La piaga che affligge Palermo? Il traffico Stampa
Rubriche - I Mandanti Occulti
Scritto da Marco Bertelli   
Sabato 08 Marzo 2008 16:14
Queste le parole dello zio siciliano di "Maria" rivolte a "Dante",  protagonista del film "Johnny Stecchino" interpretato dall´attore Roberto Benigni nel 1991. Quando Dante incontra per la prima volta a Palermo lo zio di Maria, questi elenca le "piaghe" che soffocano la zona e diffamano la Sicilia agli occhi del mondo: lo spettatore si aspetta di sentire nominare la mafia ed invece si sente elencare l´Etna, la siccita´ ed il traffico.


A distanza di molti anni dobbiamo riconoscere che lo zio di Maria aveva ragione. Nonostante via Mariano D´Amelio a Palermo sia una strada senza uscita lunga poche decine di metri con auto parcheggiate al centro ed ai lati della carreggiata, il 19 luglio 1992  fu piu´ trafficata di viale Regione Siciliana nelle ore di punta. In via D´Amelio abitavano allora Maria Lepanto e Rita, rispettivamente madre e sorella di Paolo Borsellino e questa era una delle tappe fisse degli spostamenti del Magistrato insieme al Palazzo di giustizia, alla casa di via Cilea ed alla chiesa di Santa Luisa di Marillac. La vita "mondana" di Borsellino era piuttosto ridotta, in particolare in quel periodo.

Via D´Amelio comincio´ ad essere uno dei punti caldi del "traffico" palermitano all´indomani della strage di Capaci (23 maggio 1992) dove furono massacrati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo. Infatti martedi´ 2 giugno 1992 "Maria Lepanto, l´anziana madre del giudice Borsellino, mentre é affacciata al balcone di casa, si accorge di movimenti sospetti di "gente strana" nel giardino adiacente al palazzo, oltre un muro di cinta non molto alto. Con una telefonata avverte il figlio Paolo che invita la polizia a dare un´occhiata. All´alba del giorno dopo arriva sul posto una squadra di agenti guidati dal capo della mobile Arnaldo La Barbera. Scoprono alcuni cunicoli nascosti sotto il manto stradale con tracce di presenze recenti. L´allarme in via D´Amelio e´ costante, i familiari di Borsellino, nei giorni successivi all´attentato di Capaci, vivono in tensione, sono preoccupati, stanno all´erta. Ricorda Rita Borsellino: "Subito dopo la strage Falcone, io stessa avevo avvertito le forze dell´ordine della presenza in via D´Amelio di una macchina abbandonata, con i finestrini abbassati; dovetti segnalarlo due o tre volte prima che venisse un carro attrezzi a portarla via" (
L´Agenda rossa di Paolo Borsellino, pag. 74).

Gli agenti della scorta di Borsellino si sono gia´ accorti dell´aumento del "traffico" in via D´Amelio e sollecitano l´istituzione di una zona rimozione, ma invano. Chi dovrebbe occuparsi della sicurezza del Magistrato e della scorta non lo fa con la dovuta professionalita´ e lascia un "buco" nella rete di protezione di Borsellino. Tra i responsabili certamente il procuratore capo Pietro Giammanco, il prefetto Mario Jovine ed il questore Vito Plantone.

Cosi´ mentre gli allarmi sulla sicurezza del Borsellino si moltiplicano di giorno in giorno tra il giungo ed il luglio 1992, via D´Amelio continua a rimanere sguarnita. Nessuna zona rimozione, nessuna sorveglianza, nessuna auto bonifica che preceda quella del Magistrato. Qualcuno sta aspettando.



