Siamo disorientati dall’enfatizzazione data alla notizia dell’arresto del pescatore
D’Amato Cosimo appartenete a Cosa nostra, il quale si sarebbe occupato del tritolo di via dei Georgofili.
D
’Amato Cosimo, cugino buono di
Cosimo Lo Nigro il macellaio di via dei Georgofili, l’averlo individuato fra coloro che si occuparono del tritolo del 27 Maggio 1993 è indubbiamente una buona notizia, e da renderne merito a chi ha permesso tutto ciò.
Ma tutto qui.
Infatti come la mafia avesse fatto a procurarsi l’esplosivo di via dei Georgofili e per tutte le stragi del 1993 è un dato consumato dal processo di Firenze passato ormai in giudicato già dal 2002.
Il Magistrato
Gabriele Chelazzi ha passato giorni in aula a Firenze con decine di collaboratori di giustizia a formare la prova per stabilire da dove provenisse l’esplosivo, come lo avessero pescato e poi macinato nel magazzino a Palermo fino a farlo arrivare a Firenze confezionato.
Far si che l’arresto in carcere di Cosimo D’amato sembri che solo oggi dopo 20 anni si sappia tutto sul tritolo del 1993 pescato in fondo al mare, è per noi una cosa molto grave.
Non ne capiamo il motivo, pensiamo quindi amaramente al tentativo di spostare l’attenzione da cose più gravi, come quella della trattativa Stato mafia che fra alcuni giorni si discuterà a Palermo e questo ci fa star male.
Si dia a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio, sull’esplosivo di via dei Georgofili sul fronte mafioso , non è un nome in più o un nome in meno che fa la differenza, sappiamo già tutto, quelli che mancano all’appello invece sono i nomi dei concorrenti non mafiosi nella strage e quelli purtroppo Gabriele Chelazzi non ha fatto in tempo ad occuparsene in aula.