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150 giudici scrivono al Csm: «Siamo solidali con Scarpinato» PDF Stampa E-mail
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Scritto da Redazione Unita.it   
Domenica 29 Luglio 2012 19:27
Monta la protesta delle «toghe» sul fascicolo aperto dal Csm a carico del pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato per l'intervento pronunciato in occasione della cerimonia di commemorazione della strage di via D'Amelio, in cui aveva definito «imbarazzante» la presenza tra le autorità di «personaggi dal passato e dal presente equivoco» e la cui condotta «sembra essere la negazione» dei valori per i quali Paolo Borsellino è stato ucciso.

Tre giorni fa era stata l'Associazione nazionale magistrati a esprimere il suo allarme, segnalando che è in gioco la libertà di manifestazione del pensiero. Ora 150 magistrati, con un' iniziativa che ha pochi precedenti, si apprestano a inviare a Palazzo dei marescialli una lettera di solidarietà al Pg di Caltanissetta, spiegando di condividere parola per parola il suo pensiero; con il messaggio chiaro al Csm che se intende punire lui, per quell'intervento, lo deve fare nei confronti di tutti i firmatari.

L'idea è nata sulla mailing list di Area, il cartello che riunisce le correnti di sinistra della magistratura; ma le adesioni sono arrivate - come spiega uno dei promotori, il pm della procura di Modena Marco Imperato - anche da magistrati dei gruppi più moderati. E sono pronti a sottoscrivere la lettera anche avvocati, professori universitari e magistrati onorari. Tra i tanti magistrati che si sono già impegnati a mettere nero su bianco la loro solidarietà a Scarpinato, ci sono Fabio De Pasquale, pm dei processi Mediaset e Mills, Lia Sava, pm del processo sulla trattativa Stato-mafia e Paolo Ielo, che a Roma ha condotto l'inchiesta Enav.

Quello di Scarpinato «è stato un intervento altissimo, che esprimeva l'emozione per quanto successo 20 anni fa e soprattutto la sofferenza interiore di chi vede certe figure di servitori dello Stato svuotate, se strumentalizzate da persone la cui condotta politica non corrisponde a quei valori. Per questo è importante far capire all'esterno che le sue parole le avremmo sottoscritte tutti», dice Imperato.

Intanto invece scoppia una nuova polemica su un altro magistrato siciliano, il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. In un'intervista alla Repubblica il pm ha chiesto alla politica di dire con chiarezza se c'è una ragion di Stato che impedisce l'accertamento della verità sulla trattativa tra Stato e mafia, sostenendo che in quel caso la magistratura non potrebbe che fare un passo indietro.

È «l'ennesima provocazione» rivolta da Ingroia ai vertici istituzionali, lamenta il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, che aggiunge: «qui non c'è nessuna ragione di Stato da proclamare, né alcun segreto di Stato da richiamare; c'è solo da invocare il rispetto delle regole».

Protesta anche il costituzionalista del Pd, Stefano Ceccanti, che definisce «sconcertante» la presa di posizione di Ingroia: «cercare di uscire dai propri errori tirando in ballo la ragion di Stato, c'entra come i cavoli a merenda. Gli errori stanno nella violazione degli articoli 90 e 96 della Costituzione, non nella ragion di Stato».


Redazione Unita.it









 

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