Domenica 19 luglio 1992 alle ore 16.58 e 20 secondi
l´osservatorio geosismico registra una scossa ed un boato scuote Palermo. Il "traffico" diventa rovente sulla linea del telefono ed in particolare riguardo a due telefonate che ruotano attorno al funzionario del SISDE Bruno Contrada. "Quel pomeriggio Contrada è in gita in barca al largo di Palermo con gli amici Gianni Valentino (un commerciante in contatto col boss Raffaele Ganci) e Lorenzo Narracci (funzionario del Sisde). Racconterà Contrada che, dopo pranzo, Valentino riceve una telefonata della figlia “che lo avvertiva del fatto che a Palermo era scoppiata una bomba e comunque c’era stato un attentato. Subito dopo il Narracci, credo con il suo cellulare, ma non escludo che possa anche aver usato il mio, ha chiamato il centro Sisde di Palermo per informazioni più precise”. Appreso che la bomba è esplosa in via d’Amelio, dove abita la madre di Borsellino, Contrada si fa accompagnare a riva, passa da casa e, in serata, giunge in via d’Amelio.
Ma gli orari - ricostruiti dal consulente tecnico dei magistrati, Gioacchino Genchi - non tornano...
Alle 17 in punto, cioè 100 secondi dopo l’esplosione, Contrada chiama dal suo cellulare il centro Sisde di via Roma. Ma, fra lo scoppio e la chiamata, c’è almeno un’altra telefonata: quella che ha avvertito Valentino dell’esplosione. Dunque, in 100 secondi, accadono le seguenti cose: la bomba sventra via d’Amelio; un misterioso informatore (Contrada dice la figlia dell’amico) afferra la cornetta di un telefono fisso (dunque non identificabile dai tabulati), forma il numero di Valentino e l’avverte dell’accaduto; Valentino informa Contrada e gli altri sulla barca; Contrada afferra a sua volta il cellulare, compone il numero del Sisde e ottiene la risposta dagli efficientissimi agenti presenti negli uffici solitamente chiusi di domenica, ma tutti presenti proprio quella domenica.
Tutto in un minuto e 40 secondi. Misteri su misteri.
Come poteva la figlia di Valentino sapere, a pochi secondi dal botto, che – parola di Contrada – “c’era stato un attentato”? Le prime volanti della polizia giunsero sul posto 10-15 minuti dopo lo scoppio. E come potevano, al centro operativo Sisde, sapere che era esplosa una bomba in via D’Amelio già un istante dopo lo scoppio? Le prime notizie confuse sull’attentato sono delle 17.30" ("
Contrada, il Dottor Morte", Marco Travaglio, L´UNITA´ 27-12-2007).


Pochi minuti dopo le ore 16.58 e 20 secondi giunge in via D´Amelio la prima "volante" di polizia, la numero "21", il cui equipaggio e´ composto dall´ispettore Vincenzo  Alberghina, dall´agente Rosario Compagno e dall´agente Vincenzo Policheni. "Il teste Vincenzo ALBERGHINA ... ha riferito di essersi trovato con i colleghi della “volante 21” in piazza Giaccheri, a circa settecento metri dalla via D’Amelio, quando udì il boato dell’esplosione. Ha detto di avere individuato il luogo dove si era verificata l’esplosione perché, risalendo la via Monte Pellegrino, vide una colonna di fumo levarsi da via Autonomia Siciliana, poi vide meglio che il fumo proveniva dalla via D’Amelio".

TESTE ALBERGHINA: … abbiamo visto la via D’Amelio e c’era questa immagine di guerra, sembrava quasi. Tutte le auto in fiamme, tutte le auto in fiamme, non riuscivamo a capire inizialmente di che cosa si trattasse. Dopodiché abbiamo visto uscire… siamo scesi immediatamente, abbiamo visto uscire dalla sinistra il collega che effettivamente era scampato. Non sappiamo di che cosa si trattasse, abbiamo chiesto che cosa era successo e ci disse che si trattava della scorta di BORSELLINO, lui era riuscito a scampare e ha questo punto io ho preso… ho fatto accompagnare il collega direttamente dalla mia volante al pronto soccorso, perché era sanguinante, in evidente stato di choc… io sono rientrato nella zona dov’era successo il fatto. Siamo risaliti nei piani superiori, abbiamo soccorso le persone che scendevano dai palazzi e quello che c’era a terra era… quello che effettivamente era successo, tutti i corpi mutilati e le macchine in fiamme ancora e nient’altro.
P.M. PALMA: Quanto tempo è passato dal momento in cui lei era a piazza Giaccheri?
TESTE ALBERGHINA: Non più di due minuti e mezzo, anzi forse meno perché consideri che a quell’ora… la strada era abbastanza libera…
P.M. PALMA: In strada oltre all’agente VULLO c’erano altre persone?
TESTE ALBERGHINA: No, era completamente vuota la strada, c’erano solo delle fiamme altissime e solo dalla sinistra abbiamo visto uscire l’agente VULLO.

