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Rubriche - Le vostre lettere
Scritto da Agnese Borsellino   
Domenica 15 Luglio 2012 09:21
A 20 anni dalla strage di via D'Amelio, il Corriere della Sera ricorda Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta con il volume 'Paolo Borsellino' curato dal giornalista Umberto Lucentini insieme ai familiari del giudice ucciso: Agnese, Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino. Nel libro, distribuito dal 14 luglio (3,80 euro più il prezzo del giornale), c'é anche una lettera, inedita, scritta dalla moglie Agnese al marito, che pubblichiamo.

Caro Paolo, da venti lunghi anni hai lasciato questa terra per raggiungere il Regno dei cieli, un periodo in cui ho versato lacrime amare; mentre la bocca sorrideva, il cuore piangeva, senza capire, stupita, smarrita, cercando di sapere.
Mi conforta oggi possedere tre preziosi gioielli: Lucia, Manfredi, Fiammetta; simboli di saggezza, purezza, amore, posseggono quell'amore che tu hai saputo spargere attorno a te, caro Paolo, diventando immortale.
Hai lasciato una bella eredità, oggi raccolta dai ragazzi di tutta Italia; ho idelamente adottato tanti altri figli, uniti nel tuo ricordo dal nord al sud - non siamo soli. Desidero ricordare: sei stato un padre ed un marito meraviglioso, sei stato un fedele, sì un fedelissimo servitore dello Stato, un modello esemplare di cittadino italiano, resti per noi un grande uomo perché dinnanzi alla morte annunciata hai donato senza proteggerti ed essere protetto il bene più grande, "la vita", sicuro di redimere con la tua morte chi aveva perduto la dignità di uomo e di scuotere le coscienze. Quanta gente ahi convertito!!! Non dimentico: hai chiesto la comunione presso il palazzo di giustizia la vigilia del viaggio verso l'eternità, viaggio intrapreso con celestiale serenità, portando con te gli occhi intrisi di limpidezza, uno sguardo col sorriso da fanciullo, che noi non dimenticheremo mai.
In questo ventesimo anniversario ti prego di proteggere ed aiutare tutti i giovani sui quali hai sempre riversato tutte le tue speranze e meritevoli di trovare una degna collocazione nel mondo del lavoro, dicevi: 'Siete il nostro futuro, dovete utilizzare i talenti che possedete, non arrendetevi di fronte alle difficoltà'. Sento ancora la tua voce con queste espressioni che trasmettono coraggio, gioia di vivere, ottimismo. Hai posseduto la volontà di dare sempre il meglio di te stesso. Con questi ricordi tutti ti diciamo 'grazie Paolo'.

Agnese Borsellino


Borsellino: Agnese Borsellino, altri consentirono strage

di Franco Nicastro (14 luglio 2012)

(ANSA) PALERMO - ''Mi uccidera' la mafia ma saranno altri a farmi uccidere. La mafia mi uccidera' quando altri lo consentiranno''. Vent'anni dopo Agnese Piraino Leto ripensa a quella riflessione del marito Paolo Borsellino, affidata a lei proprio il giorno prima di morire. Ne ricava una lettura inquietante ma evita di confrontarsi con i depistaggi, le reticenze, i segreti, i misteri che avvolgono ancora la verita' sulla strage di via D'Amelio, 57 giorni dopo il massacro di Giovanni Falcone. ''Non lo faccio - dice - perche' di quei fatti si stanno occupando i magistrati di Caltanissetta e ho grande rispetto per il loro lavoro''. E da Caltanissetta affiorano elementi che da un lato delineano la regia militare di Cosa nostra e dall'altro confermano l'intuizione di Borsellino: dietro le bombe non c'era solo la mafia. La signora Agnese e i figli Manfredi, Fiammetta e Lucia restano fedeli allo stile della famiglia: sfuggono agli incontri pubblici, evitano le commemorazioni, cui peraltro la vedova non potrebbe partecipare per motivi di salute, non hanno assistito a una sola udienza dei processi costruiti sui falsi collaboratori.

''Io e i miei figli - sottolinea - siamo rimasti quelli che eravamo. E io sono orgogliosa che tutti e tre abbiano percorso le loro strade senza trarre alcun beneficio dal nome pesante del padre. Di questo siamo grati a mio marito. Ci ha lasciato una grande lezione civile. Diceva che chiedere un favore vuol dire diventare debitore di chi te lo concede. Sei condannato un giorno a ricambiarlo. Era cosi' rigoroso e attento al senso del dovere che alla fine della giornata si chiedeva: ho meritato oggi lo stipendio dello Stato?''. Borsellino era anche consapevole che dopo Capaci per lui i pericoli erano cresciuti. ''Falcone rappresentava per lui - dice la moglie - come uno scudo. Senza il quale la sua esposizione e' aumentata. Da qui probabilmente nasce l'esigenza di mio marito in quei 57 giorni di annotare scrupolosamente spunti di indagine, valutazioni, memorie personali di cui si riprometteva di parlare con i pm allora in servizio alla Procura di Caltanissetta, titolari dell'inchiesta su Capaci. Nessuno pero' in quei lunghi 57 giorni lo chiamo' mai. E' possibile che nelle pagine dell'agenda rossa, usata per i progetti di lavoro e per annotare i fatti piu' significativi, avesse scritto cose che non voleva confidare a noi familiari. Quell'agenda e' stata recuperata sul luogo della strage ma, come si sa, e' scomparsa. Se esistesse ancora e se fosse nelle mani di qualcuno potrebbe essere usata come un formidabile strumento di ricatto''. L'esistenza dell'agenda venne segnalata dalla famiglia al gruppo investigativo guidato da Arnaldo La Barbera, uomo dei servizi segreti morto nel 2002. Ma proprio lui replico' con un tono aggressivo.

''Ci disse che questa agenda era il frutto della nostra farneticazione'', dice la moglie di Borsellino. Le indagini di La Barbera sono ora rivisitate dai pm di Caltanissetta alle prese con il depistaggio costruito sulle false confessioni di Vincenzo Scarantino. ''Forse qualcuno - riflette la vedova Borsellino - aveva l'ansia di arrivare celermente a un risultato. Ma mi chiedo come mai anche ai magistrati, nei tanti filoni processuali e nei vari gradi di giudizio, siano sfuggite le incongruenze del racconto di Scarantino''. Si poteva anche rafforzare la protezione di Borsellino dopo l'uccisione di Falcone? ''Non tocca dirlo a me - dice Agnese Piraino Leto -. Posso solo dire, per esserne stata testimone oculare, che mio marito si adiro' molto quando apprese per caso dall'allora ministro Salvo Ando', incontrato all'aeroporto, che un pentito aveva rivelato: e' arrivato il tritolo per Borsellino. Il procuratore Pietro Giammanco, acquisita la notizia, non lo aveva informato sostenendo che il suo dovere era solo quello di trasmettere per competenza gli atti a Caltanissetta''. ''Quella volta - ricorda la signora Agnese - ebbe la percezione di un isolamento pesante e pericoloso. Non escludo che proprio da quel momento si sia convinto che Cosa nostra l'avrebbe ucciso solo dopo che altri glielo avessero consentito''.






Tropea, estate ’81. Paolo Borsellino con la moglie Agnese ed il figlio Manfredi





Anni ’70. Parco degli Abruzzi Paolo Borsellino con Lucia e Manfredi





L'ulivo di via D'Amelio, diventato l'albero delle dediche e dei ricordi.

(foto di Erminia Scaglia, fonte: radio100passi.net)















 

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