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Minacce a PM trattativa Stato-mafia, le Istituzioni indugiano PDF Stampa E-mail
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Scritto da Marta Genova   
Sabato 16 Novembre 2013 20:14
di Marta Genova - 15 novembre 2013

Queste sono di quelle cose che non si riescono a comprendere e che inducono necessariamente a farsi delle domande.

Perché una spiegazione bisogna pur darsela se Totò Riina, richiuso al 41 bis, minaccia di volere ammazzare i pm che si stanno occupando del processo sulla Trattativa stato-mafia (e non solo loro), il Comitato per l'ordine e la sicurezza si riunisce in fretta e furia per decidere su come aumentare la protezione al giudice Nino Di Matteo al punto che si paventa anche un suo trasferimento in località segreta con tutta la famiglia e poi, però, di decisioni non ne vengono prese e si rinvia a data da destinarsi, una nuova riunione del Comitato.
Comitato che è composto dal Prefetto (di Palermo nel caso specifico) che lo presiede, il Questore, i Comandanti provinciali di Carabinieri e Finanza, il Procuratore generale e su invito il sindaco della città. Loro prendono le decisioni e poi il provvedimento passa a Roma per la ratifica dell'Ucis (Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale).

A questo punto è legittimo chiedersi: che senso ha tutto questo? Com'è possibile, vista l'urgenza, che ancora non sia stata fissata una data per decidere sulla sicurezza dei magistrati?
E dunque la prima risposta che, non un giornalista, ma un semplice cittadino, si dà è che forse non hanno riscontrato tutta questa urgenza.

Certo è però che a leggere le dichiarazioni del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, di Sonia Alfano e di diversi altri esponenti delle istituzioni, non sembrerebbe affatto una cosa di poco conto. Soprattutto se si ragiona sul perchè Riina avrebbe detto quelle cose e perchè si arrovelli così tanto sul processo Trattativa.

Dobbiamo forse pensare che  il Comitato di sicurezza reputi l'incolumità di questi magistrati non a rischio e che dunque le parole di Riina non abbiano tutto questo peso?

Insomma, una motivazione dovrà pur esserci dietro a questo temporeggiare e forse sarebbe opportuno che qualcuno rispondesse.

I fatti dicono che il pm Di Matteo ha un livello di sicurezza 1, ovvero il più alto e che l'unica cosa da poter fare per potenziare la sua protezione, sarebbe dotare la sua scorta del Jammer, un dispositivo antibomba che intercetta nel raggio di 200 metri i segnali radio dei telecomandi, bloccandoli.
I sostituti Francesco del Bene, Roberto Tartaglia e l'aggiunto Vittorio Teresi hanno e continuano ad avere il livello 3.

Consapevoli che per motivi di sicurezza probabilmente non si dovrebbe rendere pubblico il livello di protezione dei pm, siamo convinti invece, che vista la situazione assai delicata e decisamente strana, sia giusto far sapere come stanno le cose.
E ricordare che la stessa situazione si vive a Caltanissetta dove si sta celebrando il processo Borsellino Quater e dove i pm vengono minacciati così come a Palermo. Il procuratore capo Sergio Lari ha il livello di protezione 1, livello 2 per l'aggiunto Nico Gozzo e livello 3 per i sostituti Stefano Luciani e Gabriele Paci.


Marta Genova (
www.palermoreport.it)





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