Il teste Roberto ARMETTA ... ha riferito di essere giunto in via D’Amelio con la “volante 15” poco dopo avere udito il boato, su istruzione della centrale operativa, che era stata a sua volta informata dall’equipaggio della “volante 21” che li aveva preceduti sul posto. Anch’egli ha detto di avere visto molte autovetture bruciare, fiamme e fumo e di avere stentato a comprendere che cosa fosse realmente accaduto. Inoltre, ha riferito di avere appreso dal capo pattuglia della “volante 21” che l’unico superstite della strage aveva riferito che era morto Paolo BORSELLINO; allora in quel momento la sua prima premura fu quella di agevolare l’uscita delle persone dagli stabili adiacenti, e di aiutare chi avesse bisogno di essere soccorso (Sentenza d´appello
BORSELLINO TER, parte seconda, pag. 36).


A questo punto il "traffico" diventa rovente in via D´Amelio: sul luogo della strage intervengono non solo i titolari "ufficiali" dei primi atti investigativi  ma anche diversi individui a cui e´ difficile assegnare un ruolo preciso in quel frangente. In via D´Amelio ci sono subito "tutti" e molti mostrano uno spiccato interesse per gli affetti personali di Paolo Borsellino.
"L´ispettore capo della polizia Giuseppe Garofalo, accorso in via D´Amelio subito dopo l´esplosione, ha raccontato: << Ricordo di aver notato una persona in abiti civili, alla quale ho chiesto spiegazioni in merito alla sua presenza nei pressi dell´auto (di Borsellino, ndr) ... Non riesco a ricordare se mi abbia chiesto qualcosa in merito alla borsa o se io l´ho vista con la borsa in mano... Di sicuro ho chiesto chi fosse per essere interessato alla borsa del giudice, e lui mi ha risposto di appartenere ai Servizi>>" ("
Agenda Borsellino, indagate sugli 007", Giovanni Bianconi, 05-03-2008).
In via D´Amelio compare anche qualcuno che a Palermo proprio non dovrebbe essere: l´ispettore di polizia Salvatore Mannino. "La presenza di Mannino colpì particolarmente l´ispettore Angelo e il suo superiore dott. Montalbano poiché questi era un ispettore in servizio al Commissariato di San Lorenzo fino a poco tempo prima e di recente trasferito a Firenze poiché una nota del Sisde lo descriveva come in pericolo di vita perché minacciato dall’organizzazione mafiosa. Tuttavia solo un paio di anni prima Montalbano aveva raccolto alcune confidenze su Mannino che gli avevano fatto dubitare della sua integrità e per questo aveva fatto rapporto alla Procura di Palermo" ("
Sto vivendo la mafia in diretta", Giorgio Bongiovanni, ANTIMAFIADUEMILA).


