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Ninni Cassarà: un galantuomo siciliano PDF Stampa E-mail
Editoriali - Editoriali
Scritto da Pippo Giordano   
Sabato 06 Agosto 2016 06:57

di Pippo Giordano - 6 agosto 2016

Ninni, se oggi posso scrivere, se oggi vedo crescere le mie piccole cinque principesse, se oggi posso venire a trovarti al cimitero, lo devo a te. Tu mi hai salvato la vita: tu mi hai “costretto” a rimanere al Nord mentre io volevo venire ai funerali di Beppe Montana. Solo dopo la tua morte sono stato informato ed ho capito perché ogni giorno mi telefonavi dicendomi di non partire. Sino all’ultima nostra telefonata, quando mi hai detto che saresti andato alla Criminalpol di Genova, non mi hai detto nulla. Si, dopo la tua morte ho saputo dei due finti poliziotti che avevano chiesto a mia sorella notizie su di me, e del fatto che un uomo aveva sostato innanzi la mia abitazione palermitana, facendo finta di leggere il giornale. Non mi hai detto nulla perché sapevi che sarei partito all’istante.

Caro Ninni, sono qui a ringraziarti non solo per avermi salvato, ma perché nel dramma di quei giorni, hai avuto la delicatezza di andare da mia sorella, il giorno prima della tua morte, dicendole: “Signora Franca, stia serena, suo fratello non verrà a Palermo” e hai fatto togliere dai giornali la foto con me e Montana. In quella foto del Giornale di Sicilia, dove sono stati rinvenuti 30 milioni di lire a Salvatore Marino, fiancheggiatore dei killer di Montana, poi morto all’interno della Mobile palermitana.
Tu non sai che una notte io, tu e Salvatore Contorno, dovevamo essere uccisi. Qualcuno informò i killer che eravamo usciti col furgone anonimo dalla Mobile. Uno del commando l’ha raccontato dopo oltre 10 anni quand’ero alla DIA. Ci salvammo per un puro caso: i killer svoltarono per Ciaculli, mentre noi tre eravamo a Villagrazia sul territorio di Stefano Bontate.
Caro Ninni, io non so dare un significato preciso alla parola amicizia, ma se la profonda stima e fiducia che ci univa, voleva dire amicizia, allora sono fiero e onorato di averla condivisa con te. Quanti segreti ci siamo confidati, quante amarezze, caro Ninni, nell’apprendere dei “traditori”, e segnatamente verso coloro che per una manciata di milioni si erano venduti al più pericoloso killer di Cosa nostra: i nostri segreti sono ben riposti.
Un giorno, quando sei entrato nel mio ufficio, mi hai fatto commuovere dicendomi: “Vieni, c’è un signore nel mio ufficio che vuole vederti”. Quando sono entrato, ho rivisto dopo vent’anni tuo zio, grande amico dei mie genitori e che mi ha visto crescere.
Un giorno, già mi trovavo al Nord a causa delle minacce ricevute, mi hai chiesto se potevi avere un incontro col mio carissimo amico senatore della Commissione antimafia. Vi ho fatto incontrare in una località segreta del palermitano e dopo qualche giorno il senatore mi ha consegnato la cassetta contenente la registrazione del vostro dialogo. Ninni, io per rispetto verso di te non l’ho mai voluta ascoltare e, dopo una decina di anni, l’ho consegnata a tua moglie Laura.
Ricordo le nostre “chiacchierate” da soli nel tuo ufficio, ricordo il tuo sfogo quando il Ministero non era d’accordo nell’inserire in Cosa nostra un infiltrato. Peccato, Ninni, ora pensandoci bene la storia della lotta alla mafia poteva essere scritta diversamente, tu l’avresti scritta con estrema verità e non come tanti personaggi con hanno indossanto tante maschere alla bisogna: di certo non avremmo avuto l’epilogo funesto, anche nel 92/93.
Qualche tempo fa un tuo collega, riferendosi a me ha scritto: “… Pippo uno degli uomini più seri della Mobile: non parlava mai a vanvera, ma usciva e portava il lavoro (arrestati).” Ebbene, propri i nostri silenzi erano i momenti di solitudine che ci piacevano: parlare poco, specialmente quando riservatamente mi dicevi: “Non andare via, accompagnami da…..” ed io, dopo averti accompagnato, rimanevo a due isolati ad aspettarti. Tu tornavi e mi raccontavi parte del colloquio: argomento Tommaso Buscetta. 
Ninni, mi hai salvato e sai quanti notti mi sveglio e ti penso. E oggi sento alcuni nostri “amici” della Mobile di allora, che dicono rivolgendosi a me: “… E' disgustoso ca metti ‘nto mezzu i morti”. Il riferimento è ai miei soventi ricordi in rete di te, Natale, Lillo, Beppe, Roberto e Filadelfio.
Un altro boccone amaro, caro Ninni, l’ho ingurgitato il 23 maggio di quest’anno quando, in un piccolo Comune delle Marche, ho scoperto una targa della piazzetta che porta il tuo nome. Erano presenti alla cerimonia un ufficiale e un sottufficiale dei Carabinieri, il viceprefetto di Pesaro, ma nessuna divisa della Polizia di Stato. Una pesante assenza, specialmente nel momento in cui tiravo la cordicella per far scivolare il Tricolore dalla  targa. Pazienza, caro mio Ninni, noi eravamo davvero Patrioti siciliani, onorati e rispettosi del nostro essere poliziotti.
Come solito, anche domenica 17 luglio scorso, sono venuto a trovarti e sempre lo farò. Tu mi stai facendo vivere e non posso e non devo dimenticarlo mai.  Ninni, in questo triste giorno non mi rimane altro da dirti che sei nel mio cuore. Ciao.


Pippo Giordano




 

 

É il 6 agosto del 1985 quando un commando mafioso uccide a colpi di kalashnikov Antonino Cassarà, 38 anni, capo della sezione investigativa della Squadra mobile di Palermo e Roberto Antiochia un agente della scorta.
L’ennesima esecuzione di mafia nel capoluogo siciliano, che in quegli anni ha visto cadere oltre mille vittime sotto i colpi dei sicari dei boss.
“Ninni Cassarà, un bravo poliziotto”, è il documentario che Rai Cultura, in collaborazione con la Scuola Superiore di Polizia, ha realizzato per ricordare la figura di Cassarà, Ninni per gli amici, a poco meno di 30 anni dalla sua morte.
Un grande investigatore, un leader carismatico, che ha saputo gettare le basi di quella lotta alla mafia che ha ottenuto il suo più grande risultato con il maxi processo voluto da Giovanni Falcone. L’unica vera grande vittoria dello Stato su Cosa Nostra.





 







 

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