E' normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio.
Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.
Grande successo di pubblico per la prima proiezione in sala del documentario “Bruno Caccia, una storia ancora da scrivere”, presentato ieri sera al cinema Massimo di Torino. Caccia è stato ucciso in un agguato nel 1983, ma a oggi non è ancora stata fatta chiarezza sull’assassinio dell’ex Procuratore Capo di Torino. In sala, oltre alle figlie del magistrato, c’era anche Giancarlo Caselli, che ha guidato la Procura di Torino fino a pochi mesi fa. “E’ grazie a uomini come Bruno Caccia – dice Caselli – che lo Stato si presenta agli occhi dei cittadini con volti credibili”. Gli autori del documentario, Elena Ciccarello, Christian Nasi e Davide Pecorelli, hanno tentato di rispondere agli interrogativi lasciati aperti dopo il processo che condannò Domenico Belfiore come unico mandante dell’omicidio. “L’esecutore materiale di questo delitto è la ‘ndrangheta - spiega Pecorelli -, ma dietro ci sono anche altri interessi di chi si è avvantaggiato da questo”. Lo scorso anno i figli di Bruno Caccia hanno chiesto che venga riaperto il caso, in particolare alla luce dei nuovi elementi raccolti dagli inquirenti per il processo Minotauro.