Intorno alle ore 17.30 il capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli si allontana dal luogo della strage con in mano la borsa di cuoio di Paolo Borsellino, borsa che al momento dell´esplosione era nell´auto blindata del Magistrato.
Il fatto che Arcangioli si sia allontanato dal punto della strage con la borsa di Borsellino in mano e´ emerso durante una recente inchiesta della procura della Repubblica di Caltanissetta "quando gli agenti della Dia fanno irruzione nello studio di un fotografo palermitano, Franco Lannino: cercano una foto di via D’Amelio scattata pochi attimi dopo l’esplosione. Dietro una segnalazione riservata hanno saputo che sono in molti a cercarla. Anche i mafiosi, attraverso i propri avvocati. L’immagine ritrae carcasse e rottami avvolti nel fuoco e nelle fiamme e un uomo che tiene in mano la borsa del giudice appena ucciso. Gli investigatori effettuano la stessa operazione anche presso altri studi fotografici e presso la redazione della Rai e di altre emittenti private. Si rimonta così la sequenza filmata:


Giovanni Arcangioli è la sagoma che, ripresa dalle telecamere televisive, si allontana da via D’Amelio con la valigetta del giudice sottobraccio verso via Autonomia Siciliana" (Giorgio Bongiovanni, "
Sto vedendo la mafia in diretta", Antimafiaduemila).

Intorno alle ore 18.00 la borsa di Paolo Borsellino viene ritrovata nell´auto del Magistrato, prelevata dagli investigatori "ufficiali" e portata negli uffici della squadra mobile di Palermo. Ma della agenda rossa sulla quale il Magistrato era solito annotare appuntamenti e riflessioni non c´e´ piu´ traccia. Agnese Borsellino, moglie di Paolo, ha testimoniato che anche quel giorno, il 19 luglio 1992, il Magistrato aveva con se´ l´agenda rossa sulla quale aveva fatto alcune annotazioni.

Negli stessi istanti anche via Cilea diventa uno dei punti bollenti del "traffico" palermitano. In quella strada abita la famiglia di Paolo Borsellino: "come via D´Amelio era piena di uomini dei servizi, cosi´ anche lo studio di Paolo in via Cilea si riempi´, mentre i suoi resti non erano ancora stati messi nella bara, di uomini non in divisa e non identificati che portarono via tutto quanto era possibile (
Salvatore Borsellino, fratello di Paolo)".




Questa la scansione temporale di alcuni fatti avvenuti il 19 luglio 1992 a Palermo in via D´Amelio dove alle ore 16.58 e 20 secondi una carica di tritolo dilanio´ Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi ed Eddie Walter Cosina.
Tra il momento dell´esplosione, l´arrivo della volante "21" della polizia, i primi accertamenti sul luogo della strage ed il contatto con l´agente Vullo trascorrono alcuni minuti. Gli agenti sopraggiunti sul posto si trovano di fronte ad uno scenario di guerra e hanno difficolta´ ad orientarsi e a capire che cosa e´ successo. Questa ricostruzione cronologica contrasta in modo netto con la possibilita´ che il funzionario del SISDE Bruno Contrada possa essere stato informato attraverso canali ufficiali dell´avvenuto attentato nell´arco di soli 100 secondi dal momento dell´esplosione.

Riteniamo che i 100 secondi successivi allo scoppio della carica esplosiva durante i quali Contrada viene informato telefonicamente dell´avvenuto attentato insieme ai 30 minuti durante i quali la borsa di cuoio di Paolo Borsellino scompare dall´autovettura del Magistrato costituiscano il "buco nero" della cosiddetta seconda Repubblica.

La procura della Repubblica di Caltanissetta ha gia´ indagato sul traffico telefonico che ruota intorno a Bruno Contrada negli istanti immediatamente successivi all´esplosione della bomba e la posizione di Contrada e´ stata archiviata. Restano pero´ aperti i pesanti interrogativi che abbiamo sottolineato sulla dinamica dei fatti a ridosso dello scoppio della carica eplosiva e le spiegazioni fornite dal Contrada.
Come restano aperti molti dubbi sul ruolo svolto dai membri del  "centro di formazione per manager", CERISDI, situato sul monte Pellegrino all´interno del castello Utveggio a Palermo, luogo da dove si ha una perfetta visuale dall´alto su via D´Amelio: "all’interno del Cerisdi si rivelò esserci una postazione di soggetti appartenenti all’Alto Commissario per la lotta alla mafia e poi forse – spiega Gioacchino Genchi (consulente della procura di Caltanissetta, ndr) - anche al Sisde, al servizio segreto civile. Che per tutta risposta smentì categoricamente l’ipotesi. Tuttavia, non appena avviata l’indagine il misterioso gruppo fece baracca e burattini e fu trasferito così come, alla fine dell’anno, furono destinati ad altri incarichi Genchi e il questore La Barbera" ("
Sto vivendo la mafia in diretta", Giorgio Bongiovanni, ANTIMAFIADUEMILA. Vedi anche "13 anni da via D´Amelio - le nuove piste", Andrea Cinquegrani, LA VOCE DELLA CAMPANIA, 2005).


