di Aaron Pettinari - 7 gennaio 2015
Totò Riina sta male e qualora stesse bene, a differenza di quanto fatto dai boss
Pietro Aglieri e Carlo Greco, si avvarrebbe della facoltà di non rispondere. E' questo quanto reso noto quest'oggi al processo Borsellino quater dal legale del “Capo dei Capi”,
Luca Cianferoni. L'avvocato ha infatti riferito che il capomafia, recentemente ricoverato in ospedale e poi dimesso, soffre di gravi problemi neurologici tanto che non riesce nemmeno più a scrivere. Il difensore di Riina ha quindi precisato che il suo cliente ha intenzione di avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto imputato di reato connesso.
Dopo le comunicazioni dell'avvocato i pm
Gabriele Paci e Stefano Luciani hanno rinunciato all'esame di Riina che a questo punto non deporrà al processo per la strage di via d'Amelio.
Intanto oggi al processo che vede imputati per strage
Salvo Madonia e Vittorio Tutino, e per calunnia
Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Calogero Pulci oggi sono stati sentiti come teste il questore
Calogero Germanà ed il giudice
Salvatore Scaduti. Quest'ultimo ha ricostruito la genesi della relazione da lui redatta, con cui parlò con lo stesso
Paolo Borsellino, in seguito all'intimidazione ricevuta alla vigilia della Camera di consiglio per la sentenza del processo sull'omicidio del capitano Basile. Scaduti segnalò nella relazione che il notaio
Pietro Ferraro lo aveva contattato chiamandolo al numero di telefono riservato dell'aula-bunker dell'Ucciardone. “Ricevetti una telefonata - ha detto in aula - e io scrissi una relazione anche di questo e ne parlai con Paolo, questo signore venne a dirmi delle cose, una richiesta pressante per un appuntamento con insistenze di un politico che doveva partire. La telefonata era di questo Ferraro. Mi disse di questo politico. In un primo momento disse che era l'onorevole Mannino che lo mandava e che doveva partire ma poi mi dice 'No, che Mannino, è un politico che è rimasto trombato alle ultime elezioni'. Insomma cambiò versione”.