, come è spesso capitato per i grandi delitti del dopoguerra in Italia, quasi esista un limite insormontabile nella comprensione di questi fatti che nessun inquirente indipendente debba superare. Tutto ciò ripropone con attualità la necessità di riprendere nelle sedi opportune le indagini sulle questioni alle quali manca tuttora risposta.

Questo testo nasce facendo tesoro del lavoro di tante persone che vorremmo ringraziare di cuore: innanzitutto Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, dal cui libro “L’agenda rossa di Paolo Borsellino” (Chiarelettere, 2007) abbiamo attinto a piene mani. Il loro contributo è stato fondamentale e molti brani presentati in queste pagine sono frutto del “saccheggio” del libro scritto dai due giornalisti. Il libro intitolato “Paolo Borsellino. Il valore di una vita” scritto da Umberto Lucentini (Mondadori, 1994) è stato una fonte inesauribile di fatti ed informazioni. Un altro aiuto determinante per la raccolta di documenti e di conoscenze è venuto da Arcangelo Ferri, giornalista di RAINEWS24 ed autore di alcune inchieste giornalistiche sulla vita di Paolo Borsellino indispensabili per ricostruire la dinamica dei fatti. Ringraziamo poi Salvo Palazzolo, giornalista del quotidiano La Repubblica, autore con Enrico Bellavia di un sito (www.falconeborsellino.net) e di un libro (Falcone Borsellino, Mistero di Stato, Edizioni della Battaglia, 2003) essenziali per lo sviluppo della nostra ricerca. Grazie anche a Leo Sisti e Gianluca Di Feo, giornalisti del settimanale L’Espresso, per lo scambio di documenti e per la ricostruzione cronologica di alcuni fatti accaduti nel giugno-luglio 1992. Un grosso ringraziamento va infine a tutta la redazione del periodico ANTIMAFIADuemila ed in particolare ai giornalisti Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo, attraverso i cui articoli è stato per noi possibile avere un’approfondita visione d’insieme di vicende ed inchieste relative alla strage di via D’Amelio.

Un ringraziamento speciale va a tutti i redattori del sito 19luglio1992.com per aver partecipato alla raccolta di materiale e documenti utili per questo elaborato: Desirée Grimaldi, Martina Di Gianfelice, Vanna Lora ed Enzo Guidotto. Grazie a Valentina Culcasi per aver curato la preparazione del testo e la parte relativa agli interventi di Paolo Borsellino. Un sincero ringraziamento a Federico Elmetti per l’approfondita analisi delle sentenze relative all’inchiesta sulla sottrazione dell’agenda rossa e a Fabio De Riccardis per il supporto informatico nell’elaborazione del materiale. Infine grazie di cuore a Salvatore Borsellino per aver fatto nascere questo gruppo di lavoro e per la forza e determinazione con cui dà vita ai suoi ideali e progetti. La pubblicazione di questo documento e la manifestazione di Palermo del 19 luglio 2009 non sarebbero state possibili senza la rabbia e la sete di Giustizia di Salvatore.


Marco Bertelli, 24 novembre 2009




Introduzione all'edizione aggiornata del 19 luglio 2014


Tra il 24 novembre 2009 ed il 19 luglio 2014 il quadro relativo all’accertamento delle responsabilità penali di mandanti ed esecutori della strage di via D’Amelio è profondamente cambiato. La procura della Repubblica di Caltanissetta guidata da Sergio Lari, riscontrando le affermazioni dei collaboratori di giustizia Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, ha accertato la falsità delle dichiarazioni rese da Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura e Francesco Andriotta. Gli inquirenti hanno ricostruito un segmento essenziale della fase esecutiva della strage, il furto e l’allestimento dell’autobomba, che ha visto coinvolti membri della famiglia mafiosa del quartiere Brancaccio di Palermo guidata dai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Gli accertamenti della procura nissena hanno reso possibile la scarcerazione, il 27 ottobre 2011, di sette persone condannate nei precedenti procedimenti penali sulla base delle dichiarazioni mendaci di Vincenzo Scarantino e l’avvio, il 23 marzo 2013, di un nuovo processo, denominato ‘Borsellino QUATER’. Un altro filone investigativo è aperto presso la procura di Caltanissetta per identificare i responsabili del depistaggio costruito sulle false affermazioni di Vincenzo Scarantino.