 
La procura della Repubblica di Caltanissetta
sta attualmente indagando sul probabile coinvolgimento di apparati deviati dei servizi segreti nella strage di via d'Amelio. Nel frattempo importanti sviluppi si sono avuti nella settimana dal 3 al 9 marzo 2008 nell´inchiesta relativa al trafugamento dell´agenda rosa di Paolo Borsellino dalla borsa del Magistrato il 19 luglio 1992.

Come riportato nella
precedente puntata di questa rubrica, il 6 febbraio 2008 il GIP di Caltanissetta Ottavio Sferlazza ha ordinato alla direzione antimafia di Palermo l’iscrizione nel registro degli indagati, con l’accusa di furto dell´agenda rossa di Borsellino con l´aggravante dell’avere agevolato l’associazione mafiosa, del tenente colonnello Giovanni Arcangioli, nel 1992 comandante della sezione del nucleo operativo del gruppo Palermo I, ora insegnante nella scuola allievi carabinieri di Roma.

Mercoledi´ 5 marzo 2008 abbiamo appreso da un approfondito articolo di Giovanni Bianconi,
"
Agenda Borsellino, indagate sugli 007", che Diego Perugini e Sonia Battagliese, avvocati dell´Arcangioli che si proclama estraneo a qualunque addebito, "hanno presentato una memoria in cui chiedono, tra l´altro, di interrogare un lungo elenco di personalita´: dai principali pentiti di mafia ai vertici governativi, delle forze di polizia e dei servizi segreti. "Per fornire un contributo di chiarezza ad un procedimento che appare assolutamente carente". Sui funzionari dei servizi segreti presenti o assenti in via D' Amelio, lamentano gli avvocati, non risulta siano state svolte indagini adeguate. Così ora chiedono accertamenti presso l' ex Sisde, oggi Aisi, nonché di attribuire nomi e cognomi ad alcune persone inquadrate in altri fotogrammi tratti dai filmati girati sul luogo della strage, non ancora identificate o che sembrano muoversi con fare sospetto. Compreso «un soggetto che si allontana stringendo al petto un oggetto parzialmente coperto dal risvolto della giacca». E altri che sembrerebbero «intenti a controllare» le auto blindate di Borsellino e della scorta".
Sempre il 5 marzo 2008 il TG3 delle ore 19 dedica un
ampio servizio di Fabrizio Feo alle indagini relative alla scomparsa dell´agenda rossa di Borsellino. Nel servizio compare un´intervista a Giuseppe Ayala in cui l´ex magistrato afferma che, a proposito della sparizione dell´agenda di Borsellino e degli affetti personali di altri cadaveri eccellenti, "si puo´ immaginare quasi una sorta di agenzia funebre parallela che, anziche´ occuparsi del cadavere, si occupa dei documenti piu´ direttamente riferibili alla vittima eccellente".
Ancora il 5 marzo 2008 Salvatore Borsellino prende posizione sui fatti con un editoriale intitolato "
Ancora l´agenda rossa
", dove afferma che "all´agenda rossa ed alla sua sottrazione da parte dei Servizi è legato se non il motivo principale sicuramente il motivo immediato dell'eliminazione di Paolo Borsellino.
Qualcuno sapeva o forse aveva addirittura visto Paolo prendere su quell'agenda degli appunti che dovevano sparire e qualcuno ha fatto in modo che quegli appunti sparissero.
Non importa se per questo hanno dovuto preparare in fretta un'attentato che ha fatto saltare in aria un intero quartiere e stroncato sei vite.
Non importava quella che sarebbe sicuramente stata la reazione dello Stato e della società civile di fronte a questa strage così riavvicinata a quella di Capaci, la cui preparazione era stata invece estremamente meticolosa perché non ci fossero rischi di fallimento.
Importava solo che quell' agenda sparisse o meglio che venisse sottratta e conservata in luogo sicuro perché potesse essere usata, anche a distanza di anni, per potere gestire quei ricatti che potrebbero arrivare a livelli inimmaginabili all'interno delle Istituzioni e condizionare l'allora futura, ma oggi attuale, vita politica del paese... Avevo pensato fino a qualche tempo fa che quanto contenuto nell'Agenda Rossa riguardasse soltanto la scellerata trattativa avviata tra Stato e Mafia e comunicata a Paolo il giorno 1 di Luglio nell'ufficio di Mancino, il quale si trincera dietro improbabili e impossibili amnesie per fingere di non ricordare.
Mi sto a poco a poco rendendo conto che lo scenario è in effetti molto più ampio.
Che riguarda anche le indagini che Giovanni Falcone non aveva potuto portare avanti su Gladio, le logge massoniche del Trapanese e quegli stessi traffici di armi per cui sarà uccisa Ilaria Alpi, indagini di cui Paolo era certamente al corrente e le cui tracce sono state fatte sparire insieme ai computers di Giovanni Falcone.
Che riguarda anche le indagini relative alle collusioni tra imprenditoria del Nord e organizzazioni criminali di cui Paolo parla in quell'intervista a due giornalisti francesi che pressioni di ogni tipo hanno sempre cercato di evitare che venisse portata all'attenzione dell'opinione pubblica..
Che riguarda anche le trattative dirette tra la mafia e quei nuovi referenti politici che la mafia stessa stava cercando dato che i precedenti non venivano più considerati affidabili come era dimostrato dall'omicidio di Salvo Lima, il referente in Sicilia di Giulio Andreotti.
Forse la trattativa tra Mafia e Stato per cui e' stato ucciso Paolo Borsellino era più ampia di quanto io abbia sempre creduto e riguardava non solo il "papello", di Toto' Riina ma anche questi punti, che forse ne costituivano la parte principale."


