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Sebastiano Ardita: 'Di Matteo, incomprensibile l'avvio di un procedimento disciplinare' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Sebastiano Ardita   
Venerdì 05 Aprile 2013 20:50
La redazione di 19luglio1992 ha potuto leggere il testo della mail che il dott. Sebastiano Ardita ha inviato in data 5 aprile 2013 alla mailing list dell'Associazione Nazionale Magistrati in merito all'azione disciplinare promossa dal pg Gianfranco Ciani nei confronti del PM Nino di Matteo. Riportiamo di seguito il testo integrale di quanto scritto dal dott Ardita:

La presenza numerosa di attestazioni di stima in favore di Nino Di Matteo, fa comprendere che al di là delle iniziative che potranno essere assunte esiste già nei suoi confronti un atteggiamento diffuso di affettuosa solidarietà.
Forse qualche dubbio sollevato in buona fede ha impedito tante altre esplicite adesioni.
La conoscenza del merito della vicenda ed alcuni chiarimenti - a vantaggio dei tanti che fortunatamente sconoscono la materia disciplinare - aiuterà tutti a saperne di più.
La giurisprudenza del CSM è di grande conforto nell’escludere categoricamente rilevanza di illecito al fatto in sé di rilasciare intervista senza autorizzazione del capo dell’ufficio (in nota i riferimenti normativi [1]). Si tratta di una interpretazione giusta che pone un piccolo argine alla diffusa gerarchizzazione delle procure.
Rimane perciò solo da valutare il contenuto di ciò che è stato detto.
Guardata alla luce di tutte le norme del d. l.vo 109, delle disposizioni che impongono diligenza e riserbo da utilizzare nelle esternazioni e della giurisprudenza disciplinare del CSM, la breve intervista di Nino Di Matteo è ineccepibile, perché è solo un atto che, con misura, ristabilisce la verità dei fatti.
La notizia (vera) della esistenza delle telefonate del Presidente era già presente sulla stampa da giorni. E insieme a questa era stata anche diffusa la notizia (falsa) che i contenuti di quelle conversazioni fossero rilevanti per le indagini.
Nino dunque non ha affatto dato notizia delle telefonate. Ha solo ristabilito la verità, precisando che le telefonate del Capo dello Stato non erano minimamente rilevanti. Richiesto di sapere cosa avrebbero fatto delle registrazioni che erano nel processo, ha risposto:<< Noi applicheremo la legge>>. Quelle da distruggere verranno distrutte, quelle da trascrivere verranno trascritte.
Da un esame sommario di casi analoghi, comportamenti come questo sono stati costantemente ritenuti irrilevanti giacchè carenti del requisito dell’esser “diretti a ledere indebitamente i diritti altrui”.
Ecco perché l’iniziativa di avvio del procedimento disciplinare basata su questi presupposti appare incomprensibile.
 
Sono sicuro che le attività sin qui svolte costituiscano un atto dovuto e l’ufficio del Procuratore Generale avrà tempo e modo di valutare una richiesta di non luogo a procedere alla sezione disciplinare del Consiglio, impedendo così che il pm della trattativa Stato-Mafia – sulla base di questo nulla –  continui ad andare in udienza reggendo il peso di un’azione disciplinare.
Comunque vada, la strada che percorreremo sarà quella di dare la massima pubblicità tra i magistrati ai contenuti di questo procedimento, sul quale avremo moltissimi argomenti da spendere.
Mentre in questa lista si sogna un mondo giudiziario orizzontale, si vagheggia di incarichi semidirettivi o direttivi a rotazione, non vorremmo che la organizzazione del pubblico ministero cominci a somigliare a quella dei militari, e questo caso specifico può essere la via del non ritorno.
Siamo consapevoli che lo strumento disciplinare è una fonte di orientamento culturale. Vorremmo che colpisse gli infedeli e non i valorosi: che incoraggiasse e scoraggiasse nella giusta direzione. La desertificazione delle procure forse non è solo un problema organizzativo ma una conseguenza del diradarsi di quello che alcuni di noi conoscono come lo “spirito” del 1992: che ti faceva decidere di venire a fare il magistrato in Sicilia, quando ne ammazzavano due all’anno. Nell’immobilismo della magistratura associata, il quieto vivere potrebbe farsi spazio in questo nostro mestiere a danno dei cittadini, dell’indipendenza e dello Stato di diritto.
 

Sebastiano Ardita

 
PS
Dimenticavo.
La difesa di Nino Di Matteo deve appartiene alla magistratura, ed essere condivisa con tutti e nel modo più largo possibile. Non può piegarsi ad interessi di parte o essere presupposto per ottenere consenso. Quindi è chiaro: non sarò candidato per le elezioni del CSM e come componente del CDC, fatto salvo il dovere di partecipazione e di voto alle delibere assembleari, non assumerò posizioni di parte su temi diversi dalla difesa dei magistrati di Palermo.
 
 
 
 
[1] Sul punto il CSM sez. disc., a partire dalla pronuncia n. 3/2008, ha stabilito che tale condotta, pur non essendo conforme ad una disposizione attinente alla organizzazione delle procure (art. 5 comma 3 d.l.vo n. 106/06), non essendo contemplata espressamente dalla lett. V del d.l.vo n. 109/2008, in virtù del principio di tassatività delle ipotesi di illecito, non integra gli estremi disciplinari. Il giudice disciplinare ha infatti osservato come la seconda parte della lett. V) dell’art. 2 comma 1, richiamando formalmente solo l’ipotesi del comma 2 dell’art. 5 del d. l.vo 106/2006, solo a tale prescrizione abbia ancorato la ipotesi tipica di illecito disciplinare.







 

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