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"Falsi pentiti", il caso arriva in aula: Conidi e Di Dieco davanti al Gup PDF Stampa E-mail
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Scritto da Claudio Cordova   
Domenica 10 Maggio 2015 21:10
di Claudio Cordova - 8 maggio 2015

20 maggio. Ecco la data in cui l'avvocato Claudia Conidi (nella foto) e il collaboratore di giustizia Antonio Di Dieco compariranno davanti al Gup di Roma, Pierluigi Balestrieri per difendersi dalle accuse. Il caso è quello dei "falsi pentiti", su cui Il Dispaccio ha scritto molto negli scorsi mesi. Un caso che finalmente arriva in aula. Secondo la Procura di Perugia (il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, si asterrà dall'indagare essendo persona offesa) l'avvocato Conidi, difensore di alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe indotto i propri assistititi a rendere dichiarazioni false per screditare il collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, che nei mesi di collaborazione con la magistratura accuserà svariati soggetti istituzionali, tra cui i magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace.

Falsi pentiti per screditare Lo Giudice: Antonio Di Dieco, Luigi Rizza e Massimo Napoletano. Tutti assistiti, nel periodo delle strane manovre, dall'avvocatessa Conidi. Un meccanismo secondo cui – non si sa bene ancora per conto di chi – si sarebbe proceduto alle calunnie nei confronti del pentito Antonino Lo Giudice e all'istigazione del detenuto Massimo Napoletano affinché questi rendesse dichiarazioni false al fine di screditare le dichiarazioni del "Nano". Due di questi, Rizza e Napoletano, dopo essere stati manovrati (a detta della Procura) per demolire la credibilità di Lo Giudice, racconteranno ai magistrati quei mesi vissuti sotto l'ala dell'avvocatessa Conidi. Un terzo, Di Dieco, resterà fedele alla propria versione (e al proprio avvocato) e sarà destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per calunnia. Stessa misura richiesta per l'avvocato Conidi, che però il Gip negherà, disponendo però l'interdizione temporanea dall'attività lavorativa.

Di Dieco, l'uomo dal profilo criminale più elevato, essendo stato un esponente della 'ndrangheta cosentna, parlerà di un "complotto nazionale" in cui i Lo Giudice si sarebbero fatti strumento contro i magistrati Cisterna e Mollace. A lui, successivamente, si accoderanno due soggetti criminali di minor conto: il siciliano Rizza e il pugliese Napoletano. I due prima racconteranno delle ingiuste accuse che Nino Lo Giudice avrebbe rivolto ai giudici Cisterna e Mollace, poi, però, riveleranno le presunte pressioni fatte dall'avvocatessa Conidi per perorare la causa dei due togati.

Con entrambi, infatti, Claudia Conidi avrebbe avuto rapporti cordiali e datati nel tempo. Dopo la perquisizione nello studio professionale del legale, infatti, gli investigatori avranno modo di analizzare la "fitta corrispondenza" (così verrà definita dai giudici) tra l'avvocatessa Conidi e l'ex numero due della Direzione Nazionale Antimafia, Alberto Cisterna, ma di documentare anche i rapporti con il pm Mollace, con il quale il legale arriverà persino a usare il confidenziale "tu". Non pochi i contatti tra l'avvocatessa Conidi e i due magistrati, soprattutto nelle settimane successive all'esplosione del bubbone: l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa su richiesta della Procura di Catanzaro nei confronti dei Lo Giudice per gli attentati alla magistratura reggina del 2010. In quelle carte, siamo a metà 2011, appaiono per la prima volta i riferimenti ai giudici Cisterna e Mollace come presunti referenti istituzionali del clan.

Tra maggio e giugno 2011 si registra il boom dei contatti telefonici. Otto tra il 14 e il 16 con i numeri della Direzione Nazionale Antimafia, sei tra il 15 e il 16 con il giudice Mollace. E poi ancora il 17 giugno, mentre il 22 giugno parte il fax indirizzato a Cisterna con lo scritto redatto dal pentito Di Dieco. Nello stesso giorno tre contatti in meno di mezz'ora con un numero della DNA. Pochi minuti prima delle 13, invece, una telefonata di quasi otto minuti con il giudice Mollace.

