Tentativi di dimezzare la pena per il reato di associazione mafiosa per favorire uomini che con la mafia vanno a braccetto; il tormentone più vergognoso attraverso le condizioni di salute di Provenzano per poter in un modo, neppure tanto velato, di abolire il 41 bis; mafiosi come D’Amato Cosimo, secondo la Procura di Firenze rei di strage, per il quale si è tranquillamente accettato di giudicarlo con rito abbreviato, come se avesse rubato una cassetta di mele e non 1000 chili di esplosivo al T4.
Leggi per la tutela delle vittime come la 206 ancora da applicare fino in fondo parti civili in attesa di comprendere perché sono state lasciate fuori dai processi.
Così si presenta il ventesimo anniversario della strage di via dei Georgofili.
Mentre da un lato si preparano le più disparate manifestazioni in nome della memoria e del ricordo affinché quello che è avvenuto il 27 Maggio del 1993 non succeda più, educando alla legalità anche i bambini di sei anni, dall’altro si fa di tutto affinché i mafiosi rei di strage stiano bene, possano uscire dal carcere quanto prima e, come si dice, tutto si normalizzi.
Si cerca insomma di far dimenticare la barbarie politica di questi 20 anni espressa chiaramente nel tritolo della notte del 27 Maggio 1993, cercando di dare da intendere che tutto è cambiato e che è arrivato il nuovo, un nuovo che ancora una volta però guarda troppo poco alle vittime della mafia terrorista eversiva, un nuovo che vuole guardare avanti mettendo sotto il tappetto buono come fastidiosa polvere quei 1000 chili di tritolo toccato a pochi.
Giovanna Maggiani Chelli
Presidente
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili