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Napoli, 8 arresti per il trasferimento del Cen. Domiciliari per l’ex questore Fiorolli PDF Stampa E-mail
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Scritto da Redazione ilfattoquotidiano.it   
Mercoledì 09 Gennaio 2013 23:29

Le presunte irregolarità riguardano il trasferimento nella nuova sede del Centro elettronico nazionale della polizia. Secondo l’accusa, sarebbero state acquistate apparecchiature obsolete e inutilizzabili. In carcere manager di società della galassia Finmeccanica, imprenditori e funzionari pubblici, tra cui l'ex provveditore alle opere pubbliche Mautone. Chiesta l’interdizione dei prefetti Nicola Izzo e Giovanna Iurato

Un prefetto, l’ex provveditore regionale per le opere pubbliche e alcuni alti dirigenti di società partecipate o controllate da Finmeccanica. In tutto otto persone (ma quelle coinvolte sono 12) in carcere o ai domiciliari con le accuse di associazione a delinquere, corruzione, abuso di ufficio, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio, falso e frode in pubbliche forniture. Per aver favorito alcune società ‘amiche’ negli appalti e nell’acquisto di apparecchiature obsolete e inutilizzabili destinate al Centro elettronico nazionale della polizia di Stato con sede a Napoli. L’inchiesta della procura partenopea oggi è arrivata ad un punto di svolta, con la guardia di finanza che ha eseguito otto ordinanze di custodia cautelare e un sequestro preventivo di oltre 50 milioni di euro nei confronti delle compagnie finite nell’inchiesta. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, corruzione, abuso di ufficio, turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, rivelazione del segreto d’ufficio e falso.


Gli arrestati: nei guai anche Intini, l’amico di Gianpi Tarantini
Le presunte irregolarità riguardano il trasferimento del Cen della polizia dalla vecchia sede di via Conte della Cerra, nel quartiere Arenella a Napoli all’interno della Reggia di Capodimonte. Le aziende coinvolte sono la Elsag Datamat e la Electron del gruppo Finmeccanica, per cui la procura ha deciso il sequestro preventivo di 50 milioni di euro. Tra i destinatari delle ordinanze dei magistrati, invece, ci sono l’ex direttore delle specialità della polizia, prefetto ed ex questore di Napoli Oscar Fiorolli (ai domiciliari) e l’ex provveditore alle Opere pubbliche di Campania e Molise, Mario Mautone, già condannato nel processo per l’appalto Global Service. Ordinanze di custodia notificate anche ai manager di Elsag, Carlo Gualdaroni (ora amministratore di Telespazio) e Francesco Subbioni. I provvedimenti notificati sono in tutto 12: 4 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 4 ai domiciliari e 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. La Procura di Napoli, inoltre, ha chiesto l’interdizione dai pubblici uffici dei prefetti Nicola Izzo e Giovanna Iurato. Izzo, ex vice capo della Polizia, è stato anche protagonista per la vicenda dell’esposto che denunciava un sistema illegittimo degli appalti in Viminale. Da tempo indagato nell’inchiesta napoletana sul Cen, Izzo aveva rassegnato le sue dimissioni, respinte in un primo momento dal ministro dell’Interno, dopo che l’esposto era diventato di dominio pubblico. Il coinvolgimento di Izzo e Iurato si riferisce alla presunta turbativa d’asta per la fornitura di apparecchiature elettroniche al Cen. Il primo è indagato nella sua qualità di autorità di gestione dei fondi Pon sicurezza, mentre la Iurato è chiamata in causa nella qualità di direttore dell’asse 1 dei fondi Pon sicurezza.

Non solo. Arresti domiciliari anche nei confronti di Guido Nasta, Luigi De Simone e l’imprenditore pugliese Enrico Intini. Quest’ultimo è un personaggio noto alle cronache giudiziarie. Amico personale di Gianpaolo Tarantini, il suo nome è finito nelle carte dell’inchiesta sulle ‘serate eleganti’ di Berlusconi perché facente parte del comitato d’affari pugliese (oltre a Gianpi e Intini, anche Roberto De Santis e l’avvocato Salvatore Castellaneta, questi ultimi tre da tempo considerati vicini a pezzi da novanta del centrosinistra pugliese e nazionale) che puntava a entrare nella ‘short list’ della Protezione civile, ovvero nel novero di quelle aziende chiamate a gestire le situazioni di emergenza e le grandi opere pubbliche per chiamata diretta. Secondo gli inquirenti baresi, Tarantini mirava a compiacere l’ex premier per ‘sponsorizzare’ il suo gruppo di imprenditori in modo da avere contatti con Guido Bertolaso. Tornando allo ‘scandalo Cen’, le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono invece state emesse, oltre che per Mautone, Gualdaroni e Subbioni, anche per Lucio Carmine Gentile.

La Dda: “Società illecitamente favorite in gare d’appalto”
Particolarmente dure le parole utilizzate dalla Dda di Napoli, secondo cui l’indagine avrebbe delineato “i tratti distintivi di una struttura organizzata e consolidata che opera con la finalità astrattamente lecita di aggiudicarsi appalti dalla committenza pubblica in materia di sicurezza, attraverso l’utilizzo di illeciti strumenti del tutto avulsi dalla dinamica contrattuale e dal rispetto delle norme che guidano l’agire della pubblica amministrazione”. Il fulcro centrale della presunta associazione, secondo gli investigatori, sarebbe costituito dai rappresentanti di due società appartenenti al gruppo Finmeccanica, Carlo Gualdaroni, amministratore delegato di Elsag Datamat Spa (ora Selex - Elsag Spa) e Francesco Subbioni, amministratore delegato di Electron Italia Srl, oltre che consigliere della Elsag (entrambi in carcere), i quali avvalendosi dell’apporto di collaboratori della società, in particolare Guido Nasta, consigliere Elsag, e Luigi De Simone, responsabile per la Campania Elsag, (entrambi agli arresti domiciliari), attraverso l’intermediazione di Lucio Gentile (in carcere), avrebbero stretto relazioni affaristiche con esponenti istituzionali, come Mario Mautone (in carcere), nella sua qualità di provveditore alle opere pubbliche della Campania e il Molise, e Oscar Fiorolli (ai domiciliari), all’epoca questore di Napoli.

Dalla Dda, inoltre, hanno spiegato che “nell’ambito di tale sistema si inserisce la figura di Enrico Intini, sottoposto ai domiciliari, amministratore del gruppo Intini, che attraverso il proprio contributo rappresentato dai mezzi imprenditoriali di natura edilizia ha concretizzato il binomio tecnologia-mattone secondo un modus operandi costantemente perseguito dalle imprese della holding Finmeccanica, potenziando il margine di guadagno dell’associazione”. Secondo gli inquirenti “la materia è oggetto di interesse degli associati, è infatti costituita in primo luogo dagli appalti che le pubbliche amministrazioni di volta in volta competenti dovevano affidare per realizzare l’ambizioso progetto della creazione di sistemi di videosorveglianza del territorio cittadino e provinciale, per poi giungere alla realizzazione di un sistema informatico complesso nel quale fare confluire tutti i dati raccolti attraverso i vari sistemi di videosorveglianza provenienti dai singoli presidi di sicurezza territoriali, il cosiddetto Cen, centro elaborazione nazionale da collocare nel costituendo centro polifunzionale della Polizia di Stato”.

Sono cinque gli appalti nel mirino della Procura
Oltre all’associazione a delinquere, agli indagati sono stati contestati i reati di turbativa d’asta e rivelazione di segreto di ufficio, abuso di ufficio e corruzione. Sono cinque i bandi di gara che sarebbero stati truccati e riguardano, oltre a quello per “il trasferimento, consolidamento e ottimizzazione della gestione del centro elettronico nazionale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza“, la ristrutturazione del commissariato Decumani, la videosorveglianza nel capoluogo partenopeo e in diversi comuni della provincia. Tutti gli appalti sono stati finanziati con i fondi del Programma operativo nazionale (Pon) Sicurezza. In particolare, un milione e centomila euro per il ‘Progetto per un sistema integrato di videosorveglianza territorialè dei comuni di Cercola, Massa di Somma, Pollena Trocchia, Sant’Anastasia, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio e Volla e dei quartieri di Napoli Forcella, Poggioreale, Ponticelli e Decumani; un milione e 250 mila euro sono invece andati per la fornitura di un sistema di videosorveglianza per i comuni di Arzano, Afragola, Cardito, Casandrino, Casavatore, Casoria, Frattamaggiore, Frattaminore e Grumo Nevano; 2 milioni per la fornitura di un sistema di videosorveglianza per i comuni dell’area di San Giovanni a Teduccio e Castellammare di Stabia; 3 milioni per la fornitura di un sistema di monitoraggio ambientale e videosorveglianza nell’agro nolano.

Il gip: “Progetto criminoso del gruppo Finmeccanica”
Nella sua ordinanza il gip di Napoli non usa mezze misure per definire l’inchiesta sugli appalti per la sicurezza a Napoli, nella quale tutto ruota attorno alla presunta esistenza di una “associazione per delinquere finalizzata a favorire illecitamente società del gruppo Finmeccanica negli appalti pubblici relativi ai comparti sicurezza-videosorveglianza a Napoli e in provincia”. Il pool di magistrati della procura sta indagando sulla vicenda dal 2007 in seguito ad alcune conversazioni intercettate sull’utenza dell’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania e del Molise Mario Mautone. L’obiettivo primario del gruppo sarebbe costituito dall’appalto per la Cittadella della Polizia, un progetto appoggiato da Fiorolli ma accantonato dal suo successore Antonino Puglisi. Diversi incontri tra i dirigenti Finmeccanica e Fioriolli sono documentati da fotografie scattate nel corso di pedinamenti da parte degli investigatori. Alcune foto, scattate anche all’esterno della questura, ritraggono Fioriolli accanto a Subbioni, Nasta, Gentile e Intini. Per il gip, inoltre, dall’indagine emerge “l’unitarietà del progetto criminoso del gruppo Finmeccanica”. Il giudice, inoltre, riportando un passaggio della richiesta dei pm, sottolinea che “uomini del gruppo”, attraverso “sistematici interventi”, hanno “pilotato gli appalti in favore di imprese riconducibili alla holding”.