Il 6 marzo 2008 il CORRIERE DELLA SERA ritorna sull´argomento con una articolo di Alfio Sciacca dal titolo "
Salvatore Borsellino: 007 anche nello studio di Paolo, carte sparite", dove Salvatore ribadisce che "lo studio di Paolo in via Cilea si riempi´, mentre i suoi resti non erano ancora stati messi nella bara, di uomini non in divisa e non identificati che portarono via tutto quanto era possibile." L' associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili - prosegue l´articolo - non esclude (comunicato del 04-03-2008, ndr) che nell' agenda ci fossero anche tracce sui misteri che nel 1993 portarono a quel nuovo terribile attentato. Di tutt' altro tenore la valutazione del giudice Michele Barillaro, estensore della sentenza d' appello sulla strage di Via D' Amelio: «È inutile rimestare nel torbido, non c' è un indizio serio. La certezza processuale - aggiunge - è che Borsellino è stato ucciso dalla mafia. Tutto il resto, tutto quanto si è detto in tanti anni non ha mai trovato un riscontro. Certo il fatto che la morte di Borsellino facesse comodo a varie persone o entità è pacifico». 
Pur con tutto il rispetto dovuto, vorremmo far presente al giudice Barillaro che la certezza processuale che Borsellino sia stato ucciso dalla mafia nel momento in cui non sappiamo ancora chi premette il telecomando del detonatore e da dove, e´ quantomeno una certezza parziale. Nessuno vuole rimestare nel torbido, ma solo lottare per dare un volto a quei mandanti esterni dei quali le stesse sentenze definitive BORSELLINO BIS e TER hanno accertato l´esistenza ed allo stesso tempo fare luce sulle pesanti zone d´ombra che avvolgono ancora oggi la fase esecutiva della strage.
Sempre il 6 marzo 2008 Sandra Rizza e Giuseppe Lo Bianco, autori del libro "L´Agenda rossa di Paolo Borsellino", pubblicano un
post sul BLOG del marchio editoriale CHIARELETTERE in cui sottolineano giustamente come l´agenda forse contenesse "le risposte ai tanti non so e non ricordo istituzionali offerti in questi anni ai magistrati che hanno indagato su via D'Amelio". 


