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Borsellino sapeva della 'trattativa' PDF Stampa E-mail
Documenti - I mandanti occulti
Scritto da Martina Di Gianfelice   
Domenica 03 Ottobre 2010 14:01
Paolo Borsellino era stato informato dei contatti avviati dal ROS dei Carabinieri con Massimo Ciancimino per ottenere la collaborazione del padre Vito.
A dichiararlo è Liliana Ferraro, dopo la morte di Giovanni Falcone Direttore degli affari penali del Ministero della giustizia guidato da Claudio Martelli, sentita come testimone il 28 settembre 2010 nel processo a carico del Generale Mario Mori e del Colonnello Mauro Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano in un casolare di Mezzojuso nel 1995.

Liliana Ferraro ha dichiarato di aver incontrato Giuseppe De Donno, Capitano del ROS dei Carabinieri, nella settimana del trigesimo anniversario della morte di Giovanni Falcone. De Donno si recò al Ministero per informare la Ferraro dell'iniziativa del ROS di avviare dei contatti con Massimo Ciancimino per agganciare il padre Vito ed indurlo a collaborare con i Carabinieri per porre fine allo stragismo. De Donno trasmise inoltre alla Ferraro la richiesta ricevuta da Massimo Ciancimino, su mandato del padre Vito, di avere la garanzia di un sostegno politico all'iniziativa del ROS.
“Mi disse (De Donno, ndr) che aveva preso contatti con il figlio Massimo e che attraverso questi pensava di agganciare o aveva già agganciato, non ricordo bene, Vito Ciancimino, mi chiese infine se fosse il caso di accennare la vicenda al Ministro Martelli poiché chiedeva anche un sostegno politico per l'iniziativa che stavano intraprendendo” (Liliana Ferraro).
La Ferraro, apprese tali informazioni dal Capitano De Donno, lo invitò a parlarne con il magistrato competente Paolo Borsellino.

Dopo aver avvertito il Ministro Claudio Martelli del colloquio avuto con De Donno ed averlo messo al corrente del contenuto, il 28 giugno 1992 Liliana Ferraro incontrò Paolo Borsellino, di ritorno da un convegno di magistrati a Giovinazzo di Bari, all'aeroporto di Roma Fiumicino. In questa occasione la Ferraro informò il magistrato della visita di De Donno avvenuta una settimana prima: “Ho riferito a Paolo di questo e non mi pare ci fu un commento particolare, mi disse qualcosa del tipo: 'Va bene adesso ci penso io' mentre ricordo che volle avere una serie di informazioni sulla vicenda mafia-appalti condotta dal ROS dei Carabinieri, inoltre parlammo di Gaspare Mutolo e del fatto che voleva parlare solo con lui e non con altri magistrati della Procura di Palermo. Io uscii e chiamai il Procuratore di Palermo Giammanco affinché fosse favorito questo colloquio tra Mutolo e Borsellino.
Ho detto a Borsellino che era venuto il Capitano De Donno che molto emozionato mi aveva detto che aveva conosciuto Massimo Ciancimino ecc.. ritengo di avergli detto della richiesta di sostegno politico e dello scopo dell'iniziativa di fermare le stragi, mi disse 'Ci penso io' " (Liliana Ferraro). 

La mattina del 18 luglio 1992, un giorno prima di morire, Paolo Borsellino chiamò Liliana Ferraro dicendole che il lunedì sarebbe partito per la Germania e che al suo ritorno avrebbero dovuto parlare. “Mi ha telefonato e mi ha detto che la settimana dopo, i primi giorni della settimana dopo, avrebbe fatto in modo di ritagliare un bel po' di tempo perché avevamo bisogno di parlare” (Liliana Ferraro).

Il Pubblico Ministero Antonino Di Matteo, durante l'udienza, ha ricordato a Liliana Ferraro un'annotazione nelle agende del Generale Mori del 1992, prodotte dalla difesa, da cui risulta che il 27 luglio 1992 Mori era “a cena con la Dott. ssa Ferraro e con il Dott. Sinisi”. La Ferraro, sul punto, ha affermato: “La cena la ricordo ma non ricordo la data, ricordo la cena perché in quell'occasione sia De Donno che Mori mi dissero che ero il loro punto di riferimento al Ministero dopo la morte di Falcone. Non sono tornata su Ciancimino perché fin da quando cominciai a lavorare con Falcone e Borsellino nel 1983 avevamo una sorta di comportamento automatico, io difficilmente facevo domande che riguardavano le indagini e loro non mi davano informazioni sulle indagini a meno che io non dovessi svolgere una determinata attività”.

Nell'autunno del 1992, orientativamente in ottobre, in occasione di un incontro concernente un colloquio investigativo, la Ferraro ha ricordato che Mori le parlò della questione del passaporto richiesto da Vito Ciancimino e ha aggiunto: “Ritengo di aver pensato che andavano avanti questi rapporti con Ciancimino per indurlo a collaborare, ma che non c'era ancora una collaborazione. Ho ricordo preciso che fu Mori a parlarmi del passaporto. Non ricordo di avergli chiesto perché lo chiedeva a me”.
Anche di questo colloquio con Mori, la Ferraro informò il Ministro Martelli che si mostrò molto infastidito dalla richiesta di un passaporto avanzata da Ciancimino perché in quello stesso periodo il Ministero della giustizia, con la Commissione Antimafia e il Parlamento, si stava adoperando per ottenere il blocco dei beni dell'ex sindaco di Palermo.

La prima volta che la Ferraro riferì tali fatti all'autorità giudiziaria fu davanti al magistrato fiorentino Gabriele Chelazzi.
“.. Sono stata chiamata dal Dott. Chelazzi che mi aveva chiamato per alcuni aspetti che non erano di mia competenza perché riguardavano gli istituti di pena e in più mi fece una serie di domande sull'attività del Ministero ma credo ci sia un verbale. Avevamo finito il verbale su queste altre vicende quando il Dottor Chelazzi mi disse: 'Ti ricordi che è successo tra la morte di Giovanni e Paolo ecc.. ?' E io dissi: 'Certo!' e mi fece delle domande che riguardavano appunto alcuni.. aveva davanti l'agenda del Generale Mori e mi fece alcune domande.. Prima di assentarsi con il Procuratore Vigna, mi disse: 'Io adesso sto seguendo un mio filone d'indagine però ti dovrò risentire sul punto', poi è morto. Mi fece delle domande sui miei incontri con Mori..” (Liliana Ferraro).
Di queste domande e delle relative risposte non ci sono tracce. Non esiste un verbale delle dichiarazioni della Ferraro a Chelazzi riguardanti i suoi colloqui con Mori, in quanto non erano oggetto del tema per cui era stata convocata dal magistrato fiorentino.

Infine il dato rilevante della testimonianza del Generale Antonio Subranni, all'epoca diretto superiore di Mori e De Donno. Il Generale, a giudicare dalla sua testimonianza, non era informato dell'iniziativa dei due ufficiali dei Carabinieri di agganciare Vito Ciancimino.


Martina Di Gianfelice
(3 ottobre 2010)




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