Il capitolo sulla videosorveglianza: “Per uomini Finmeccanica lucrosi profitti”
Nel capitolo dedicato agli appalti nel settore della videosorveglianza di Napoli e provincia, il gip sottolinea che l’installazione dei sistemi rientrava “in quel più ampio progetto per la sicurezza che vedeva quale obiettivo finale il raccordo di tale sistema diffuso capillarmente sul territorio…con il Cen”. E dunque, “assicurarsi gli appalti relativi, avrebbe costituito per gli uomini della cordata Finmeccanica non soltanto il mezzo per raggiungere lucrosi profitti ma anche e soprattutto l’antecedente per l’aggiudicazione dell’appalto per l’ammodernamento del Cen”. Ecco quindi, prosegue il Gip, che “ancora una volta emergeva l’unitarietà del progetto criminoso del gruppo Finmeccanica operante sul territorio”. “Sempre lo stesso metodo”, conclude il giudice, che i pm sintetizzano così nella richiesta di provvedimenti di custodia cautelare: “uomini del gruppo Finmeccanica, attraverso sistematici interventi, dapprima nella fase preliminare della formazione dei documenti di gara (capitolati e appalti) e, successivamente, anche nella fase dell’aggiudicazione”, hanno “ ‘pilotato’ gli appalti in favore delle imprese riconducibili alla holding”. Interventi realizzati “grazie anche alla complicità di pubblici funzionari e/o dipendenti degli enti pubblici di volta in volta interessati, che hanno seguito e attuato, passo passo, le indicazioni provenienti dai manager, locali o nazionali, del potente gruppo imprenditoriale”.

L’intercettazione: “Teniamo il porco per le orecchie”. ’In questo momento abbiamo il porco per le orecchie”. Così, alludendo alla possibilità assai concreta di aggiudicarsi appalti nel settore della sicurezza, si esprimeva Luigi De Simone, responsabile Elsag per la Campania, in una conversazione con Francesco Subbioni, amministratore delegato di Electron Italia. L’intercettazione è inserita nell’ordinanza emessa oggi nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli sugli appalti Finmeccanica. “Così noi – aggiunge – entriamo con i piedi nel piatto in modo ancora più pesante perché abbiamo il tempo di fargli capire un po’ noi cosa sappiamo fare” Secondo il gip, la conversazione dimostra “la visione unitaria del gruppo in relazione agli appalti relativi alla sicurezza”.

La cena della continuità che non ci fu per “chiusura” nuovo questore. ”La cena della continuità”. Così i magistrati definiscono l’incontro tra esponenti delle istituzioni e il faccendiere Lucio Gentile, che si sarebbe reso necessario all’indomani del trasferimento da Napoli del questore Oscar Fioriolli, legato al gruppo interessato agli appalti. La cena doveva servire a mettere in contatto il gruppo con il nuovo questore, Antonino Puglisi. Avrebbero dovuto partecipare tra gli altri, il provveditore alle opere pubbliche Mario Mautone, Fioriolli, il comandante provinciale dei carabinieri Gaetano Maruccia e Gentile. L’allontanamento di Fioriolli – sottolineano gli inquirenti – rischiava di pregiudicare la realizzazione di importanti appalti nel settore della sicurezza. Alla organizzazione della cena si fa riferimento nell’ordinanza emessa oggi nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti Finmeccanica. A preparare l’incontro fu Lucio Gentile, con precedenti per bancarotta fraudolenta e amico di Fioriolli, come emerge dalle intercettazioni telefoniche. “Una cena – scrive il gip – finalizzata a consentire a Gentile e a coloro i cui interessi economici lui rappresentava (il gruppo Finmeccanica) di continuare ad avere una sponda favorevole anche nel nuovo questore. Tra le persone contattate figura anche l’allora comandante provinciale dei carabinieri Maruccia il quale “concordava pienamente con Gentile circa l’opportunità che il tutto avvenisse fuori dal ‘contesto istituzionale’, considerato che appariva maggiormente proficuo conoscere il nuovo funzionario ‘seduti a un tavolo’ a cui avevano titolo di accedere ‘non più di cinque o sei persone’”. L’incontro tuttavia non si svolse per “l’atteggiamento di totale chiusura” assunto dal nuovo questore Puglisi, come sottolineano gli inquirenti. In una conversazione tra Maruccia e Fioriolli, l’ufficiale dei carabinieri così descriveva il nuovo questore: “tipo poco dialogico, un po’ costruito da questore..”. “Come se questo fosse un disvalore” chiosa il gip. Maruccia nel corso delle indagini è stato interrogato come testimone dai pm sostenendo, tra l’altro, che “nelle occasioni in cui Gentile ha tentato di coinvolgerlo lui lo ha mandato a quel paese”.


Redazione ilfattoquotidiano.it (8 gennaio 2013)







 

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