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'C'è troppo silenzio' - Torino, 7 marzo 2015 PDF Stampa E-mail
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Scritto da Cristian Barbato   
Domenica 08 Marzo 2015 22:19
di Cristian Barbato - 8 marzo 2015

Torino, sabato 7 marzo, ore 20,30. E’ terminato da poco, presso il Centro Congressi Santo Volto, l’incontro organizzato dalle Agende Rosse torinesi “Gruppo Paolo Borsellino”. L’incontro era intitolato: “La Lotta alla Mafia… un movimento culturale e morale”. Sono intervenuti: Salvatore Borsellino, Sabina Guzzanti, Marco Travaglio ed il sindaco di Messina Renato Accorinti. Su tutti si sentiva straordinariamente l’energia del più eccellente tra gli attuali combattenti in prima linea, nell’attuale fronte antimafia. Sto ovviamente parlando di Antonino Di Matteo. Forte era la sensazione della sua presenza malgrado l’assenza fisica per motivi di sicurezza, decisa a poche ore dall’inizio dell’incontro.

Tutti sono dispiaciuti di quest’assenza e subito aleggia un po’ di scoramento, di avvilimento. Ma come!? Viviamo in uno stato in cui la mafia minaccia un suo servitore, ed è lui ad essere prigioniero!? E’ a lui che viene impedito di incontrare le persone che vogliono ascoltarlo, perché sprovvisto della protezione adeguata che il ministro Alfano avrebbe il dovere di fornirgli!?

Ovviamente tutta quest’atmosfera viene assorbita da Salvatore Borsellino, un uomo incapace di trasmettere qualcosa di diverso da ciò che prova in quel momento, qualunque sia il sentimento. Ed infatti l’intervento d’apertura affidato a lui è pregno della sua ipersensibilità. Inutile nasconderlo, c’è della demoralizzazione nelle sue parole, la sensazione da parte sua di non avere al momento indicazioni da elargire al pubblico in sala. “Io combatto dal 2007, non aspettatevi da me il suggerimento per il da farsi di qui in avanti. Se siamo qui è perché sono io che chiedo a voi cosa dobbiamo fare. La mia speranza sono solo più i giovani, anche se ormai, visto come procedono le cose, temo che i miei occhi non vedranno i frutti di questa speranza” dice con le lacrime agli occhi. Come sempre negli incontri con Salvatore Borsellino, e soprattutto per merito suo, tutto quanto avviene è estremamente autentico e vero, senza filtri che camuffino minimamente la realtà delle cose. Quindi quello scoramento pervade la sala tutta, mentre la parola passa a Renato Accorinti. Quando il sindaco di Messina si trova a dover aprire bocca, per un attimo si capisce che anche lui, persona dall’umanità immensa, è un attimo oppresso da questo sentimento comune, quindi in un secondo si scrolla per risvegliare la sua indomabile e contagiosa energia, di cui in quel frangente pare esserci più necessità del solito. C’è bisogno d’ascoltare ed assorbire almeno un po’ dello spirito mirabile di cui è fatto. In parte ci riesce, direi che ci riesce il giusto. Dico il giusto nel senso che… non è che ci si può sempre e solo dire che tutto è ok, e che tutto quanto stiamo facendo è il meglio ed è abbastanza. Accorinti fa benissimo, ed è generosissimo, a farci un po’ di respirazione bocca a bocca, della sua sincera energia positiva. Ovvio che mollare… no di certo, mai! Chi segue l’intimo se stesso, al di là dell’ego, muore comunque una volta sola, non tutti i giorni, e anzi, vive ogni istante della propria vita con una pienezza senza limiti. Solo un pazzo come l’ego può rinunciare a tutto questo. Ma se questo momento è fatto anche di disorientamento, di un po’ di avvilimento, se così è, è anche giusto vivere questa sensazione sinceramente e fino in fondo. Certo non mollando la stretta, anzi stringendoci ancora più forte le mani l’un l’altro, con quel po’ di dolore che vuol dire: “Sono qui, non aver paura, non ti mollo, se sei un po’ giù ci penso io”. Ed è così che fa Accorinti, il sindaco che ogni cittadino italiano vorrebbe nella propria città.