"E' possibile che la Conidi fosse mossa dall'intento di salvaguardare i magistrati e/o i suoi rapporti con loro, come pure che ritenesse che il suo agire potesse avere ricadute favorevoli sulla sua attività, anche solo in termini di risonanza. Né si può escludere una assai allarmante eterodirezione da parte di soggetti diversi che potessero avere un interesse proprio a screditare la collaborazione del Lo Giudice" è scritto nella misura che disporrà l'interdittiva professionale per l'avvocatessa Conidi.

Molti sono i rimandi al ruolo che alcuni esponenti della stampa avrebbero avuto nelle vicende riguardanti i presunti falsi pentiti. Nessun indagato, va detto, ma nell'ordinanza del Gip di Roma con cui viene notificata l'interdittiva all'avvocatessa Claudia Conidi compaiono i nomi dei giornalisti Paolo Pollichieni, Consolato Minniti, ma, soprattutto, Roberto Galullo.

Il più presente è proprio quest'ultimo, che sul proprio blog, sposerà, da sempre, la causa dell'inattendibilità di Nino Lo Giudice, dando credito e sponda (con numerosi articoli) alle dichiarazioni denigratorie dei vari pentiti attualmente indagati, da Antonio Di Dieco a Massimo Napoletano. Dall'esame delle intercettazioni telefoniche e dai tabulati sulle utenze in uso all'avvocatessa Conidi, risultano numerosissimi contatti con il giornalista del Sole 24ore.

Sms e telefonate: in un caso addirittura una conversazione lunga tre quarti d'ora.

Non è dato sapere cosa avessero da dirsi in tutte quelle telefonate. Vero è che l'ordinanza del Gip mette in correlazione i contatti con i vari articoli pubblicati da Galullo sul proprio blog. Siamo a metà 2011 e anche oltre: l'ordinanza emessa dal Gip di Catanzaro ha portato sulle prime pagine di tutti i giornali il presunto ruolo di referenti istituzionali del clan Lo Giudice che sarebbe stato svolto dai magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace.

In quel periodo, però, il telefono di Claudia Conidi è caldissimo. Oltre ai contatti con Galullo (che, testimonieranno le mail, mantiene rapporti confidenziali e amichevoli anche con il giudice Cisterna) sull'utenza della Conidi si registrano anche i contatti con il giudice Mollace. Anche in questo caso telefonate e sms. Così come verranno documentate diverse conversazioni con alcune utenze intestate alla Direzione Nazionale Antimafia.

Tutto nei medesimi giorni, a volte a stretto giro: nell'arco di alcuni minuti o di alcune ore.

E, tornando alla stampa, i contatti coinvolgeranno anche il giornalista di Calabria Ora, Consolato Minniti: è il 29 giugno 2011, i due parlano al telefono per 359 secondi. Due giorni dopo, su Calabria Ora, a firma di Consolato Minniti, l'articolo: "Il pentito Di Dieco contro il Nano: mente". In mezzo ancora contatti tra la Conidi e il giornalista Galullo (quattro conversazioni e nove sms tra il 29 e il 30 giugno) e una conversazione tra l'avvocatessa e il giudice Mollace.

A luglio, invece, irromperà l'articolo del giornalista Paolo Pollichieni: anch'egli sposerà l'idea del "complotto" paventato da Di Dieco, parlando di "spy story". Tra lui e la Conidi, però, non verrà mai documentato alcun contatto: nei giorni antecedenti alla data dell'articolo (il 7 luglio) sull'utenza dell'avvocatessa si registreranno i "soliti" contatti con la DNA, con Mollace e con Galullo.

Sempre nel mese di luglio diversi contatti (sms e conversazioni) sia tra la Conidi e Consolato Minniti, sia tra la Conidi e Roberto Galullo. Quest'ultimo invia anche una mail all'avvocatessa, con dieci domande al pentito Di Dieco: le risposte sono tra i documenti sequestrati dagli investigatori dal pc dell'avvocatessa Conidi. Questa la chiave di lettura che i giudici danno dei vari contatti avuti da Claudia Conidi con giudici e giornalisti: "L'attivismo della Conidi dopo il colloquio visivo con Di Dieco del 26 maggio 2011 è massimo con plurimi contatti con i magistrati Cisterna e Mollace e con giornalisti e con scritti. [...] La pubblicazione anticipata della notizia (le rivelazioni di Di Dieco, ndr), non potendo essere letta in una ragionevole prospettiva di difesa del suo assistito, che poteva solo da ciò essere pregiudicato ai fini dell'avvio di una formale nuova collaborazione con la giustizia (che presuppone nella sua fase iniziale l'assoluta riservatezza e non certo il clamore mediatico) parimenti supporta l'intraneità della Conidi alla calunnia".