Il 7 marzo 2008 le agenzie di stampa battono la notizia del rinvio a giudizio del colonnello Arcangioli per il reato di furto con l´aggravante di aver favorito l´organizzazione mafiosa. L´udienza preliminare si terra´ il 2 aprile 2008 di fronte al GUP di Caltanissetta (fonte:
ANTIMAFIADUEMILA).



Infine vorremmo segnalare un articolo di Attilio Bolzoni del 26 febbraio 2008, "
Stragi del ´93 senza mandanti occulti ed i pm di Firenze archiviano il caso" (La Repubblica) dove apprendiamo che la procura della Repubblica di Firenze ha chiesto l´archiviazione dell´inchiesta sui mandanti a volto coperto delle stragi in continente del 1993. Il PM titolare dell´inchiesta Giuseppe Nicolosi ha affermato che "il materiale che abbiamo raccolto e´ imponente ma abbiamo deciso di chiudere: non potevamo confondere quello cha abbiamo capito con quello che avremmo potuto dimostrare in un dibattimento." "A questo punto, potremo riaprire le indagini solo se qualcuno parla", dice il Procuratore aggiunto della Repubblica di Firenze Francesco Fleury. Ed aggiunge il suo sostituto Nicolosi: "I riscontri li abbiamo gia´ raccolti tutti." L´inchiesta chiusa a Firenze ha subito scatenato reazioni, proteste. "Chiederemo l´immediata riapertura delle indagini ed anche la costituzione di un nucleo speciale che si concentri soltanto su quell´inchiesta", annuncia Danilo Ammanato, l´avvocato dell´Associazione Famigliari delle vittime di via Georgofili". Quello che e´ certo e´ che nelle inchieste sulle stragi in continente del 1993 sono emerse tracce di soggetti "esterni" a Cosa Nostra che con questa organizzazione hanno condiviso il piano stragista, tanto che il PM Gabriele Chelazzi, che indagò sulle stragi fino alla sua morte, arrivo´ a dire che "al dinamismo militare di Cosa nostra nel 1992 si è affiancato il dinamismo politico."

Il 27 maggio 1993 nella
strage dei Georgofili a Firenze vengono uccisi con il tritolo Caterina Nencioni, Nadia Nencioni, Dario Capolicchio, Angela Fiume, Fabrizio Nencioni. Il successivo 27 luglio 1993 nella strage di via Palestro a Milano vengono massacrati Alessandro Ferrari, Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno e Driss Moussafir. La strage di via D´Amelio e quelle in continente del 1993 sono fra loro strettamente intrecciate perche´ questa lunga scia di delitti fa parte della  piu´ complessa strategia di attacco e trattativa con lo Stato avviata dai corleonesi di Toto´ Riina, cominciata con l´omicidio dell´on. Salvo Lima a Palermo il 12 marzo 1992 e terminata con il fallito attentato al collaboratore di giustizia Salvatore Contorno a Formello di Roma il 14 aprile 1994.  Sia per la strage di Via D´Amelio che per quelle in continente del 1993 sono stati condannati fra gli altri come mandanti ed organizzatori gli stessi capi corleonesi Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.

Nal caso della strage di via D´Amelio e´ stata accertata in via definitiva l´esistenza di "mandanti esterni" a Cosa Nostra che deve aver calcolato insieme ad altri soggetti esterni all´organizzazione rischi e benefici connessi ad un´azione cosi´ eclatante a soli 57 giorni dalla strage di Capaci: la sentenza BORSELLINO TER ha accertato che “nei piani e nelle considerazioni dell’organizzazione criminale influivano alternativamente i “suggerimenti”, le “notizie”, i contatti che la stessa manteneva con elementi del mondo esterno, in qualche modo interessati a condizionare i moventi e i ragionamenti dei malavitosi e\o in certe circostanze a svolgere una vera e propria opera di induzione al delitto (sentenza BORSELLINO BIS, cap. quinto, pag. 778)."

Comments:

Commenti
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Edmondo_Dantes   |2008-03-09 22:39:15
Ogni volta che penso alla morte del Dott. Paolo Borsellino, mi viene in mente
che Kafka, in italia sarebbe morto di fame, o avrebbe fatto un altro lavoro, che
ne so?.. il meccanico, il gommista. ma non di certo avrebbe scritto del
surreale, dell'irreale, non avrebbe stupito nessuno, perche qui l'irreale, il
surreale, l'impensabile, e' diventato realta', consuetudine, i suoi sogni
inusuali, sono realta', lo sono stati, e lo saranno sempre; per fortuna non e'
nato qui Kafka..
EdmondoDantes   |2008-03-10 01:36:54
Volevo ricordare che oggi 10 marzo 2008
ricorrono 60 anni dalla morte di Placido Rizzoto, morto l'otto marzo 1948, per mano di luciano
liggio[leggio] su ordine del boss michele navarra-

Inoltre, il 14 Marzo
1948 fu ucciso l'unico testimone, un ragazzo di 13 anni Giuseppe Letizia che dalla notte del 10 marzo ha ricorrenti incubi, e
deliri dicendo di aver visto chi ha ucciso il Rizzotto,e che ha visto un
gruppo di uomini spingere un altro uomo dentro un burrone,
naturalmente a visitarlo e' il dott. Navarra.. e muore il 14 marzo, la
situazione dell'avvelenamento da parte di NAvarra non e' mai stata
appurata dai carabinieri, e la morte e stata imputata alla tossicosi...
Giuseppe  - Il caso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin   |2008-03-10 03:07:36
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Ilaria Alpi fu uccisa mentre si
trovava a Mogadiscio come inviata di rai3 per seguire la guerra
civile somala e.per indagare su un traffico d'armi e rifiuti tossici
illegali in cui riteneva coinvolti l'esercito ed altre istituzioni
italiane. La polizia scientifica stabilì che i colpi sparati erano
indirizzati alle vittime, poiché l'autista e la guardia del corpo rimasero
indenni. Secondo alcune interpretazioni, i due avrebbero scoperto un
traffico di veleni, rifiuti tossici e radioattivi prodotti nei Paesi
industrializzati e stivati nei Paesi poveri dell'Africa, in cambio
di tangenti e armi scambiate coi gruppi politici locali. La
commissione non ha approfondito la possibilità che l'omicidio possa essere
stato commesso per le informazioni raccolte che avrebbero coinvolto
personalità dell'economia italiana. Sulla scena del delitto erano
presenti due troupes TV: quella svizzera italiana (Rtsi) ed una
americana (Abc). Le immagini giunte, di I. Alpi e M. Hrovatin accasciati
nel loro fuoristrada, furono girate da un operatore dell'Abc trovato
ucciso qualche mese dopo a Kabul in un albergo. Vitt. Lenzi, operatore
della troupe svizzera-italiana rimase vittima di un
incidente stradale(mai chiarito del tutto nella dinamica). Il 23/02/06
una apposita commissione parlamentare, dopo 2 anni di lavori, concluse con
2 relazioni contrapposte. Il suo presidente C. Taormina espresse la
tesi che l'omicidio sarebbe avvenuto dopo un fallito tentativo di rapimento
per un presunto risentimento dei somali nei confronti del popolo
italiano. Nel 07/02/06 inoltre dichiarò:«I due giornalisti nulla mai
hanno saputo e in Somalia passarono una settimana di vacanze
conclusasi tragicamente».

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