Poi è arrivata Sabina Guzzanti che ci ha raccontato le vicende del suo bellissimo film “La Trattativa”, di cui ora c’è anche il DVD. Il primo film della storia del cinema che, trattando di mafia, sia stato girato in modo che lo spettatore non perda il contatto con la propria identità ed il contesto in cui è inserito. Questo avviene grazie alla recitazione brechtiana degli attori ed attraverso altri accorgimenti registici. Il film oltre a documentare ciò che rappresenta, affinché si possano cercare riscontri una volta terminato, è creato in modo che chi lo guarda non perda il contatto con se stesso, entrando in una storia alternativa alla propria, una realtà che esiste al di là del grande o piccolo schermo. No! Il film vuole continuamente dallo spettatore che gli sia chiaro che sullo schermo c’è una “finzione”, fatta di attori guidati dalla regia di Sabina Guzzanti, che cerca di spiegarti (riuscendoci in pieno) quello che succede a “te”, nel “tuo paese”, nel “tuo mondo”, che per quell’ora di fruizione del film è costituito dalla poltrona del cinema o di casa tua, ma che nel resto del giorno è costituito da quella giungla in cui guardi con grande preoccupazione al futuro tuo e dei tuoi figli, perché quel futuro viene demolito ogni giorno. Quella demolizione, in quest’ultima fase di oltre vent’anni, è cominciata proprio con il tritolo per Falcone e Borsellino, e continua oggi con uno stato che ti perseguita negando diritti e sussistenza, richiamando ognuno alle proprie responsabilità di fronte alla crisi economica, malgrado le istituzioni non mostrino altrettanto senso di responsabilità nell’affrontare i propri scheletri. Gli scheletri di quei crimini compiuti proprio per non intaccare il sistema corrotto che grava come un macigno sull’economia pubblica, stritolando i cittadini italiani.

Malgrado il ritardo di un ora di Aeritalia è arrivato anche Marco Travaglio. Il direttore de “Il Fatto Quotidiano” dopo essersi chiesto chi e perché, all’interno delle istituzioni, è così ossessionato da Di Matteo e dalla sua attività investigativa, ha richiamato l’attenzione degli uditori raccomandandosi di stare molto in allerta. Siamo in una fase di cambio della guardia per anzianità alle leve di comando del potere politico. Il berlusconismo più “genuino” (se così si può sarcasticamente dire) aveva il “vantaggio” d’essere, nella sua volgarità, estremamente esplicito nel mostrare quali fossero i propri rapporti con le organizzazioni malavitose, e quale fosse il proprio modo di intendere la politica e la direzione dello stato. Oggi le collusioni tendono a tornare più sottopelle, ad essere quindi più difficilmente raccontabili e dimostrabili. Berlusconi, “teneramente” abbracciato a Marcello dell’Utri, acclamava davanti alle telecamere Mangano quale eroe nazionale. La nuova politica, malgrado i propri rapporti e legami disonorevoli, inscena e organizza teatrini dell’anti-mafia, in Sicilia e altrove, mentre pone sul lavoro dei magistrati la responsabilità civile a frenarne l’operato, così come non protegge adeguatamente e in più ostacola chi, come Di Matteo, è minacciato di morte per il proprio lavoro d’indagine.

Quando la parola torna a Borsellino per chiudere l’incontro, Salvatore tenta di ritrovare in se stesso, almeno in conclusione, qualcosa da elargire, ma non ci riesce. “Ho perso per sempre un fratello, è dal 2007 che lotto e porto la mia presenza e la mia voce in ogni dove. Non chiedete soluzioni a me, datemela voi la soluzione, createla voi. Io da solo… nessuno da solo può cambiare le cose. Per quanto mi riguarda, da ora in avanti mi dedicherò soprattutto alle scuole e ai giovani, quale ultimo appiglio che mi dia ancora speranza”.

Ora, dopo i saluti, sono fuori per raggiungere la mia bicicletta. L’aria è ferma, anche le mie sensazioni sembrano quasi immobili. C’è uno strano, sinistro silenzio. Salvatore continuerà ad andare in giro per le scuole. Le Agende Rosse si attiveranno per la prossima attività. Sabina non tornerà a casa per i prossimi due mesi, per raddoppiare le oltre quattrocento proiezioni del suo film, conquistate contro tutto e tutti. Accorinti torna a fare il sindaco a Messina, coltivatore di speranze, di anime, e di cittadini del futuro. Travaglio, subito dopo aver terminato di parlare è andato al suo lavoro di direttore. Di Matteo è prigioniero del proprio delicato lavoro, considerato nemico numero uno da Cosa Nostra, dal Governo e dal CSM che non gli assegna nemmeno l’incarico che gli spetterebbe di diritto. Eppure l’aria è ferma e c’è troppo, troppo silenzio. Il silenzio di tutto il resto degli italiani.


Cristian Barbato (www.fuorionda.net)









 
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