La ritrattazione di Scarantino e la scarcerazione di sette condannati sono state percepite da una parte dell’opinione pubblica come la prova che tutte le sentenze passate in giudicato sulla strage fossero ‘da buttare’. In realtà, i risultati raggiunti dalle sentenze ‘Borsellino UNO’ e ‘Borsellino BIS’ in merito a mandanti e moventi della strage ed i dispositivi integrali delle sentenze nate dal procedimento ‘Borsellino TER’ rimangono definitivi ed attuali perché pronunciati sulla base di elementi probatori diversi da quelli offerti da Vincenzo Scarantino.

Molti degli spunti investigativi individuati da Gioacchino Genchi hanno parimenti trovato conferma dagli accertamenti condotti dalla procura di Caltanissetta, anche se i relativi approfondimenti non hanno consentito di individuare i nomi dei soggetti esterni a Cosa Nostra che con essa hanno interagito nella dinamica dell’accelerazione della fase esecutiva della strage. Il fatto che i PM nisseni abbiano concluso per la ‘verosimiglianza’ dell’ipotesi che sia stato Giuseppe Graviano a premere il telecomando dell’autobomba nei pressi del luogo dell’esplosione, non contraddice alla base l’insieme articolato di indizi e temi d’indagine sui quali Gioacchino Genchi lavorò nei mesi immediatamente successivi alla strage.

La revisione di questo testo, pubblicato per la prima volta il 19 luglio 2009, nasce grazie all’impegno di Federica Fabbretti ed Angelo Garavaglia Fragetta, che hanno approfondito tutti i ‘lampi nel buio’ sul furto dell’agenda rossa ed integrato il capitolo curato da Federico Elmetti con le acquisizioni più recenti. L’aggiornamento è stato possibile anche grazie alla realizzazione nell’anno 2010 del dvd ‘19 luglio 1992: una strage di Stato’, progetto nato da un’idea di Marco Canestrari. Un sincero ringraziamento va ad Elena Franciosa, per essere costante punto di riferimento per l’organizzazione delle atti-vità del Movimento Agende Rosse.

Un sentito grazie a Marco Travaglio ed Antonio Padellaro, per la disponibilità a partecipare alle iniziative del Movimento ed in particolare al programma del 19 luglio a Palermo. Grazie ancora a Lorenzo Baldo, autore di un dettagliato riepilogo sulle sentenze relative ai processi sulla strage di via D’Amelio.
Un vivo ringraziamento a tutti gli aderenti al Movimento, per aver contribuito in modo decisivo alla diffusione della prima edizione di questo testo.
Grazie di cuore all’avv. Fabio Repici per l’incessante e decisivo contributo alla ricerca della verità processuale su mandanti ed esecutori della strage di via D’Amelio ed allo scambio di idee per conoscere fatti e nomi indispensabili per ricostruire in profondità il contesto in cui maturarono le stragi del biennio ’92-‘93.
Infine grazie di cuore a Salvatore Borsellino, anima del Movimento Agende Rosse. I processi stabiliranno se i nuovi imputati per la strage di via D’Amelio siano colpevoli o meno, ma un dato è certo: senza l’impegno incessante di Salvatore in questi ultimi cinque anni, l’opinione pubblica avrebbe avuto solo un’eco lontana di ciò che rappresenta l’agenda rossa di Paolo Borsellino e la Magistratura sarebbe stata molto più isolata nel tentativo di rompere il muro di omertà che ancora protegge chi fu indicato da Paolo Borsellino pochi giorni prima di essere ucciso: ‘Paolo mi disse – ha dichiarato Agnese Borsellino – che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere’. Le parole di Paolo Borsellino sono inequivocabili.
Mentre da parte di Cosa Nostra, attraverso le parole di Gaspare Spatuzza, è stata aperta una profonda crepa nel muro del silenzio che ancora avvolge una porzione consistente della fase esecutiva della strage, da parte di altri soggetti esterni all’organizzazione criminale, appartenenti o meno alle Istituzioni, nessun segnale è giunto in questa direzione.
Salvatore non ha taciuto di fronte a questo muro di omertà ed ha incoraggiato il Movimento Agende Rosse a pretendere la verità sulla strage del 19 luglio 1992 e a sostenere la parte migliore delle Istituzioni impegnata a raggiungere questo obiettivo. Da qui nasce l’esperienza della ‘Scorta Civica’ che, partendo da Palermo, si è diffusa in tante città d’Italia.
Salvatore ha ripetuto più volte di sentirsi in colpa per aver lasciato Palermo ed essersi trasferito a Milano dopo la laurea. Una buona parte di questo debito è stata ‘gioiosamente pagata’ dall’aver fatto conoscere suo fratello Paolo ad ognuno di noi ed aver dimostrato su tanti campi di battaglia che Paolo è vivo.