Contatti che porteranno la Polizia di Roma ad affermare come le indagini messe in atto avrebbero permesso di "confermare l'esistenza di un disegno che vede protagonista la Conidi, la stampa calabrese ed alcuni esponenti delle Istituzioni".

Nei rapporti tratteggiati dagli inquirenti emergerà la figura del vicequestore Fernando Papaleo, che con l'avvocatessa Conidi avrebbe intrattenuto un rapporto particolarmente stretto: "In più occasioni ha fatto da tramite tra la Conidi ed il Dott. Lombardo Sost. Proc. della D.D.A. di Reggio Calabria, ritenuto dalla Conidi, dal Di Dieco e dalla moglie Grimaldi il magistrato su cui puntare per riaccreditare il Di Dieco davanti alle A.G".

Il 13 febbraio 2013, l'avvocatessa Conidi chiama il vicequestore Nando Papaleo, della DIA di Reggio Calabria, chiedendo lumi sul trasferimento nel carcere romano di Rebibbia del pentito Di Dieco: "Mi ha chiamato Di Dieco dalla cosa... dalla video-conferenza... omissis... e gli hanno detto che per un mese dovrà essere trasferito per un interrogatorio disposto dal suo magistrato, l'unico che lo sta sentendo è Lombardo, potresti chiedergli se è veramente lui che lo sta facendo trasferire?" chiede l'avvocatessa. Papaleo chiederà tempo, ma già il giorno dopo chiamerà l'avvocatessa Conidi: "E' lui, è lui" dice provocando la soddisfazione della professionista: "E' già tanto che sia lui a proporlo, l'abbia fatto spostare, insomma è già tanto... è già tanto che voglio dire... era a Campobasso in mezzo alle montagne, adesso sta a Rebibbia è già qualcosa, insomma...".

Già dal settembre 2012, il sostituto della Dda reggina avrebbe sentito diverse volte il pentito Di Dieco, per rimpolpare le delicate indagini portate avanti contro le cosche e i sistemi criminali messi in atto dalla 'ndrangheta in tutta Italia. Ciò che però viene stigmatizzato dagli inquirenti è il rapporto tra l'avvocatessa Conidi e il vicequestore Papaleo, che nelle carte d'indagine viene definito "del tutto inopportuno, in quanto dalle intercettazioni è risultato in modo chiarissimo che quest'ultimo era l'ufficiale di P.G. incaricato dal dott. Giuseppe Lombardo della gestione proprio del Di Dieco". Un rapporto di confidenza che, unitamente ai diversi interrogatori effettuati, per fini di giustizia, dal pm Lombardo avrebbe fatto sorgere la convinzione che grazie al magistrato reggino (definito dalla Conidi ripetutamente "un 'ancora di salvezza") Di Dieco potesse tornare nel piano di protezione riservato ai collaboratori di giustizia.

Poi il dato più inquietante: "Si deve a questo punto sottolineare che, da alcune telefonate intercettate, è emerso che l'Avv. Conidi e il V.Q.A. Papaleo hanno concordato il contenuto delle dichiarazioni che il Di Dieco avrebbe dovuto rendere nel corso di successivi interrogatori con il Dr. Lombardo". Nelle carte predisposte dal pm Macchiusi si scende nel dettaglio: "In tal senso, è opportuno riportare innanzitutto il contenuto di alcune conversazioni dalle quali si è evinto che il Dr. Papaleo --- avendo appreso dalla Conidi che il Di Dieco aveva intenzione di riferire circa un piano ideato nel 2001 dagli Abbruzzese (nota cosca della Sibaritide) e finalizzato ad eliminare lo stesso Papaleo, all'epoca in servizio presso la Questura di Cosenza - Squadra Mobile di Cosenza --- dopo essersi consultato con il Dr. Lombardo, ha consigliato di non fare cenno a tale episodio in quanto, non avendone il collaboratore mai riferito in passato, avrebbe minato la sua attendibilità". Sarà l'avvocatessa Conidi ad ammettere candidamente: "Hai visto ... mo nel prossimo interrogatorio ... gli ho detto di mettermelo nero su bianco ... questo .., perché io ho detto che molto probabilmente ... dico ... inc... [...] no ... lui ... lo farò ... lo mette ... io ... se vuoi te lo faccio mettere nero su bianco ...".

