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Home Documenti Figlia mia ti racconto: 'Così hanno ucciso Giovanni e nonno Paolo'
Figlia mia ti racconto: 'Così hanno ucciso Giovanni e nonno Paolo' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Domenica 25 Maggio 2014 21:46
di Salvo Palazzolo - 24 maggio 2014

I genitori della Alcide De Gasperi narrano ai figli le stragi del 1992. Ricordi personali, momenti di vita vissuta, raccolti in un libro voluto dalla scuola.
Una mamma ha raccontato alla figlia l’ultimo sorriso di uno degli agenti di scorta di Giovanni Falcone: «Fece un cenno gentile alle ragazze che lavoravano nella parruchieria sotto casa del giudice Falcone, in via Notarbartolo, e andò via». Un papà ha ricordato lo sguardo sereno di Francesca Morvillo, qualche giorno prima del 23 maggio: «Era entrata nel nostro negozio per comprare un abito che avrebbe indossato a Roma per una serata con il suo Giovanni ». Un’altra mamma ha raccontato invece i momenti di tensione vissuti il pomeriggio della strage: «Mio fratello era un agente delle scorte, per ore non avemmo più notizie di lui, temevamo gli fosse accaduto qualcosa». Un papà, ancora, ha descritto al figlio come proseguì quella terribile estate: «Ero stato appena assunto come infermiere a Villa Sofia, il 19 luglio c’erano poche persone in servizio. Dopo un momento di smarrimento, facemmo qualche telefonata ai reparti. La solidarietà dei colleghi fu molto generosa. Arrivarono medici e infermieri, 30 persone pronte a dare una mano d’aiuto. Nel giro di due ore arrivarono più di cento feriti. Grida, pianti, confusione».

Anche Manfredi Borsellino, il figlio del giudice Paolo, ha scritto alla figlia Merope: «Due palermitani come noi, due uomini onesti e leali, uno dei quali tu hai iniziato a conoscere un po’ meglio perché si tratta di tuo nonno, dopo avere combattuto una lotta intensa e ininterrotta contro un male feroce chiamato mafia o Cosa nostra, si sono sacrificati. Il loro sacrificio è consistito nell’immolarsi affinché i più giovani, ma anche voi che ancora non eravate nati, acquisissero la consapevolezza di quanto terribilmente serio fosse quel male per troppo tempo sottovalutato, ignorato e purtroppo non combattuto da tutti coloro che avrebbero dovuto contrastarlo». Manfredi, oggi commissario di polizia, racconta alla figlia di due uomini soli. Scrive ancora: «Soli, senza lo Stato che avrebbe dovuto proteggerli come i suoi figli migliori, hanno con consapevolezza affrontato il martirio, altrettanto consapevoli però che la loro morte (apparente) non sarebbe stata vana».

Salvo Palazzolo (La Repubblica, 24 maggio 2014)











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