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Trattativa Stato-mafia, chiusa la prima udienza. Non ammessi i giornalisti PDF Stampa E-mail
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Scritto da Redazione ilfattoquotidiano.it   
Lunedì 29 Ottobre 2012 14:12

La decisione del giudice Morosini dopo l'opposizione dell'avvocato dell'ex colonnello De Donno all'ingresso del pubblico. Mancino e Ciancimino gli unici presenti in aula tra i 12 imputati. L'inchiesta coordinata da Antonio Ingroia ha portato alla sbarra politici, boss e ufficiali dei carabinieri. Il procedimento aggiornato al 15 novembre

Si è svolta a porte chiuse la prima giornata dell’udienza preliminare che deciderà la sorte dei dodici imputati accusati di aver partecipato alla trattativa fra Stato e mafia all’epoca delle stragi del 1992-1993. Lo ha deciso il gip Piergiorgio Morosini, dopo aver ascoltato le parti del procedimento. La richiesta di un’udienza pubblica era arrivata tra l’altro dall’Unione cronisti, data la rilevanza pubblica dei fatti oggetto del procedimento. Nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo , tra gli imputati si sono presentati soltanto Nicola Mancino e Massimo Ciancimino. L’udienza è terminata poco dopo le 11 ed è stata aggiornata al 15 novembre. 

I boss mafiosi Totò Riina, Leoluca Bagarella e Antonino Cinà hanno partecipato in videoconferenza dalle carceri in cui sono reclusi. Assenti gli altri imputati portati alla sbarra al termine dell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia: i boss Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca (collaboratore di giustizia), i politici Calogero Mannino e Marcello Dell’Utri, i generali dei carabinieri Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Mancino risponde solo di falsa testimonianza, mentre Ciancimino, oltre che della trattativa, è accusato anche di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata. Tutti gli altri sono accusati di violenza o minaccia al corpo politico dello Stato, con l’aggravante dell’articolo 7, per aver favorito Cosa nostra

Davanti all’aula bunker si è presentato il popolo delle ‘agende rosse’, che oggi hanno organizzato un sit in nel capoluogo siciliano e anche in molte altre città d’Italia. Sotto la pioggia battente un gruppo di circa 20 persone ha tenuto uno striscione con su scritto: ‘Uniti tra noi, uniti per voi contro la mafia’ mentre su un altro striscione c’era una fotografia dei giudici Falcone e Borsellino sorridenti. 
 

E’ stato in particolare il legale dell’ex colonnello De Donno, a opporsi alla presenza del pubblico in aula, pur non dichiarandosi contrario all’ingresso dei cronisti. Ma di fatto la sua presa di posizione ha determinato l’esclusione della stampa. “Consapevole del rilievo pubblico della vicenda – ha spiegato il giudice – ho chiesto ai presenti se ci fosse il consenso per tenere un’udienza a porte aperte ma, pur avendo tutti mostrato sensibilità al tema, ci sono stati alcuni rilievi e non è stato possibile tenere un’udienza a porte aperte”. Morosini non ha escluso che nel prosieguo del procedimento possano esserci sviluppi diversi. ”Qui non c’è nessuno che ha nulla da nascondere tra le parti”, ha aggiunto. “Ci sono delle regole stringenti che vanno rispettate. Tutto qui”.

L’avvocato dello Stato ha presentato l’istanza di costituzione di parte civile della Presidenza del Consiglio, decisa dal consiglio dei ministri venerdì scorso., contro tutti gli imputati tranne Nicola Mancino. Hanno presentato la richiesta di parte civile anche il Comune di Palermo, le Agende rosse, Salvatore Borsellino, Rifondazione comunista, il Centro Pio La Torre, la famiglia di Salvo Lima (contro il boss Bernardo Provenzano), il sottosegretario Gianni De Gennaro (contro Massimo Ciancimino) e il sindacato Polizia Coisp. Sull’ammissibilità di queste richieste dovrà pronunciarsi il gip Morosini.

“E’ andata come era prevedibile”, ha detto l’ex ministro dell’Interno Mancino lasciando l’aula bunker. “Questo è un processo che può essere frazionato in più parti. C’è una parte che sembra non interessare neppure i giornalisti che fanno le interviste per l’atto di violenza nei confronti dello Stato”.

Il rinvio dell’udienza era previsto perché la Procura, rappresentata da Ingroia e dai pm  Antonino Di Matteo e Lia Sava, ha depositato mercoledì scorso nuovi atti, verbali, sentenze e altri accertamenti, ed era scontato che le parti chiedessero un termine per prenderne visione. 

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