I due ritorneranno qualche giorno dopo sull'argomento:

C: Claudia Conidi
N: Nando Papaleo

N. ovviamente la cosa -incomp- e Cla'
C. certo
N. gliel'ho accennato a Lombardo senza -incomp- perchè se questo ...
C. allora io l'ho sentito oggi..io sono andata a colloquio
N. digli di lasciare perdere Cla'
C. sì sì no lasciamo stare
N. ti spiego ..se lui si deve riaccreditare di credibilità no?
C. no no non lo dice questa cosa
N. -incomp-
C. però è bene che tu lo sapessi
N. sì questo sì .
C. lui non mi ha dello di dirtelo ..l'ho voluto dirtelo io perché -incomp-
N. si ho capito ...però ti voglio dire ..se mi -incomp- gli vene a mente u mette a verbale rifacciamo un casino
C.no ..ce lu dicimo prima ..si permette- incomp.-
N. -incomp- accennato -incomp-
C. allora io gli ho detto che per coscienza te l'ho detto
N.mh
C. ho detto però ..non cose da mettere a verbale sennò poi si creano precedenti incompatibili
N. no incompatibili
C. lui mi ha detto l'importante è che lo sapesse m'ha detto poi vediamo
N. non di incompatibilità perché se dobbiamo valutare lui ...
C. bordelli eh si
N. come la ...come la pijano -incomp-la prima vota che u vidi ci racconta u cazz de 12 anni fa
C. certo

Insomma, l'avvocatessa Conidi avrebbe imboccato Di Dieco su diversi argomenti. Anche sulle cosche storiche della 'ndrangheta, come i De Stefano: "Poi ti mando le note di De Stefano" dirà il legale, "verosimilmente per indottrinarlo su un argomento che avrebbe costituito oggetto di un successivo interrogatorio". Successivamente, sempre secondo quanto sostenuto dagli investigatori il difensore aveva già dato la "disponibilità" di Di Dieco a rendere dichiarazioni su un certo argomento, rimasto ignoto (Papaleo: "Se riusciamo a combaciare noi abbiamo la possibilità oltre al discorso che sta andando avanti di cui tu hai segnalato la disponibilità") e nel corso della quale i due interlocutori hanno valutato la possibilità di farlo riferire anche su un'altra vicenda (Papaleo: "io gli vorrei infilare l'altro"; Conidi: "e bene perfetto, perfetto ... sarebbe l'ideale ... sarebbe l'ideale"). Un discorso rimasto criptico perché – secondo la Procura di Roma – i due avrebbero evitato di scendere nello specifico, ma anzi, avrebbero optato per un linguaggio convenzionale: "Il che la dice lunga sulla liceità dell'oggetto della conversazione" affermano le carte d'indagine

Le conversazioni tra l'avvocatessa Conidi e la moglie di Di Dieco, Donatella Grimaldi testimonierebbero come gli interrogatori effettuati dal pm Lombardo avessero generato aspettative nelle due donne, legate da un rapporto molto stretto, ben oltre quello professionale: "Qua sta succedendo qualcosa, Donate', secondo me perché si muove qualcuno ma di forte per lui no perché c'è il fatto di Cisterna c'è il fatto di questo Lombardo ecc..". A fronte dei toni entusiastici, comunque, vi sarà il comportamento del magistrato, che, stando al racconto della Conidi, sarebbe comunque rimasto cauto: "Siccome Lombardo mi ha detto ... io lo sposto non appena ho uno straccio di informativa che mi dica che questo è attendibile in relazione a questi fatti, non mi interessa quello che è successo prima ... omissis ... a me interessa andare avanti su questi fatti ... poi deciderà la commissione io faccio la mia strada ... e infatti sta facendo la sua strada ... capisci?". Discorso diverso per Papaleo. Secondo le intercettazioni raccolte, il vicequestore si sarebbe impegnato nell'opera di raccolta di riscontri alle dichiarazioni di Di Dieco, nel tentativo di far riottenere all'ex pentito lo status di collaboratore. Un comportamento che spinge gli inquirenti a dedicare parole piuttosto dure al rapporto tra l'avvocatessa Conidi e il vicequestore Papaleo parlando di "un apparentemente inspiegabile e vorticoso tentativo (non solo e non tanto) da parte dell'interessato, ma altresì della Conidi e del Dott. Papaleo di riaccreditare un soggetto come Di Dieco Antonio --- con un precedente specifico per calunnia ed il programma di protezione da tempo revocato dagli organi competenti, a più riprese dichiarato dalle varie A.G. non solo inattendibile, ma addirittura un calunniatore".