Marco Bertelli, 19 luglio 2014






 

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Paolo Borsellino e l'agenda rossa V13[ ]29/04/2015 12:54

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aleale  - Caro Salvatore Borsellino? Secondo lei..........?   |2009-09-11 15:49:57
Caro Salvatore Borsellino nella pagina del Blog Ufficiale di Gioacchino
Genchi
al sito che è:

gioacchinogenchi.blogspot.com/

Ho letto di un
certo
Principe Napoleone Orsini che era in contatto Licio Gelli,è ho letto che
mi
sembra non ne sono sicuro comunque mi sembra che alla fine del' 92 ed inizi
del
'93 il principe Orsini è tra i più attivi in quei mesi: contatta i
notabili
che hanno fondato le «leghe del Sud», li riunisce, si offre come
loro
candidato unico alle elezioni, proponendo la costituzione di un'unica,
grande
«Lega meridionale» ecc.ecc....

Secondo molti i sospettati mandanti
occulti
di quelle stragi del 1992 e del 1993 sono Dell'Utri e Berlusconi,
anch'io li
metto tra i sospettati,ma Dell'Utri prima di avviarsi per fondare
Forza Italia
conosceva questo Napoleone Orsini sapeva che questo Napoleone
Orsini portava
avanti questa sua idea,sapeva che questo Orsini forte dei
contatti con Gelli,
lavorava per un progetto più ampio: riunire tutti i
movimenti «separatisti»,
tutte le «leghe» nate in quei mesi nel Sud del
Paese,Dell'Utri sapeva dei
possibili contatti di varie persone che volevano
ispirarsi ad una Lega
Meridionale,spunto che era stato preso dalla filosofia
del partito della Lega
Nord,e quindi alla luce di tutto ciò può essere che i
possibili mandanti oltre
a Dell'Utri e Berlusconi siano tutti quei massoni
molti vicini a Licio Gelli che
volevano portare avanti un movimento di tipo
separatista e federalista
nell'intento di distaccare la Sicilia ed altre
regioni dal resto d'Italia?In
conclusione dico allora può essere che i
possibili sospettati oltre oltre a
Dell'Utri e Berlusconi i mandanti occulti
delle stragi potrebbero anche essere
quei massoni che avevano in mente di
distaccare alcune regioni d'Italia e dare
l'indipendenza a quelle regioni che
che si voleva che si distaccasssero
dall'Italia?
mickie69   |2009-09-11 23:43:11
Non potrò partecipare alla manifestazione del 26 settembre a Roma, ma metterò
fuori dalla finestra l'Agenda Rossa.
michela
Pereira50   |2009-10-12 14:03:30
Qualche giorno prima della manifestazione ho scrittoa al Presidente della
Repubblica
AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
ON. GIORGIO
NAPOLITANO
Palazzo del
Quirinale
00100 ROMA
Gentile Presidente,
Faccio seguito
alla lettera del 23 c.m. avendo nel frattempo avuto modo di esaminare la lettera
di Mancino al Corriere della sera del 17 luglio 2009, nella quale riporta le
parole di Mutolo per dimostrare che l’incontro non c’è stato, ma non la
convocazione al Viminale :
” Sai Gaspare, debbo smettere perché mi ha
telefonato il ministro, ma…..manco una mezzoretta e vengo “ Paolo Borsellino
è tranquillo, sereno; forse pensa che il Ministro vuole conoscerlo di persona,
domandargli come vanno le cose, dirgli di persona che apprezza lo sforzo che sta
facendo in quello momento triste, argli in una parola la cosiddetta “
solidarietà”, fare sapere a tutti pubblicamente che lo Stato è con lui, dare
un segnale alla mafia:

“ Quindi ( Paolo Borsellino) manca per qualche ora,
quaranta minuti, cioè all’incirca un’ora, e mi ricordo quando è venuto,
è venuto tutto arrabbiato agitato, preoccupato, ma che addirittura fumava così
distrattamente che aveva due sigarette in mano. Io, insomma non sapendo cosa…
Dottore, ma che cosa ha! E lui, molto preoccupato e serio, mi fa che viceversa
del Ministro si è incontrato con il Dott. Parisi e il Dott
Contrada“ .

Mancino conferma tutto il racconto di Mutolo in ogni suo
dettaglio.
Il Ministro convoca il giudice al Viminale, ma al Viminale, nella
sua stanza gli fa trovare, al posto suo, il Capo della polizia Parisi e il capo
della questura di Palermo Contrada.
Cosa hanno detto Parisi e Contrada a Paolo
Borsellino a nome del Ministro in quei quaranta minuti, lo hanno avvertito, lo
hanno minacciato, lo hanno avvertito e minacciato insieme, gli hanno chiesto
cosa dicevano i pentiti, di cosa stava dicendo Mutolo. Come si definisce la
circostanza in cui con una telefonata si convoca un incontro e poi si manda un
altro ? Perché Paolo Borsellino quando torna è così arrabbiato, agitato,
preoccupato. Non so dove e quanto Paolo Borsellino ha detto: “ Sto vedendo la
mafia in diretta”, Forse era così arrabbiato, agitato, preoccupato, Lui che
la mafia la conosceva eccome, perché l’aveva vista in diretta nell’ufficio
del Ministro degli Interni.
Contrada è stato condannato in via definitiva: dai
tabulati telefonici è stato accertato che Contrada seppe dell’eccidio di via
Amelio dopo ottanta secondi.
Ecco perché Nicola Mancino non
può restare al suo posto, Lei non può essere rappresentato da Nicola Mancino
al Consiglio Superiore della Magistratura, quella lettera è una confessione
piena.
ricordo di oggi. Ma l’incontro è un fatto certo, perché riferito da
chi accompagnò Borsellino sino all’anticamera del Ministro”.

Il 19 luglio ero a Palermo, in
Via D’Amelio, con i ragazzi di Ammazzateci tutti, qualche minuto prima
dell’ora fatidica in cui Paolo Borsellino con la sua scorta è saltato in
aria, si è arrivato il procuratore Lari, anche Lui aveva la mano alzata con
l’agenda Rossa, anche Lui è nel mirino, non lo lasci solo.
Nell’ultima
intervista a Giorgio Bocca Carlo Alberto dalla Chiesa ha spiegato nei dettagli
l’anatomia del delitti eccellenti:
IL CASO MATTARELLA

Senta generale, lei
ed io abbiamo la stessa età e abbiamo visto, sia pure da ottiche diverse, le
stesse vicende italiane, alcune prevedibili, altre assolutamente no. Per esempio
che il figlio di Bernardo Mattarella venisse ucciso dalla Mafia. Mattarella
junior è stato riempito di piombo mafioso. Cosa è successo, generale?

"E' accaduto questo: che il figlio, certamente consapevole di qualche
ombra avanzata nei confronti del padre, tutto ha fatto perché la sua attività
politica e l'impegno del suo lavoro come pubblico amministratore fossero esenti
da qualsiasi riserva. E quando lui ha dato chiara dimostrazione di questo suo
intento, ha trovato il piombo della Mafia. Ho fatto ricerche su questo fatto
nuovo: la Mafia che uccide i potenti, che alza il mirino ai signori del
"palazzo". Credo di aver capito la nuova regola del gioco: si uccide il
potente quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo
pericoloso ma si può uccidere perché è isolato".

Mi spieghi meglio.

"Il caso di Mattarella è ancora oscuro, si procede per ipotesi. Forse
aveva intuito che qualche potere locale tendeva a prevaricare la linearità
dell'amministrazione. Anche nella DC aveva più di un nemico. Ma l'esempio più
chiaro è quello del procuratore Costa, che potrebbe essere la copia conforme
del caso Coco".

Lei dice che fra filosofia mafiosa e filosofia brigatista
esistono affinità elettive?
"Direi di si. Costa diventa troppo pericoloso
quando decide, contro la maggioranza della procura, di rinviare a giudizio gli
Inzerillo e gli Spatola. Ma è isolato, dunque può essere ucciso, cancellato
come un corpo estraneo. Così è stato per Coco: magistratura, opinione pubblica
e anche voi garantisti eravate favorevoli al cambio fra Sossi e quelli della
XXII ottobre. Coco disse no. E fu ammazzato".
Non
aspetti quaranta anni.
Mandi al Paese un segnale
nuovo,forte, chiaro, inequivocabile: che lo Stato è forte e credibile e che sa
sopportare la verità e non rinuncia a se stesso e non è spaventato. Mancino
non può restare al suo posto. Il Paese questo si aspetta .
Con infinito
affetto e stima, che Dio La guardi.
Mitt. Spinelli Francesco –
Vico 3°
Marconi 12 Falerna CZ
Pereira50@live.it
Pereira50   |2009-10-12 14:06:28
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

ON. GIORGIO NAPOLITANO
Palazzo
del Quirinale
00100 ROMA
Gentile Presidente,
Come ho avuto
modo di scriverLe più volte, Sua elezione alla più alta carica dello Stato
rappresenta la vera, grande novità del panorama politico italiano.

Affinché sprigioni tutta la sua potenzialità e sia avvertita da
tutti come tale, è necessario, però, che essa si traduca maggiormente in
fatti concreti.
La scelta di
mettere al centro della giornata della memoria la figura di Giuseppe Pinelli
è stato una atto grande di coraggio; ha dimostrato veramente di rappresentare,
come aveva ripetutamente chiesto la Signora Licia :
“Uno
Stato forte e credibile che sappia afferrare e sopportare la verità. Se è
spaventato dalla verità, quello Stato rinuncia a se stesso, si indebolisce,
perde, si dichiara sconfitto “.
Ora, però,
occorre un nuovo scatto di forza e di coraggio, occorre nuovamente dimostrare
che lo Stato è forte e credibile, che non è spaventato e non si dichiara
sconfitto:
Nicola Mancino non può restare al suo posto, Lei
non può essere rappresentato da Nicola Mancino al Consiglio Superiore della
Magistratura, Nicola Mancino non può non ricordare, anche perché:
Li
Gotti: “In verità Martelli ha dichiarato di più contatti cercati da Cosa
Nostra con lo Stato. Rimane l’ombra sull’incontro di Borsellino con il nuovo
ministro dell’Interno, Mancino, il 1° luglio 1992. Mancino non lo ricorda e
non ricorda di trattative. Il suo non ricordo risale a quegli anni
(dichiarazioni rese nel 1997). Non è un cattivo non ricordo di oggi. Ma
l’incontro è un fatto certo, perché riferito da chi accompagnò Borsellino
sino all’anticamera del Ministro”.

Il 19 luglio ero a Palermo, in Via D’Amelio, con i
ragazzi di Ammazzateci tutti, saremo a Roma il 26 a fianco di Salvatore
Borsellino.
Mandi al Paese e al Mondo un segnale
nuovo,forte, chiaro, inequivocabile: che lo Stato è forte e credibile e che sa
sopportare la verità e non rinuncia a se stesso e non è spaventato. Il Paese
questo si aspetta .
Con infinito affetto e stima, che Dio La guardi.
Mitt.
Spinelli Francesco –
Vico 3° Marconi 12 Falerna CZ
Pereira50@live.it

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