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Palermo, gli studenti dell'IC di Casteldaccia partecipano alla Scorta Civica PDF Stampa E-mail
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Scritto da Miriam Cuccu   
Martedì 18 Marzo 2014 20:55
di Miriam Cuccu - 18 marzo 2014

Palermo.
“Noi sosteniamo i magistrati” e “Vogliamo legalità e giustizia” recitano i cartelli che i ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Casteldaccia hanno portato con loro questa mattina, quando hanno preso parte al presidio permanente indetto dal movimento Scorta civica a sostegno dei pm del processo trattativa Stato-mafia. I cinquanta studenti di terza media, accompagnati dalla professoressa Gisella Farina, “sono stati molto convinti ed entusiasti, sapevano che non sarebbe stata una gita ed hanno avuto un’ottima impressione della giornata” ha commentato l’insegnante che ha organizzato l’iniziativa. “Vedendo questi ragazzi, che sono il nostro futuro – ha aggiunto –  siamo speranzosi”.

E speranzoso lo è stato anche Nino Di Matteo, magistrato di punta del processo trattativa e condannato a morte da Totò Riina, che è uscito dal Palazzo di Giustizia per incontrare e ringraziare i ragazzi presenti. Rivolgendosi a loro, ha voluto ricordare l’importanza dello studio, di fare le scelte giuste, di prendere le distanze dalla malavita. Non a caso la scuola ha tutte le potenzialità per elevarsi ad uno dei più importanti luoghi in cui combattere la mafia, e non a caso Cosa nostra non vedeva di buon occhio chi ne aveva compreso il valore, dal giudice Rocco Chinnici, al generale Dalla Chiesa a padre Puglisi. Uomini che sentivano il dovere e la necessità di rivolgersi alle giovani generazioni per scardinare il pericolo della “mafiosità”, quella subcultura che prima di tutto si annida nel modo di pensare e di agire e di cui la mafia si nutre per reclutare nuove leve. Invece, tirando le somme di questa giornata il bilancio non può che essere positivo: “Una volta che si semina, qualche cosa si deve raccogliere, deve spuntare qualche germoglio” ha detto ancora la Farina.
Anche Vincenzo Agostino e la moglie Augusta, genitori dell’agente Nino Agostino ucciso dalla mafia il 5 agosto 1989, hanno incontrato oggi gli studenti e raccontato la loro storia. Ricordando quel figlio ammazzato davanti agli occhi insieme alla moglie Ida Castelluccio, incinta di pochi mesi, Vincenzo e Augusta, che da venticinque anni chiedono giustizia, “hanno parlato con il cuore in mano e i ragazzi si sono commossi” perché, ha continuato l’insegnante “un conto è raccontarlo tra i banchi e un conto incontrare i protagonisti”. Di seguito il gruppo ha avuto la possibilità di visitare il Palazzo di Giustizia e l’aula bunker accompagnati da Marco Panebianco, referente della Fondazione Legalità dedicata a Paolo Borsellino. Un’esperienza certamente positiva perché, spiega la professoressa, i ragazzi oggi devono conoscere “perché devono poter scegliere. Noi abbiamo scelto in ritardo, nel senso che abbiamo preso posizioni più nette solo dopo le stragi perché della mafia non se ne parlava, questa era la cosa peggiore”. Nonostante “negli anni ’80 siano stati commessi un’infinità di omicidi nel cosiddetto ‘triangolo della morte’ tra Casteldaccia, Bagheria e Santa Flavia” poi “tutto tornava come prima”. Con il maxiprocesso tutto cambiò: “Pensavamo che i mafiosi fossero intoccabili e invincibili” e “il fatto di vederli finalmente dentro” rappresentò un risultato storico.
Oggi è un altro processo – quello sulla trattativa Stato-mafia – che si sta celebrando nell’aula bunker di Palermo, e diversi sono i magistrati che si occupano delle indagini per gettare nuova luce sui rapporti tra Cosa nostra ed istituzioni. Ma uguali sono le ragioni – e la fedeltà ai principi della Costituzione – che animano i pm nel cercare la verità su quella ‘zona grigia’ nella quale Cosa nostra si è inserita da sempre. Per questo solo appoggiare il lavoro dei magistrati ed essere attenti e vigili nei confronti degli eventi che stanno accadendo potrà spazzare il timore più grande che la storia si ripeta.

Miriam Cuccu (AntimafiaDuemila)




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