Dall'analisi delle conversazioni telefoniche intercettate sull'utenza in uso all'avvocatessa Claudia Conidi, al centro delle indagini della Procura di Perugia sui cosiddetti "falsi pentiti" si avrebbe contezza che l'avvocato catanzarese si sia recata a Reggio Calabria il 19 febbraio 2013 e cioè subito dopo avere ricevuto il memoriale di uno dei pentiti, che la donna sarebbe riuscita, per un determinato periodo di tempo, a influenzare, il pugliese Massimo Napoletano. Secondo gli inquirenti, l'avvocatessa Conidi sarebbe una pedina molto importante di quello che viene definito un "pericolosissimo sistema delle "calunnie", sapientemente organizzate, orchestrate "a tavolino", i protagonisti della presente vicenda, oltre a minare l'attendibilità del collaboratore Lo Giudice, che a loro dire avrebbe artatamente orientato la propria collaborazione con gli inquirenti per calunniare il Dr. Cisterna, hanno altresì tentato di riscrivere la storia dei rapporti tra la cosca Lo Giudice e il magistrato Cisterna, cui in un modo o nell' altro tutti i collaboratori entrati nella presente indagine hanno fatto esplicito riferimento". Nel febbraio 2013 a Reggio Calabria, l'avvocatessa avrebbe portato con sé una non meglio individuata "lettera" da mostrare al Sostituto Procuratore Generale presso la Corte D'Appello di Reggio Calabria, Franco Mollace.

Tale incontro verrà corredato da telefonate ed sms, sia con Mollace, sia con l'ex numero due della DNA, Alberto Cisterna. La mattina del 19 febbraio viene registrata una conversazione telefonica tra Mollace e l'avvocatessa Conidi, nella quale il legale - nell'occasione presente proprio presso la vicina Corte d'Appello di Reggio Calabria - riferisce al magistrato sull'opportunità di incontrarsi dovendogli mostrare una "lettera per un suo collega" al fine di ottenere un suo parere. Secondo gli inquirenti, la "lettera" sarebbe lo scritto con le rivelazioni di Napoletano, inviata al magistrato Cisterna. Poi le chiamate senza risposta allo stesso, gli sms riferibili alla "lettera" e una chiamata non risposta al magistrato reggino Giuseppe Lombardo, cui poi la Conidi invierà un sms di saluto.

Una visita, quella reggina, che l'avvocatessa (C) sintetizzerà al telefono con la moglie di Di Dieco, Donatella Grimaldi (D):

C: Donatè...
D: Cla...io penso sempre che stai lavorando...a quest'ora...per questo ho...fatto un messaggio...
C:...no..ios ono tornata da Reggio.. e niente ...da poco...ho visto il Dottore Mollace stamattina ...te l'ho detto mi era arrivata quella lettera per Cisterna ...e poi gliela porterò a Roma... perchè forse è importante ...poi rileggendola ...in tutta la sua interezza ..ci sono dei passi che ci possono interessare anche a noi ...
D:..certo ..certo ...
C:...comunque poi lui era in udienza a Roma ...il Cisterna ...e mi ha detto poi che ci saremmo visti ...a Roma quando salgo..
D:..inc...per che cosa...per una ... un appello ...di Facchinetti ...e altre cose...poi avevo mandato un messaggio.al Dottore Lombardo i1quale non mi ha risposto e correttissimamente mi ha mandato un messaggio di scuse dicendomi mi dispiace ma sono fuori sede...
D:....ho capito ...


Claudio Cordova (Il Dispaccio)






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